Franco Zeffirelli, una lunga e intensa carriera tra cinema, teatro e opera, è scomparso all’età di 96 anni nella sua casa di Roma, sull’Appia Antica, era nato a Firenze il 12 febbraio 1923. Lunedì 17 giugno, dalle 11 alle 23, a Firenze è prevista la camera ardente allestita nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. I funerali si terranno martedì 18 alle ore 11, nel Duomo di Firenze, a officiare il rito sarà l’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori. Il suo ultimo lavoro è la regia di una nuova “Traviata” che aprirà la stagione lirica dell’Arena di Verona il prossimo 21 giugno.
E’ stato l’unico regista italiano che poteva fregiarsi del titolo di cavaliere dell’ordine dell’impero britannico (KBE) da quando l’ambita onorificenza gli fu appuntata nel novembre del 2004. Amava pensarsi come il frutto di una bottega che ebbe in Luchino Visconti il primo maestro. Era appena diplomato all’Accademia di Belle Arti quando curò la scenografia teatrale di “Troilo e Cressida” (1949) per la regia di Visconti. Con lui Zeffirelli ebbe un lungo, passionale e burrascoso sodalizio e relazione. E’ accanto al Maestro quando sta dirigendo La terra trema, Bellissima e il suo capolavoro Senso (ma anche accanto ad Antonio Pietrangeli in Il sole negli occhi, del 1953) e, approfittando di questo rapporto, Zeffirelli trova la propria indipendenza economica e la definitiva strada professionale, che lo porterà a rompere il rapporto con Visconti e a mettersi completamente al servizio della lirica e di Maria Callas come suo regista.
Sono gli anni in cui cura “L’Italiana in Algeri”, “La Cenerentola”, “L’elisir d’amore”, “Il Turco in Italia”, “La Cecchina, ossia La buona figliuola”, “Mignon”, “Don Pasquale”, “Manon Lescaut” e “Lucia di Lammermoor”. Prestigioso è il successo che ottiene come regista lirico alla fine degli anni ’50, ma nel 1957 esordisce al cinema con la commedia Camping. Seguirà un adattamento della commedia shakespeariana de “La bisbetica domata” con Elizabeth Taylor e Richard Burton come protagonisti. Il film ottiene un notevole successo e lo incoraggerà, l’anno seguente, ad adattare una seconda opera shakesperiana per il grande schermo: Romeo e Giulietta. E’ il più importante successo della sua carriera, anche perché conquista quattro candidature all’Oscar, vincendo però solo due statuette (miglior fotografia e migliori costumi). Nel 1966, realizza il documentario Per Firenze, sulla storica alluvione fiorentina e con la voce narrante di Richard Burton. Nel frattempo continua il suo intenso impegno nelle regie liriche e teatrali (“Amleto” con Giorgio Albertazzi, “Chi ha paura di Virginia Woolf?” con Enrico Maria Salerno e Sarah Ferrati, “La lupa” con Anna Magnani).
Nel 1970, realizza due opere di ispirazione religiosa. La prima è Fratello Sole, Sorella Luna, incentrato sulla vita di San Francesco d’Assisi; la seconda nel 1977 è la miniserie Gesù di Nazareth, con un cast stellare, finanziata nientemeno che dallo Stato Pontificio, su esplicita richiesta di Papa Paolo VI. Alla fine degli Anni Settanta, trasferitosi definitivamente a Hollywood, dirige due melodrammi che verranno accolti freddamente: Il campione (1979) con Jon Voight e Faye Dunaway e Amore senza fine (1981) che segna l’esordio di Tom Cruise. Ma appena possibile si rifugia nel teatro, dimostrandosi custode dell’allestimento classico per l’opera lirica. Non abbandona però mai il cinema: Il giovane Toscanini (biopic contestato a Venezia nel 1988), un modernissimo Amleto (1990) con Mel Gibson, Storia di una capinera (1994) da Giovani Verga, un elegante Jane Eyre (1996) e l’autobiografico Un tè con Mussolini (1999). E’ del 2002 il biopic Callas Forever con Fanny Ardant e Gabriel Garko, rievocazione degli ultimi mesi di vita della famosa soprano.
Nel ’94 Zeffirelli entra in Parlamento, eletto senatore per Forza Italia. I riconoscimenti che scandiscono la sua carriera sono relativamente pochi rispetto al grande successo conquistato sulla scena e sullo schermo: nessun grande festival, e neppure l’Oscar (nonostante ben 14 nomination per i suoi film) hanno voluto riconoscere il suo indubbio talento. Da qualche anno si era rinchiuso in un distaccato silenzio, circondato dall’affetto di pochi amici e dei figli adottivi nella bella casa romana e nella villa sulla costiera amalfitana. E’ riuscito a vedere però l’ultimo suo capolavoro, tenacemente voluto: quella Fondazione per le Arti e lo Spettacolo che porta il suo nome ed ha trovato casa nell’ex Tribunale di Piazza Firenze, dietro Palazzo Vecchio, per ospitare i tesori della sua vita artistica.
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