Quanto possono essere utili le storie e i personaggi raccontati da Pasolini per capire la realtà di oggi? Sembra essere questa la domanda che il regista Daniele Costantini si è posto nel girare Accattaroma, il film che fin dal titolo (fusione di Accattone e Mamma Roma) si dichiara una riproposizione delle opere pasoliniane. Già presentata al Festival del cinema di Roma nella categoria Freestyle, la nuova pellicola di Costantini arriverà nelle sale italiane il 9 maggio.
In Accattaroma il racconto è affidato all’esplorazione dei due mondi contrapposti nel film. Quello di Vittorio, un uomo sui 45 anni, e il mondo dei giovani del Mandrione, una delle borgate pasoliniane della Capitale. Vittorio intende raggiungere il “Rio della Grana”, dove forse potrà ottenere un lavoretto. Così si incammina verso questo luogo da lui descritto con accenti mitici. E mentre cammina, racconta ai giovani che incontra lungo strada le storie pasoliniane di cui conserva la memoria. Racconta di Stracci, racconta di Accattone e di Mamma Roma. I giovani ascoltano affascinati le sue storie ma quando tentano, a loro volta, di raccontarle le parole incespicano. Nasca, Scintillone, Ruggeretto e gli altri giovani del film, in realtà, non sono capaci nemmeno di camminare. Si stancano subito. Per questo ciondolano, inquieti, da un angolo all’altro della borgata. La loro unica, agognata meta è il bar da dove vengono cacciati perché non hanno soldi. I soldi sono per loro un’ossessione e insieme una chimera – le tasche sono sempre vuote. Insomma, se Vittorio (la generazione dei padri) grazie a una memoria e una cultura seppur artigianale e approssimativa, ha ancora uno scopo e un luogo ideale a cui tendere, l’esistenza dei giovani è del tutto svuotata di direzione e significato.
In questo panorama Pasolini è ovunque. Non solo nelle storie raccontate da Vittorio e nella sua mitologica meta (il Rio della Grana è il titolo di un racconto del poeta). Lo si ritrova nel bianco e nero del film, nei luoghi, nel linguaggio e nei nomi dei nuovi nuovi “ragazzi di vita”, nelle loro espressioni e posture, nei costumi, che con sapiente ambiguità rimangono sospesi in un tempo senza tempo (nel film non si vedono smartphone), e persino nel sonoro (le grida dei personaggi vengono “invecchiate” con un effetto che imita i sonori dei film di Pasolini). L’eredità culturale di Pasolini sembra quindi offrire una sorta di enciclopedia della borgata, un campionario archetipico necessario per comprendere lo spirito eterno della borgata romana.
Nonostante sia stato prodotto con mezzi limitati da Massimiliano Cardia e Emanuela Morozzi, e interpretato da attori alle prime esperienze (a parte Massimiliano Cardia, si tratta di allievi di Studio Cinema), Accattaroma è un piccolo gioiello. Anche grazie alla recitazione convincente dei protagonisti, all’ironia amara e popolaresca che lo attraversa, alle musiche originali di Nicola Piovani è un film semplice ma poetico. Non tanto su Roma quanto su quella che il regista pensa sia l’Italia di oggi. E’ questo il vero senso della risposta cinematografica alla sua domanda.
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