Dario Fo, premio Nobel per la Letteratura 1997, si è spento all’ospedale Sacco di Milano, aveva 90 anni ed era ricoverato nella struttura ospedaliera da diversi giorni per una serie di complicazioni polmonari. La camera ardente sarà allestita nel foyer del Piccolo teatro Strehler domani dalle 12 a mezzanotte e poi sarà riaperta sabato dalle 8.30 fino a quando la salma sarà portata in piazza Duomo dove si terrà una cerimonia laica. Lo precisa una nota del teatro, che questa sera gli renderà omaggio con un ricordo affidato agli attori in scena nelle sue tre sale.
Giullare e mimo, attore e regista, autore e polemista, agitatore politico, Fo ha segnato assieme a Franca Rame la storia del nostro paese dagli anni ’60 agli anni ’90 del Novecento, sempre andando un po’ controcorrente, cercando sin dall’inizio di mettere ‘Il dito nell’occhio’ del potere, come si intitolava il suo primo spettacolo del 1953, con Franco Parenti e Giustino Durano, cui seguì ‘Sani da legare’, subito colpito dalla censura con anche un primo scontro di Fo con la Rai, e l’abbandono della sua trasmissione radio. Il secondo avverrà con l’abbandono della conduzione di ‘Canzonissima’ nel 1962, con un ostracismo durato 15 anni.
Nato nel 1926 a San Giano (Varese) da un ferroviere e una contadina, Fo studia pittura a Brera e architettura al Politecnico di Milano. Dopo la guerra è l’incontro con Franco Parenti che lo spinge alla stesura di alcuni sketch e a calcare le scene del varietà e della commedia musicale. Nel frattempo, tenta anche l’esperienza del cinema. Diventa co-sceneggiatore ed interprete di un film di Carlo Lizzani (Lo svitato, 1955); nel 1957 invece mette in scena per Franca Rame Ladri, manichini e donne nude e l’anno successivo Comica finale. Tra le altre sue apparizioni sullo schermo, da segnalare almeno quella in un ruolo da protagonista con Musica per vecchi animali di Stefano Benni e Umberto Angelucci (1989) e il cartone Johan Padan a la descoverta de le Americhe (2002) di Giulio Cingoli, a cui prestò la voce.
Negli anni ’60 acquista popolarità con una serie di commedie, da ‘Gli arcangeli non giocano a flipper’ del 1959 con cui nasce la compagnia Fo-Rame a ‘Chi ruba un piede è fortunato in amore’, ‘Isabella tre caravelle e un cacciaballe’, ‘Settimo: ruba un po’ meno’ su imbrogli e speculazioni edilizie in un cimitero, ‘La signora è da buttare’ sull’americanismo imperante tra politica e moda.
Quindi, dopo un periodo di preparazione studio, arriva ‘Mistero buffo’ seguito poco dopo da ‘L’operaio conosce 300 parole, il padrone 1000, per questo lui è il padrone’, che appunto nell’anno della contestazione giovanile e dell’autunno caldo nelle fabbriche, apre la stagione dell’impegno politico diretto.
Verranno allora, tra l’altro, ‘Morte accidentale di un anarchico’ sul caso Pinelli, ‘Pum pum! Chi è? La polizia!’ (accusato di vilipendio alle forze armate), ‘Ci ragiono e canto’, ‘Il Fanfani rapito’, arrivando nel 1977 a ‘Tutta casa letto e chiesa’ di e con Franca Rame e al ‘Fabulazzo osceno’ del 1982.
Pian piano, passando anche per uno spettacolo su Arlecchino alla Biennale di Venezia, i due tornano a rivisitare alcuni vecchi spettacoli degli inizi e poi a un ‘Dario Fo recita Ruzzante’ del 1995 al festival di Spoleto, naturale incontro col grande drammaturgo veneto del ‘500 che, per ricerca linguistica e temi popolari, rimanda al ‘Mistero buffo’. Insignito, oltre che del Nobel, anche di due lauree honoris causa alla Sorbona di Parigi e alla Sapienza di Roma, artista multiforme, da sempre anche pittore, Dario Fo scrive libri, a cominciare dal fortunato e esemplare ‘Manuale minimo dell’attore’, in cui rivisita la Commedia dell’Arte e racconta a suo modo e col suo lavoro una certa storia del recitare, come poi, nel 2006 farà per la Rai in una serie di trasmissioni in coppia con un personaggio molto diverso da lui, eppure con al fondo uno stesso animo libertario, Giorgio Albertazzi.
Negli anni, ha lavorato a vari volumi intervista con Giuseppina Manin, da ‘Il paese dei misteri buffi’ all’ultimo ‘ Dario e Dio’, come a romanzi, dall’autobiografico e riuscito ‘Il paese dei mezarat’, a ‘La figlia del papa’ su Lucrezia Borgia. E’ del 2001-2002 l’ultima vera, lunga e trionfale tournee per i teatri di mezza Italia, con la Rame (morta nel 2013), in cui lui recita ‘Lu santo jullare Francesco’ (nato per un Festival di Spoleto), e lei ‘Grasso è bello’ e ‘Una giornata qualunque’, poi verranno testi, spettacoli, lezioni-recital su Giotto e altri grandi pittori, perché, alla sua età, Fo, oltre a dipingere e far mostre, ancora saliva in palcoscenico, come faceva notizia con le sue dichiarazioni sulla realtà sociale o politica del paese, che lo ha visto dare il suo appoggio al Movimento 5 Stelle (il suo libro sul tema, ‘Un clown vi seppellirà’ è del 2013), sempre per quella sua vena anarchica, contro il potere.
“Con Dario Fo perdiamo un protagonista geniale e irriverente del teatro e della cultura italiana. Voglio ricordarlo come nel nostro ultimo incontro a Verona, vulcanico e pieno di idee e di progetti per il futuro, all’apertura del Museo Rame-Fo, in occasione dei suoi novant’anni. Negli occhi ho ancora la sua gioia mentre ogni singolo oggetto, ogni documento, ogni marionetta rappresentava l’occasione per raccontare la sua vita con Franca, l’arte e l’impegno civile, una miniera di aneddoti e uno sguardo originale su un pezzo di storia del Paese” così il ricordo del ministro Dario Franceschini per la scomparsa del premio Nobel.
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