E’ morto Charles Aznavour. Il cantante francese di origini armene (il suo vero nome è Shahnour Vaghinagh Aznavourian), l’ultimo degli chansonnier aveva 94 anni. Scoperto da Edith Piaf, che lo portò in tournée in Francia e negli Stati Uniti, si mise in luce nel dopoguerra come cantautore.
Ma per i cinefili Aznavour era anche uno straordinario attore: il cinema ne ha apprezzato l’ironia e l’espressività. Alla settima arte arriva fin da bambino, sul finire degli anni Trenta, con piccoli ruoli non accreditati e in seguito appare spesso anche nelle vesti di cantante, ma già nel 1959 il suo nome compare in La fossa dei disperati di Georges Franju e – in una parte maggiore – in Dragatori di donne di Jean-Pierre Mocky. L’anno successivo però è François Truffaut a volerlo protagonista del suo secondo film, Tirate sul pianista, che il regista adatta da un giallo del 1956 dello scrittore americano David Goodis, “Non sparate sul pianista” (Down There).
Nel 1963 arriva a Roma per fare la guida turistica, dopo la seconda guerra mondiale, in Esame di guida – Tempo di Roma, una commedia scritta da Diego Fabbri e portata al cinema da Denys De La Patellière. Lo affiancano noti attori italiani come Marisa Merlini, Fanfulla, Alberto Lupo, Mario Carotenuto, Gianrico Tedeschi e addirittura lo scrittore austriaco Gregor Von Rezzori.
Con lo stesso regista l’anno dopo appare in Un taxi per Tobruk, mentre nel 1963 torna a lavorare con Mocky nella commedia osée Le vergini. L’anno successivo è protagonista di un frammento di Alta infedeltà, film a episodi di Mario Monicelli, Elio Petri, Franco Rossi e Luciano Salce. Appare nell’episodio firmato da Petri e intitolato Peccato nel pomeriggio, con Claire Bloom. Appare anche nello stravagante Candy e il suo pazzo mondo di Richard Marquand, dove, con grande autoironia, lui che era dritto come un fuso, interpreta il “giocoliere gobbo”. Nel 1979 è il giocattolaio ebreo Sigismund Markus in Il tamburo di latta di Volker Schloendorff, dal romanzo di Gunther Grass, mentre nel 1982 è un altro principe del cinema francese, Claude Chabrol, a offrirgli uno dei ruoli più belli: quello del sarto armento Kachoudas, vicino di casa del serial killer Michel Serrault in I fantasmi del cappellaio. E avanti così fino ai 2000, quando è protagonista di Ararat di Atom Egoyan, un film che parla proprio di qualcosa che lo tocca da vicino, il genocidio armeno. Le sue canzoni si sentono inoltre in molti film e perfino Stanley Kubrick, nel suo ultimo film, Eyes Wide Shut, ha inserito la sua “The Old Fashioned Way” (“Les plaisirs démodés”, “Quel che non si fa più”). Memorabile l’interpretazione di Michel Côté di uno dei suoi pezzi più famosi, “Emmenez-moi”, in C.R.A.Z.Y. di Jean-Marc Vallée (2005).
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