E’ un fiume in piena Luigi Abete, presidente di Cinecittà Studios, un’ora e oltre di monologo di fronte alla stampa, al suo fianco silenziosi gli uomini del suo staff: Giuseppe Basso, Giorgio Satira, Emmanuel Gout e Maurizio Sperandini; in platea lo scenografo Dante Ferretti. All’esterno della Casa del cinema di Roma, una cinquantina di lavoratori protesta rumorosamente, dopo aver accolto Abete gridando ‘Cinecittà non si tocca, la difenderemo con la lotta’ e celebrando il funerale di Cinecittà con tanto di sacerdote e bara.
Del resto da oggi è iniziato il conto alla rovescia per la soluzione della vicenda che vede contrapposti la direzione di Cinecittà Studios e i lavoratori insieme alle rappresentanze sindacali. Abete non ha giri di parole: o i sindacati e le maestranze condividono il piano di riorganizzazione aziendale che non prevede licenziamenti, ma la ricollocazione di 32 unità delle costruzioni sceniche nella società CAT (Cinecittà Allestimenti e Tematizzazioni) – che ha l’obiettivo di sviluppare il know how del settore a livello nazionale e internazionale – e la ricollocazione di altre 18 unità in varie situazioni, oppure Cinecittà Studios si vedrà costretta a procedere ai 50 licenziamenti. Una soluzione intermedia salvaguarderebbe le 32 unità dirottate verso CAT.
Abete precisa di aver proposto ai sindacati, incontrati dal 26 aprile ben 12 volte ricevendo sempre rifiuti, una strada che salvaguarda i posti lavoro in una situazione congiunturale che prevede un’eccedenza di 50 unità sulle 220 oggi esistenti.
Per il resto il piano di riorganizzazione è quello già annunciato sui giornali e punta al ritorno delle grandi produzioni internazionali a Cinecittà. Oltre a CAT si prevedono una partnership tra Cinecittà Digital Factory e un grande gruppo internazionale; la joint-venture sui mezzi tecnici con Panalight con l’obiettivo di creare un centro di eccellenza.
Infine la scelta di Cinecittà Studios di essere anche produttori esecutivi per le produzioni internazionali ha lo scopo di valorizzare gli incentivi fiscali previsti per i grandi film internazionali come è avvenuto con To Rome with Love di Allen.
‘Cinecittà chiude’ ha scritto la stampa italiana, soprattutto estera, disinformando, continua Abete, e allontanando così le produzioni internazionali dagli Studios. E il presidente se la prende con il presidio davanti ai cancelli di via Tuscolana, “un’occupazione illegittima”, e con uno sciopero che “coinvolge metà degli addetti” previsto fino al 31 luglio e “che allontana i visitatori della mostra che in un anno ha avuto 100mila presenze e presto si trasformerà in museo permanente”.
Quanto al famoso progetto di sviluppo, con tempi di realizzazione di 2/3 anni, Abete ha ricordato di averlo già presentato tale e quale nel 2010 e che è stato approvato con delibera della giunta comunale di Roma nel dicembre 1998 (sindaco era Francesco Rutelli) e ha avuto un sostegno bipartisan. “Parlare di cementificazione è una falsità” e chiarisce che l’area interessata è oggi inutilizzata e non coinvolge le strutture già esistenti. Nella prima fase saranno costruiti un nuovo grande Teatro di posa, uffici e attrezzerie un luogo di ristorazione, un albergo – “non più di tre stelle” -; nella seconda fase nascerà un Distretto del cinema e del multimediale che ospiterà altre società del settore, laboratori e centri formativi.
Infine poche battute per raccontare la decadenza di Cinecittà che spiega Abete è cominciata nel 2007. Tre le cause: la crisi economica americana, la presenza di strutture più convenienti e competitive nell’Est europeo, l’assenza di una normativa fiscale.
Prossima puntata a dopo le vacanze quando la sorte dei 50 esuberi sarà definita, mentre Abete la prossima settimana avrà un’audizione alla Commissione Cultura del Senato.
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