27 gennaio, giorno della memoria: una celebrazione istituita in tempi relativamente recenti. La legge n. 211 del Parlamento che ne propone la costituzione è soltanto del 2000, eppure l’usanza si è talmente radicata che pare di onorarla da sempre.
Nella data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, si ricordano, come recita l’articolo, “la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Com’è giusto che sia, nel corso della giornata anche tv e cinema accendono i riflettori sulla ricorrenza. In sala esce Vento di Primavera di Rose Bosch, che affronta il tema dell’Olocausto in maniera originale, concentrandosi su un episodio solitamente considerato “minore” e a cui, nei libri di storia, non si dedicano che poche righe: la retata del Velodromo d’Inverno.
Il piccolo Joseph vive assieme alla sua famiglia nella Parigi occupata dalle truppe tedesche. Si riparano nel quartiere di Montmartre dove, con l’appoggio di buoni cittadini che li coprono, riescono a sfuggire ai rastrellamenti. Ma una tragica mattina del luglio 1942, tutti gli ebrei della città vengono presi di forza e ammassati al Vélodrome D’Hiver e da lì condotti al campo di concentramento di Beaune-La-Rolande, con la collaborazione fin troppo spesso taciuta delle autorità francesi. Nel film c’è anche Jean Reno, in un ruolo drammatico intenso e per lui insolito.
E’ invece del 2002 Il pianista di Roman Polanski, interpretato dal Premio Oscar Adrien Brody. Studio Universal (Premium Gallery sul DTT) lo riporta sul piccolo schermo alle ore 22:55, all’interno di “1 Film 1 Storia“, spazio mensile dedicato alla scoperta della realtà che sta alla base della fiction cinematografica. Tratto dall’omonima autobiografia del musicista e compositore polacco Władysław Szpilman, il film narra la storia della sua drammatica sopravvivenza nel ghetto di Varsavia. Il film ottenne la Palma d’oro al Festival di Cannes 2002 mentre, nel 2003, si aggiudicò ben 3 Premi Oscar (miglior regia, miglior attore, migliore sceneggiatura non originale).
Attraverso testimonianze, video esclusivi ed immagini di repertorio il Canale ricorda poi una delle pagine più dolorose della storia mondiale: la Shoah, le leggi razziali, l’ingiustificata persecuzione e deportazione della popolazione ebraica.
E’ il settembre del 1939 quando Szpilman, a Varsavia, sta eseguendo un notturno alla radio presso la quale lavora. D’un tratto, sente delle esplosioni che rapidamente si avvicinano; gli viene detto di smettere ma lui continua fino a quando una granata fa crollare la stanza accanto allo studio di registrazione. E’ l’inizio della Seconda guerra mondiale. La Polonia è stata invasa e, nonostante il momentaneo entusiasmo per la dichiarazione di guerra alla Germania da parte di Francia e Gran Bretagna, Varsavia verrà occupata dopo pochi giorni. La pellicola di Polanski segue l’invasione della Polonia e il progressivo inasprimento delle politiche razziali naziste contro gli ebrei, l’ascesa al potere di Adolf Hitler nel 1933, la nascita e lo sviluppo del partito Nazionalsocialista.
Da vedere anche My Father – Rua Alguem 5555, di Egidio Eronico, che il Nuovo Cinema Aquila di Roma presenta alle ore 20,30, alla presenza del regista.
Tratto dal romanzo ‘Papà’, di Peter Schneider, il film gira attorno alla figura di Hermann, un giovane avvocato di Friburgo che dall’età di quindici anni porta con sé un segreto che ha stravolto per sempre la sua vita: suo padre, fino ad allora creduto disperso in Russia, è vivo e vegeto. Conduce un’esistenza da fuggiasco, in esilio volontario a Manaus, Brasile. Suo padre è Josef Mengele, l’Angelo della Morte, che con i suoi esperimenti di eugenetica si è reso colpevole della tortura, sino alla morte, di tremila persone, per lo più bambini e adolescenti, detenuti nel campo di sterminio di Auschwitz.
Sconvolto dalla reale identità del genitore, Herman decide di incontrarlo un’unica volta in una favela brasiliana.
La tragedia storica viaggia così in parallelo alla vicenda umana, personale, familiare del protagonista: “ho letto il libro nel 1989 sostiene il regista -, e mi aveva molto colpito per due motivi: conoscevo le gesta di Mengele, e avevo appena perso mio padre. Al posto del protagonista, avrei denunciato mio padre una volta saputo dove si trovava? Ecco volevo che lo spettatore si ponesse lo stesso dilemma”.
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