ADRIANO GIANNINI


Primo italiano in concorso ma per modo di dire. Alla rivoluzione sulla due cavalli è, nel bene e nel male, puro cinema internazionale. Un on the road tra Parigi e Lisbona, nell’anno della rivoluzione dei garofani e su una mitica auto francese simbolo di un’intera generazione. A bordo Adriano Giannini, la francesina Gwenaelle Simon, il bel catalano Andoni Gracia e poi un mito del cinema spagnolo come Francisco Rabal nel ruolo dello zio portoghese, e Georges Moustaki, l’artista apolide per definizione, in quello del poeta antifascista. Ingredienti gli anni ’70, tornati potentemente di moda al cinema con qualche nostalgia e qualche rimpianto per i quarantenni e oltre, e l’eterna voglia giovanile di rivoluzione e di rock che riempie la colonna sonora – 450 milioni spesi in diritti dalle produttrici Rosanna Seregni e Monica Venturini per comprare Patty Pravo e Gilbert O’Sullivan ma anche L’Internazionale (non è ancora fuori diritti) e l’inno della rivolta anti-Salazar Grandola vila morena.
Più Viola bacia tutti che Capitani d’aprile, il film che uscirà il 2 novembre distribuito dalla Lantia, intreccia la Storia con una storia di amicizia a tre anche sessuale in libera uscita rispetto al romanzo di Marco Ferrari da cui è tratto (lì c’era una solida amicizia tra due portoghesi e molte ragazze di passaggio).
Maurizio Sciarra, all’opera seconda dopo La stanza dello scirocco, si trova a dirigere dopo Giancarlo il figlio Adriano. Occhi penetranti e fisico abbronzato, gli sembrava sprecato fuori scena.

Adriano, come mai hai deciso di fare il salto e diventare attore?
Per dieci anni ho fatto l’operatore. Si è meno esposti, dietro la macchina da presa. Ma in me restava questa voglia di recitare: un dialogo muto che mi ha preso un po’ di tempo. Così ho esordito a trent’anni.

Avevi qualche esitazione a confrontarti con un modello ingombrante come tuo padre?
Anche. Mi spaventava esordire in un film con tre protagonisti, invece è servito a rompere il ghiaccio. Quanto a modelli, il mio riferimento è Gian Maria Volonté, specialmente in Indagine su un cittadino. E tra gli stranieri… diciamo Benicio Del Toro. Vorrei poter andare sopra le righe, ma saper raccontare verità più intime, giocare col grottesco. Sono un introverso, molto diverso dal personaggio del donnaiolo della 2 cv.

Hai già fatto un secondo film, con tua madre Livia Giampalmo come regista…
Sì, State zitti, per favore. Sono un uomo innamorato e appassionato. Recito accanto a Giovanna Mezzogiorno. Per mia madre è stato difficile dirigermi, più che per me recitare con lei.

Sapevi qualcosa della rivoluzione del ’74?
Quasi niente. Sapevo appena che c’era stata una rivoluzione in Portogallo negli anni ’70. Mi sono concentrato sul viaggio. L’idea di partire senza neanche sapere se la benzina è sufficiente, appartiene ai ventenni di tutte le generazioni. E credo che questo sia un film sul diventare adulti più che sulla politica.

Una rivoluzione però come te la immagini?
Come una festa, a base di canzoni e baccalà, dice il mio personaggio nel film. E non è tanto lontano dal vero. Però il modello di rivoluzione resta la Cuba di Fidel Castro.

Una 2 cv l’avevi mai guidata?
Ce l’aveva mio zio. Nel film è la protagonista assoluta.

È stata imbarazzante la scena in cui fate l’amore in tre?
Durante le riprese abbiamo a lungo rinviato. Poi una volta, in Portogallo, siamo andati in camera, noi tre attori e il regista, per provarla. Ci mettiamo a letto, con le scarpe e tutto e mentre stiamo facendo le prove, entra una cameriera, fa finta di niente ed esce.
Insomma, è stato più imbarazzante la scena in cui facciamo il bagno nudi: era la mia prima inquadratura in assoluto, il primo giorno di riprese. Un vero battesimo…

Quale film italiano ti è piaciuto quest’anno?
I cento passi.

Torniamo all’impegno.
L’impegno mi piace, ma bisogna anche uscire dal realismo.

autore
08 Agosto 2001

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