TORINO – Due generazioni e due mondi differenti che entrano in contatto, in uno scontro-confronto sulla linea della trasgressione. È quello che succede nell’esordio alla regia di Tomas Espinoza, Arpón, unico film a rappresentare il cinema latinoamericano nel concorso del 35mo Torino Film Festival. Da un lato un preside inflessibile e poco ortodosso che passa intere giornate ad ispezionare gli zaini degli allievi, nel timore che nella scuola possano entrare oggetti pericolosi; dall’altro Cata, la studentessa più problematica della scuola a cui viene trovata una siringa nella borsa con cui fa iniezioni di silicone sulle labbra sue e delle compagne. Quando, poi, alla ragazza capita un incidente al lago la situazione precipita e, nell’attesa di trovare i suoi genitori, Cata viene affidata proprio al preside che si ritrova, suo malgrado, a proteggerla e difenderla. Il racconto si snoda in un processo di adattamento reciproco dei personaggi l’uno all’altra, che avviene parallelamente al loro personale tentativo di affermarsi nel mondo, uno attraverso il potere, l’altra attraverso la bellezza.
“Un tema che ha sempre attirato la mia attenzione – rivela il regista – è quello della necessità di modificare il corpo umano attraverso artifizi, non c’è differenza che siano spirali di ottone per allungare il collo delle donne tribali o iniezioni per intervenire sui lineamenti del viso. Rispetto a quest’ultima pratica, che mi attira a tutto tondo, ho voluto esplorare una particolare sfumatura legata alle scelte, avventate e dunque pericolose, di una ragazzina”. Il film solleva inevitabili domande sul ruolo dell’educazione nelle vite degli adolescenti e sulla ribellione connessa naturalmente al loro percorso di vita. Ma, come sottolinea il regista, in Arpón la trasgressione è duplice, c’è da un lato quella del preside della scuola che si comporta come un adolescente e dall’altro quella della giovane ragazza sfacciata e ribelle. Due trasgressioni a confronto, quella dell’adolescenza e quella del potere. Il titolo stesso – che in italiano significa ‘arpione’ – è commesso con la prevaricazione del potere: “Nella scena in cui il preside guarda la ragazza che sta nuotando della piscina, ha lo stesso sguardo selettivo di un pescatore con l’arbalete. A differenza della pesca con la rete, l’arpione è un’arma mirata con cui la preda viene scelta e ammazzata, così quando il preside vede la ragazza nuotare è come se, metaforicamente, la stesse selezionando per ucciderla”.
Al suo esordio sul grande schermo in un ruolo da protagonista la giovane Nina Suarez, figlia d’arte: “Arpón è un film anche sul corpo, perciò quando ho scelto l’attrice principale, che all’epoca aveva solo quattordici anni, le ho fatto una lunga selezione durata oltre un’ora. Era una sfida difficile, volevo scegliere una ragazzina che non avesse esperienze pregresse nel settore cinematografico ma che, al tempo stesso, fosse in grado di assumere la responsabilità, fisica e mentale, di essere la protagonista. I primi tre giorni delle prove non abbiamo discusso del film ma abbiamo parlato di musica, Nina suona la chitarra e io ho cercato di tirar fuori l’interpretazione del personaggio partendo proprio dalla sua espressione musicale”.
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