8 ½ di novembre: Ha ancora senso vedere i film in sala?

Il numero 11 di 8 ½ propone, tra le altre cose, interventi di Daniele Vicari sullo stato del nostro cinema e di Paolo Mereghetti sul rapporto tra recensori e recensiti


A poche settimane dal passaggio in digitale, ha ancora senso vedere i film in sala? Questa è la domanda che si pone il numero 11 della rivista 8 ½ – Numeri visioni e prospettive del cinema italiano, in libreria in questi giorni. “Lo switch digitale offre l’occasione di ripensare la sala cinematografica come luogo impagabile di piacere e di socializzazione emozionale”, riflette Gianni Canova nell’editoriale. Lo speciale offre approfondimenti sul rischio di strangolamento per i piccoli esercenti, sulle strategie applicabili per evitarlo, come la multiprogrammazione, già in atto con buoni risultati in Francia e Inghilterra o la proiezione di contenuti alternativi come concerti e spettacoli teatrali. Ce ne parla Lionello Cerri, storico esercente milanese e presidente dell’Anec. Mentre la nostra inchiesta getta luce su esperienze di sale piccole ma originali. Inoltre si parla dell’interessante progetto di archeologia industriale Old Cinema, che censisce le sale chiuse puntando alla loro rivalutazione e al recupero.

A rispondere alla domanda ‘Cosa mi piace del cinema italiano?’ è questo mese Karel Och, direttore artistico del Karlovy Vary International Film Festival, insieme alla consulente artistica e storica direttrice della manifestazione Eva Zaoralovà, che ritengono che “una paese in grado di produrre capolavori come La grande bellezza e film estremamente coinvolgenti come L’intervallo o Miele, non può non passare un buon periodo. L’opera prima di Emma Dante presentata a Venezia, Alice Rohrwacher che sta girando il suo nuovo film ci fanno vedere come promettente anche il prossimo futuro”.

La sezione Innovazioni è dedicata al tema del Low Budget, con approfondimenti e interviste ai pionieri del cinema dinamico ed economico: dall’esperienza di Alessio Fava al Biennale College con Yuri Esposito,  dal tentativo di Andrea Caccia di realizzare un doc sul musicista Bugo utilizzando il crowdfunding al sorprendente I canti della forca di Stefano Bessoni, un corto realizzato in parte in animazione e in parte live action con soli 40mila euro, da Venezia Impossibile di William Carrer, costruito sulla rete dei social network, al documentario Il castello di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti. Parentesi tecnica sull’innovazione a livello di linguaggio portata dal ‘drone’, la fly cam modernissima che, a poche centinaia di euro, permette riprese aeree impensabili a quei costi fino a pochi anni fa.

Dedicata alle frontiere della multiprogrammazione la sezione Numeri, il dossier economico di DG Cinema e ANICA, che spiega come la digitalizzazione degli schermi influenzi sempre di più i modelli di business, modificando progressivamente il ruolo della sala come luogo fisico di aggregazione e fruizione del prodotto. Il fenomeno favorisce così una maggiore autonomia di gestione del palinsesto da parte dell’esercente che riesce, se lo vuole, ad ampliare l’offerta grazie ai cosiddetti contenuti alternativi: eventi sportivi, televisivi, museali e così via.

Ricordi fuori dal coro per due grandi scomparsi di recente: Carlo Lizzani e Giuliano Gemma, mentre la sezione Cinema Espanso è dedicata all’artista video Yuri Ancarani, presente a Venezia con il corto Il capo. Il Focus è incentrato sul caso Corea del Sud.

Daniele Vicari e Paolo Mereghetti regalano inoltre degli inediti punti di vista. Il regista di Diaz riflette sullo “status del nostro cinema tra mancanza di visione strategica e politica da parte delle istituzioni e scarsa programmazione industriale”. E propone per uscire dall’impasse: libertà creativa, attenzione alla formazione e legge antitrust.

Il critico del Corriere della sera propone invece spunti di riflessione sul rapporto tra recensori e recensiti a partire dallo speciale pubblicato su 8 ½ di luglio: “Avevo atteso con impazienza quel numero – spiega – ma devo ammettere che la delusione è stata pari alle attese: il solito elenco di lamentazioni sull’impreparazione, l’incompetenza, il poco spazio, rivelando in generale un atteggiamento di lesa maestà che non porta a niente. L’impressione è che a nessuno interessi confrontare le idee e anche per questo il cinema italiano se la passa così male”.

Inoltre sul numero di novembre trovate le sinossi dei soggetti selezionati per la finale di Speed Date col produttore, l’iniziativa curata da 8 ½ e dalla redazione di CinecittàNews che, a Venezia, ha permesso ai filmaker di incontrare alcuni dei più autorevoli produttori italiani per convincerli a realizzare i loro progetti.

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19 Novembre 2013

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