Juliette Gréco è morta all’età di 93 anni. Ad annunciarlo, in un messaggio trasmesso all’agenzia France Presse, è stata la famiglia. “Juliette Gréco – si legge nel comunicato – si è spenta questo mercoledì 23 settembre 2020, circondata dai suoi cari nella amatissima casa di Ramatuelle”.
Cantante e attrice teatrale e cinematografica francese, nata a Montpellier il 7 febbraio 1927, è stata una figura chiave della stagione esistenzialista, con la sua voce profonda, l’enigmatico fascino e la notevole presenza scenica. Grèco ha costituito l’elemento di maggior richiamo dei locali parigini, a partire dalla mitica boîte della Rive Gauche, il Tabou, dove ebbe inizio quella rivoluzione artistica e di costume tanto importante per la Parigi del dopoguerra.
L’esperienza cinematografica, per quanto ricca e intensamente vissuta a partire dagli anni ’50 e per oltre un decennio a fianco di registi e attori di primo piano, aggiunse un’aurea regale all’immagine di ‘musa dell’esistenzialismo francese’ con cui la Gréco s’impose non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti. Cresciuta a Parigi, sperimentò le durezze dell’occupazione nazista; all’età di 15 anni, a breve distanza dall’arresto della madre, militante nella Resistenza, fu imprigionata a sua volta e passò un mese nel carcere di Fresnes. Non appena libera, iniziò a studiare recitazione privatamente ed esordì come comparsa nel novembre del 1943 in Le Soulier de Satin di Paul Claudel, messo in scena da Jean-Louis Barrault al Théâtre-Français. Fu in quell’occasione che si formò il gruppo di giovani esistenzialisti frequentatori del Tabou, di cui la Gréco divenne l’affascinante vedette.
Gli enormi consensi ottenuti come cantante non impedirono alla Gréco di offrire anche interessanti prove di attrice. Le prime apparizioni cinematografiche furono con registi importanti, anche se in ruoli marginali. Nell’ Orphée (1950) di Jean Cocteau, come in Au royaume des cieux (1949) di Julien Duvivier e ancora in Eliana e gli uomini (1956) di Jean Renoir, la sua presenza fu in sostanza quasi simbolica e allusiva, valida a inserire nel tessuto del film lo charme di un’epoca. La Gréco lavorò anche in La castellana del Libano (1956) di Richard Pottier, in L’homme et l’enfant (1956) di Raoul André, dove ebbe il ruolo di protagonista, e apparve brevemente in Bonjour tristesse (1958) di Otto Preminger, tratto dal famoso romanzo di Francoise Sagan. Benché il prestigio accumulato e le naturali risorse drammatiche la rendessero una presenza ambita, la Gréco non trovò nel cinema un riscontro adeguato alle sue ambizioni artistiche.
Jean-Pierre Melville, nel 1953, con il suo Quand tu liras cette lettre… aveva cercato, senza riuscirvi, di valorizzare le sue qualità attoriali. Ugualmente vano fu il tentativo di Darryl F. Zanuck di fare della Gréco che aveva conquistato New York con i suoi concerti, una diva del cinema, pur affidandole ruoli impegnativi nei film da lui prodotti: Il sole sorge ancora (1957) di Henry King, con Tyrone Power e Ava Gardner; Terra nuda di Vincent Sherman sempre del ’57; Le radici del cielo (1958) di John Huston, con Errol Flynn, Trevor Howard, Orson Welles; Dramma nello specchio (1960) e Il grosso rischio (1961) di Richard Fleischer. Con l’avventura hollywoodiana si concluse il rapporto della Gréco con il cinema, con l’eccezione di alcune sporadiche apparizioni. Mentre in televisione fu tra gli interpreti del feuilleton di grande successo: Belfagor (1965) di Claude Barma.
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