CATANIA – Per il TrailersFilmFest è una intensa terza giornata, con un po’ di tregua dal maltempo che ha caratterizzato le precedenti. Si parte alle 10.00 con la proiezione del documentario Al centro del cinema, che celebra gli 80 anni del Centro Sperimentale di Cinematografia. A presentarlo e a parlare della scuola di cultura e tecnica audio-visiva più importante del Paese c’è il direttore Marcello Foti, che indica le linee della scuola agli aspiranti studenti accorsi all’università: “La nostra direttiva – spiega – è far sì che ci sia molta pratica, gli studenti devono stare sul set. Altrimenti sarebbe come far fare il medico a uno che non ha mai fatto l’autopsia. Poi ci vuole molta disponibilità a imparare e l’umiltà di mettersi dietro a chi ne sa di più, cosa che spesso manca. Oggi in Italia si diventa ‘maestri’ al primo film. In Francia la qualifica di ‘artigiano’ è un riconoscimento pubblico. Le selezioni sono dure e rigorose, perché i posti sono pochi, c’è una competizione importante, e poi una volta entrati bisogna frequentare la scuola a tempo pieno, da mattina a sera, per tre anni. Usciti da lì inizia la sfida. Molti ce la fanno, ma tanti altri invece hanno mollato la strada. Noi difendiamo il principio sacrosanto della meritocrazia, anche perché non si può raccomandare qualcuno su un mestiere che poi testimonia in modo eloquente una eventuale incapacità. Un impiegato dietro una scrivania qualcosa si inventa. Un attore o un regista non si improvvisa. Mia figlia voleva fare l’attrice, ha presentato domanda ed è stata bocciata. A volte ci sbagliamo, bocciammo la Ferilli. Ma abbiamo costruito un percorso in favore degli studenti, geo-localizzandoci sul territorio, dal Piemonte, a Milano, a Palermo, a L’Aquila, scegliendo per ogni zona gli indirizzi più adatti. In Piemonte l’animazione, a Palermo il documentario. Siamo una fondazione autonoma ma con fondi statali, si accede con concorso. Da quest’anno il diploma al CSC ha ottenuto il valore a titolo legale, che prima non c’era, e forse non serviva nemmeno perché tutti sanno che se esci da lì sei preparato, nel campo del cinema. Però aiuta per i problemi pratici, per avere accesso a servizi pubblici, al trasporto, alle stesse sale cinematografiche o a percorsi formativi europei come l’Erasmus”.
Secondo appuntamento importante è con il regista Gianni Amelio, insegnante proprio al CSC e di cui stasera sarà proiettato il film Leone d’oro nel ’98 Così ridevano, che – racconta – “si svolge a Torino ma nasce a Catania, ed è interpretato da molti attori catanesi. L’insegnamento è una cosa seria e non è detto che tutti ne siano capaci. Fellini è il nostro regista più grande ma, con rispetto parlando, forse non sarebbe un buon insegnante, perché insegnerebbe agli studenti il suo cinema. Fellini che insegna Fellini è una contraddizione in termini, come un’imitazione, e il fellinismo è una delle più grandi malattie della settima arte. L’insegnamento deve partire da una consapevolezza: il cinema non si insegna, ma si impara. Lo impara anche il docente proprio mentre lo insegna. Si cerca di suscitare quel ‘virus buono’ che porta le persone a realizzare le proprie visioni. Ma ci vogliono la passione, la spinta, ci si scontra con mille problemi. 30 % è talento, il resto è carattere. Magari molti arrivano al CSC dopo aver tentato altre strade, ma a farcela di solito sono quelli che hanno fatto di questo sogno una questione di vita, magari litigando con i genitori. Magari quella ragazza di Enna che vuole fare la regista, e i suoi sarebbero più contenti di vederla ad ‘Amici’. A parità di talento, cerco di dare una mano a chi ha meno possibilità. Ma mi dispiace constatare che la presenza di ragazze ha subito un calo, forse le donne si stanno scoraggiando. Io da giovane più che fare il regista volevo proprio andare al CSC, mi affascinava l’idea di essere circondato da persone che parlavano solo di cinema, e non di scienza o matematica. E il bar e la mensa sono i luoghi di maggior importanza anche a livello comunicativo e creativo. Lavoravo e studiavo, facevo Il conformista con Bertolucci e una volta accettai un votaccio che mi rovinò la media perché dovevo andare a finire le riprese. Il professore era più dispiaciuto di me. Diceva: “non posso rovinarle il libretto. Ha tutti 30. Torni”. E io “no, non posso tornare, mi punisca”. Anche perché dovevo fare quell’esame per saltare il militare. Nel mio libro ‘L’ora di regia’ parlo con Francesco Munzi, di come ci vedevamo quando lui era studente e io insegnante. I suoi film discendono molto dai miei. Non mi piacciono le etichette: anche ‘cinema d’autore’ è respingente. Non mi sono scandalizzato quando il canale Sky d’autore è diventato ‘Sky Cult’. Il cinema deve suscitare piacere e attrazione. Fassbinder – Dio lo abbia in gloria – fece un film chiamato Disperazione. Billy Wilder giustamente disse ‘immagino una famiglia dell’Alabama. Lui netturbino, lei donna di servizio. Il figlio drogato e la figlia battona. ‘Caro, andiamo al cinema stasera? Danno ‘Disperazione’’”.
Terzo appuntamento è quello con la giuria del concorso Pitch Trailer, composta da Enrico Bufalini (Istituto Luce Cinecittà), Francesco Gallo (ANSA), Luciano De Simone (Filmauro), Carlo Rodomonti (01, non presente all’incontro) e dallo stesso Marcello Foti (CSC). Un ‘pitch’ è il trailer di un film che non esiste, realizzato proprio come ‘demo’ per presentare la propria idea a produttori e distributori. Il vincitore di questa edizione è Il nostro paradiso, di Salvatore Campisano. “Noi di Istituto Luce – spiega Bufalini – siamo particolarmente impegnati nella distribuzione di opere prime e seconde, è la nostra mission. E cerchiamo di affiancare documentari di grandi maestri proprio come Gianni Amelio, di cui abbiamo distribuito Felice chi è diverso e con cui presto bisseremo con Registro di classe, a opere di autori più giovani, come abbiamo fatto nel corale 9×10 novanta. E’ importante però sempre rivolgersi a produttori che siano in grado di valorizzare questi giovani talenti, a cui consiglio sempre di parlare a professionisti che sappiano consigliarli sul tipo di pubblico a cui indirizzarsi, ed eventualmente su come modificare la sceneggiatura per ottenere fondi, finanziamenti e possibilità di successo. Non significa necessariamente svendersi, è un lavoro. Se hai un buon soggetto ma sei debole sulla sceneggiatura, magari con l’affiancamento di un esperto si possono riuscire a migliorare le cose. Noi ci mettiamo il nostro. Vergine Giurata era un film difficilissimo da distribuire, aveva ottime potenzialità di vincere premi ai festival ma poche di grande successo commerciale. Era in albanese, ma a un certo punto la protagonista arriva in Italia, quindi era difficoltosa la traduzione. Abbiamo lavorato sul tema, contattando le associazioni, facendo girare la parola. Non è detto però che vadano cercate sempre soluzioni tematiche così complicate, è importante saper arrivare al pubblico, agevolare i distributori pensando a una larga fetta di spettatori già in fase di scrittura”.
“Conta l’idea – conferma De Simone agli studenti – ma anche e soprattutto il progetto produttivo: a chi si può vendere il film, quali attori usare”. “Il CSC – dice Foti – è un po’ un antesignano, perché a chi vuole fare un corso di regia da sempre chiede un ‘pitch’, ovvero un breve filmato, ed è molto difficile concentrare le proprie idee in un lavoro così breve, è come quando si fa un colloquio”. “La sintesi è sempre un’ottima qualità – conclude Gallo – d’altro canto è vero anche per chi lavora con i comunicati stampa, in poche righe devi dire tutto l’essenziale”.
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