CANNES – Lo avevano già fatto Olivier Nakache ed Eric Toledano in C’est la vie – Prendila come viene, ora lo ripete Gilles Lellouche, con risultati – se possibile – ancora più convincenti. L’affermato attore francese ha infatti scelto, per la sua prima esperienza da regista “in solitaria” (dopo Narco e Les Infideles, che ha co- diretto), un cast corale che mette insieme interpreti di estrazioni diversissime. Mathieu Amalric, Guillaume Canet, Benoit Poelvoorde, Virginie Efira, Alban Ivanon, Marina Fois e Leila Bechti sono infatti gli “atleti” (e le allenatrici) dell’improvvisata squadra di nuoto sincronizzato maschile del suo 7 uomini a mollo, applaudito fuori concorso sulla Croisette e ora in sala con Eagle Pictures dal 20 dicembre.
La disciplina sportiva acquatica – che solo negli ultimi anni ha aperto le sue piscine anche agli uomini – è nel film il terreno, anzi il bacino, in cui si mescolano fragilità, disperazioni e voglia di riscatto di un gruppo molto variegato di 40-50enni. C’è chi è depresso e non si smuove dal divano, come Amalric, chi ha problemi di rabbia, come Canet, chi di solitudine, come Ivanov, e chi ancora di lavoro e soldi, come Poelvoorde. Ma in costume da bagno diventano tutti uguali, tutti ugualmente vulnerabili. “Pensavo a questo progetto già da 5 anni – ha detto in conferenza stampa a Cannes Gilles Lellouche – avevo il desiderio di parlare di una categoria di persone della mia generazione che incontro molto spesso, uomini che hanno perso la motivazione, la voglia di andare avanti. Poi mi è capitato di partecipare a delle riunioni degli alcolisti anonimi per preparare il ruolo di un alcolizzato nel film di Jacques Maillot Un singe sur le dos e ho scoperto una comunità di persone che non stanno bene in cui regna il calore umano, in cui si è liberi di manifestarsi esattamente per ciò che si è senza essere criticati. A questa ispirazione si è aggiunta la visione di un documentario sul nuoto sincronizzato maschile, una disciplina perfetta per raccontare questi stati d’animo: è poetica, femminile e marginale, e mi permetteva di rendere fragili i miei protagonisti, di metterli a nudo, di esporli alle prese in giro, e quindi di farli sentire molto uniti”.
In 7 uomini a mollo, che Lellouche ha costruito con stile molto personale mescolando dramma e commedia, ogni cliché viene smentito, o addirittura ribaltato. A partire da quelli sui suoi protagonisti, con attori-registi di “prestigio” come Amalric e Canet che si agitano goffamente in piscina per dar corpo a uomini sconfitti, che non hanno più nulla da perdere e perciò si lanciano in un’impresa improbabile. Proseguendo con le svolte narrative, che evitano i percorsi più prevedibili e gli stratagemmi stilistici più abusati. “Non volevo fare una commedia sociale, né un dramma, ma qualcosa di diverso – ha sottolineato il regista – Nel cinema francese c’è una divisione radicale tra i generi, mentre a me piace fare tutto, anche nello stesso film”. Sulla scelta di non prendersi anche un ruolo come attore, Lellouche ha spiegato: “Non mi ci vedevo a dirigere i miei colleghi indossando un costumino… ma soprattutto sarei stato incapace di recitare mentre dirigevo, avevo tantissimo lavoro da fare e non volevo essere su tutti i fronti. E’ stata la più bella esperienza professionale della mia vita”.
La “squadra” è sembrata altrettanto soddisfatta di un lavoro di gruppo inconsueto. Il cast è stato infatti sottoposto a lezioni di nuoto sincronizzato con l’allenatrice della nazionale francese, il che ha prodotto un affiatamento visibile anche sullo schermo che ha esaltato la dose massiccia di talento del gruppo di attori.
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