Ogni mattina CinecittàNews vi presenta un panorama delle notizie con cui i media seguono il mondo dell’audiovisivo.
FARHADI SUI SET DI MONICELLI
Il regista iraniano, vincitore di due Oscar, ha presentato il suo ultimo lavoro al Cinema Massimo del capoluogo piemontese: Un eroe. Più di una testata, tra cui Andrea Lavella sull’edizione torinese de “la Repubblica” riporta un’intervista al regista Asghar Farhadi, che si è raccontato ieri alla Mole Antonelliana in una masterclass, sold out da giorni. L’autore iraniano ha manifestato il suo amore per il nostro Paese e la nostra cinematografia: “Sono felice di essere qui, vengo sempre volentieri in Italia. Non solo perché adoro la lingua ma anche perché, nella mia giovinezza, il cinema italiano mi ha influenzato moltissimo e ha contribuito a formare il mio modo di vedere questo mestiere”. Farhadi, nell’occasione della visita italiana, ha richiesto di andare a visitare le location dei film di Monicelli: “In un momento in cui in tutto il mondo si facevano film su personaggi che sembravano dei supereroi, loro – ovvero gli autori italiani, da Fellini a Visconti, ndr – mi hanno insegnato a concentrarmi sulle persone semplici, quelle ordinarie e sulla quotidianità”.
AMBRA PER LUXURIA: “TRANSGENDER DEI PREGIUDIZI”
“M’appartengo” afferma l’attrice alla direttrice del 38° Lovers Film Festival, il più antico festival italiano sui temi LGBTQI+, di cui Ambra Angiolini è madrina e che Luxuria per l’occasione intervista su “La Stampa” edizione torinese. In tema con l’evento, l’attrice si dice “transgender dei pregiudizi: ne ho subiti di ogni tipo”. La direttrice chiede alla madrina il ricordo dello stesso ruolo ricoperto anche al “World Pride a Roma nel 2000, tra tante polemiche… che ricordi hai?”. “Ricordi bellissimi: è stato il romanzo di formazione attraverso cui sono diventata signorina. Un evento che si è intrecciato al mio cuore e che mi ha contagiata per tutto il resto della vita. Avrò anche perso dei lavori per questa mia esposizione all’epoca ma non ho perso la dignità di essere umano che non deve dare giustificazioni per quello che decide di fare”.
BERGAMASCO E GIFUNI “TESTIMONIAL” PER IL BIF&ST
Una firma “di famiglia”, “di coppia”: Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni scrivono a quattro mani un pezzo sull’edizione barese de “la Repubblica”, in particolare riconoscono al recente Bif&st, di cui sono stati ospiti, di non essere “una sterile passerella”, ma un’occasione che “è riuscita sempre a riempire le sale di corpi vivi e partecipi”. La coppia interviene così sulla querelle che s’è avviata intorno alla manifestazione e scrivono: “interveniamo volentieri nel dibattito che si è creato nel corso di queste ultime settimane intorno al Bari International Film Festival, giunto quest’anno alla sua quattordicesima edizione, nella speranza di poter restituire un altro piccolo tassello a quella pluralità di sguardi che costituisce la natura partecipata di ogni grande manifestazione culturale, come il Bifest ha dimostrato di essere. … Ciò che di questa manifestazione abbiamo amato fin dal principio – patrimonio, fra gli altri, che sarebbe un vero scempio disperdere – è che un Festival italiano dedichi uno spazio così ampio e approfondito al lavoro dell’attore, e che accanto a incontri con il pubblico lasci spazio agli interpreti di interrogarsi, insieme al pubblico, sul ruolo dell’interprete al presente”.
SFIGURARE CLEOPATRA
Matteo Sacchi su “Il Giornale” ripercorre in breve la storia dell’ultima sovrana della dinastia tolemaica, Cleopatra, diventata non solo soggetto seriale ma un “un caso” per la “docufiction (quindi con pretese di storicità) Regina Cleopatra di Netflix, che arriverà in Italia il 10 maggio, viene interpretata da un’attrice (Adele James) con tratti chiaramente afro. La scelta portata avanti dalla produttrice di origine giamaicana Jada Koren Pinkett (moglie del noto attore afroamericano Will Smith) ha causato una serie di proteste in tutto il mondo. Partite proprio dall’Egitto. L’archeologo Zahi Hawass ha descritto senza mezzi termini la rappresentazione data nel documentano come una ‘falsificazione dei fatti’. Gli hanno fatto eco studiosi più o meno di ogni dove. È partita anche l’ironia sui social, con meme in cui si vede un finto documentano Netflix sul Polo Nord dove gli orsi sono bruni. Questo è quello che si ottiene a voler continuamente manipolare la Storia per riscriverla secondo l’ideologia woke”.
TRANSATLANC: LA STORIA DISTORTA
“La Stampa” si occupa di un’altra nuova serie Netflix, sul dramma dei fuoriusciti, molti dei quali ebrei, nella Marsiglia 1940 gestita dal governo filonazista di Vichy, di Anna Winger (Unhortodox) e Daniel Hendler: Transatlantic. “Dipinge le fughe dalla guerra con inatteso glamour”, ha scritto il “Financial Times”. La serie descrive gli sforzi per permettere ad artisti, dissidenti ed ebrei — tra cui Chagall, Hannah Arendt, Marcel Duchamp e Max Ernst — di raggiungere gli Stati Uniti. Per il “Financial Times”, “la drammatizzazione non rende giustizia, il glamour e la frivolezza di certe scene avrebbero potuto quanto meno essere contestualizzate”. “Trasforma una tragedia in una parodia”, scrive anche il giornale israeliano “Haaretz”. “La nostra è una drammatizzazione, non un documentario”, ha reagito Anna Winger.
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