Gli anni ’80 vengono ricordati da cinema e tv soprattutto nei loro aspetti più frivoli: il glamour, la musica pop, i giocattoli, lo yuppismo, le sigle dei cartoni animati. Ma il 1980, in cui si ambienta il film L’Estate di Martino, opera prima di Massimo Natale presentata al Festival di Roma nella sezione Alice nella città , è anche l’anno delle stragi di Ustica e della Stazione di Bologna.
“Per me era l’anno della maturità – dice il regista – L’anno in cui si diventa grandi e ci si affaccia alla vita vera. Per la nostra generazione, subito a confronto con questi traumi, lo shock della crescita è stato più forte che mai”.
Ma il film, prodotto da Movimento Film in collaborazione con Rai Cinema, in sala a partire dal 19 novembre, questa cruda realtà la intreccia delicatamente con due altri piani narrativi. Il primo è la crescita individuale del protagonista Martino (Luigi Ciardo), quattordicenne pugliese chiuso e introverso, traumatizzato dalla morte della mamma e incapace di instaurare un rapporto di dialogo sia con suo padre (Marcello Prayer), convinto comunista ottuso, antipatico e violento, che con il suo rozzo e provinciale fratello maggiore (Pietro Masotti). La situazione si complica ulteriormente quando Martino inizia a sentirsi attratto da Silvia (Matilde Maggio), fidanzata “estiva” di suo fratello che, però, non sembra disdegnare le sue attenzioni. Per Martino è essenziale far chiarezza in sé stesso, e ci riuscirà grazie all’amicizia del Capitano Clark (la star americana Treat Williams, protagonista, tra gli altri, del musical di culto Hair), un militare statunitense di base sul luogo, che gli insegnerà, attraverso il surf, a dominare le onde della vita. L’altro piano narrativo è una poetica favola, narrata fuori campo dalla voce della madre scomparsa (Silvia Delfino), che commenta le immagini facendo da filo conduttore, fino a un finale che spiazza, per originalità e per crudezza.
Tanto da portare a chiedersi se il film sia adatto per la sezione Alice, dedicata ai ragazzi. “Non volevo un finale scontato – spiega il regista – E’ una favola, sì, ma ambientata nel mondo reale. Il messaggio però è di speranza. Significa che è importante continuare a sognare, anche di fronte alle brutte cose. E che sognare non vuol dire necessariamente dimenticarle”.
Inevitabile, data anche la presenza dell’attore americano, il paragone con una grande pellicola made in USA sul tema del surf: “Un mercoledì da leoni di Milius è lontano dal mio film – specifica Natale – anche perché negli anni ’80 in Italia il surf non era certo diffuso e acrobatico come oggi. Sono legato ad Hair, piuttosto, e ho scelto Williams perché mi serviva un militare dal volto umano, con dei problemi, che non somigliasse a Rambo”.
Natale esordisce oggi al cinema dopo vent’anni di ufficio stampa tra teatro, musica e televisione: “Contrariamente a quanto spesso avviene, non ho scritto io il mio primo lungometraggio. La sceneggiatura me l’ha proposta il produttore Mario Mazzarotto, con cui avevo lavorato per il mio corto Amiche. Per me è un inizio e ho in mente già un paio di altri progetti. Spero, insomma, di non aver fatto due film in uno: il primo e l’ultimo”, scherza.
In conferenza con lui ci sono anche gli attori Luigi Ciardo, Matilde Maggio, Pietro Masotti, Simone Borrelli, Matteo Pianezzi e Renata Malinconico assieme al produttore Mazzarotto e a Carlo Brancaleoni per Rai Cinema, responsabile Produzione Film di Esordio e Sperimentali: “Io nelle favole ci credo – dice Brancaleoni – e ringrazio per averci creduto anche i selezionatori di Alice. E’ un film che può raggiungere chi ancora crede nell’amore”.
Trattandosi di un film pensato anche e soprattutto per i ragazzi, anche – perché no – con lo scopo di informarli su argomenti che non conoscono bene, è particolarmente interessante sentire cosa pensano di quest’esperienza i giovani attori: il protagonista Ciardo, timidissimo, già visto in Galantuomini di Edoardo Winspeare, che l’ha consigliato a Natale, si sente molto vicino al suo ruolo: “Martino mi assomiglia molto dice e non so descrivervi l’emozione che ho provato nel lavorare accanto a un attore del calibro di Williams”. Masotti, pugliese d’origine, sottolinea due aspetti del suo ruolo: “prima di tutto, è stato il primo ruolo che ho recitato nel mio dialetto d’origine, ho dovuto recuperare il provincialismo dopo anni d’accademia per togliermi l’accento. Poi, il rapporto con il mio fratello minore nel film, molto simile alla mia esperienza. C’è violenza, è vero, ma in un certo senso è violenza premurosa. Nasce dalla voglia di Massimo di comunicare con suo fratello, e non ci riesce in altro modo”.
Matteo Pianezzi interpreta invece lo spirito “rivoluzionario” e sessantottino del gruppo: “Mi sono basato su mia madre, che il ’68 lo ha fatto davvero. Lo apprezzo: non hanno cambiato il mondo, ma almeno ci hanno provato. Oggi c’è più disillusione, non a caso la manifestazione che pochi giorni fa ha occupato il red carpet proprio qui all’Auditorium è stata considerata un evento particolare, un’eccezione, ma è giusto continuare a credere”. “Il mio personaggio dice invece Simone Borrelli dal ’68 ha ereditato solo la fantasia al potere, e pure distorta, perché non fa che sfondarsi di canne”.
La graziosa Maggio, interprete di Silvia, sul protagonista ha la sua personalissima idea:”Innamorarsi di Martino è stata la parte più bella nel film. Luigi è una persona speciale, un mondo da scoprire, sullo schermo come nella vita reale”.
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