BERLINO – Un detective viene incaricato di investigare sul suicidio sospetto di un prigioniero politico sulla lontana isola di Qeshm, nel Golfo Persico. Su una nave abbandonata, vicino a un antico cimitero nel deserto, incappa in un mistero anche più grande. Un becchino locale gli racconta la leggenda di terremoti che sconquassano il paese ogni volta che qualcuno viene seppellito. Ma il detective crede solo a ciò che vede e decide di passare la notte da solo nella spaventosa nave, aspettando che accada qualcosa. Di ritorno a Teheran, ingaggia un geologo e un ingegnere del suono per approfondire le ricerche sul mistero, finendo in un vortice di paranoia e allucinazioni.
Un thriller con sfumature soprannaturali chiude idealmente la 66ma Berlinale, A Dragon Arrives dell’iraniano Mani Haghighi, ispirato, secondo quanto racconta il regista, da una storia vera: “Quindici anni fa ho sentito parlare di un assistente ingegnere del suono che stava lavorando a un documentario su alcune grotte antiche situate nel sud dell’Iran. Registrava il suono delle gocce d’acqua che cadevano nella grotta ed era così ipnotico, bello e intrigante che non potè fare a meno di spingersi in fondo alla grotta dove era circondato dal buio. Finì in un crepaccio e ci vollero due giorni perché la crew riuscisse a ritrovarlo. Raccontò di aver incontrato una strana creatura in quelle profondità, e che la creatura gli aveva insegnato a parlare in tedesco. Naturalmente nessuno gli credette finché non cominciò a recitare fluentemente la poesia di Hölderlin. Non ho mai incontrato questo tipo né nessuno che lo abbia incontrato, ma ho sempre pensato che fosse una storia da film. Inizialmente volevo citare Bruce Lee e chiamare il film Enter the Dragon, ma poi le cose sono cambiate, e non volevo che nelle ricerche su Google la mia pellicola finisse per confondersi con quelle di arti marziali. La nave e il cimitero sono un vero set, non sono ricostruiti al computer. I terremoti sono un problema conosciuto nella nostra nazione e purtroppo molto comuni, c’è una vera e propria “cultura del terremoto” come sa chi conosce il cinema iraniano moderno e in particolare i film di Abbas Kiarostami. E’ come una roulette russa: non sai mai quando colpiranno ma li hai sempre nel fondo della tua mente”.
Le date della prossima edizione del festival che chiude con un bilancio positivo con 337.000 biglietti venduti
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''La FICE - dice il presidente - è orgogliosa di sottolineare che le 47 sale che hanno messo in programmazione il film in questi giorni sono sale d'essai. Con l'auspicio che presto il numero di queste sale possa aumentare non possiamo non dire che ancora una volta le sale d'essai danno un contributo fondamentale per far conoscere i migliori e più premiati film del nostro cinema''
"L’Orso d’oro a Berlino per Fuocoammare di Gianfranco Rosi - di legge in un comunicato dell'Anica - è una nuova bella pagina per il cinema italiano ai festival internazionali"