Saranno i fratelli Zimbalist (Michael e Jeff, già rivelatisi proprio a Cannes con I due Escobar) a dirigere uno dei film più attesi del prossimo anno per il mercato sudamericano e mondiale. Si intitolerà semplicemente Pelé ed è proprio il leggendario Edson Arantes do Nascimento a fare da testimonial e mentore della pellicola che è stata lanciata a Cannes in un’affollata conferenza stampa promossa dal produttore Brian Grazer e dai venditori internazionali di Exclusive Media. Il film, ancora in fase di pre-produzione, dovrebbe essere una biografia dell’adolescenza e dell’affermazione del più grande asso calcistico di tutti i tempi ed avrà lo stesso Pelé nel ruolo di produttore esecutivo e mentore. “Mi affiderò al gruppo – dice – conscio che il successo di uno è il successo di tutti e viceversa. Ero abituato a fare così anche in campo e non ho ragione di non affidarmi totalmente a due autori di cui apprezzo molto l’opera e l’inventiva”.
Il periodo della carriera di Pelé messo sotto i riflettori è quello che culmina con il successo alla Coppa del Mondo del 1958 in Svezia. “Mi è capitato spesso di avere a che fare con il cinema – racconta il campione oggi settantaduenne – e i ricordi più divertenti sono ovviamente quelli legati a Fuga per la vittoria con un formidabile John Huston e un divertentissimo Sylvester Stallone che però non sapeva proprio come fosse fatto un pallone. Ma è la prima volta che il personaggio narrato deve avere la mia faccia e i miei sentimenti. Sono molto curioso”.
“Non abbiamo ancora scelto l’interprete – spiega il produttore Grazer – e ci auguriamo che sia prima di tutto un bravo attore e poi un brasiliano. In quel caso abbiamo la garanzia quasi automatica che sappia almeno palleggiare. Al resto ci penseranno i consigli del Maestro”.
Negli auspici della produzione (che però sembra usare la piattaforma di Cannes per completare la copertura del budget necessario), il film uscirà in Brasile in tempo utile per la prossima Coppa del Mondo. “Quando ero bambino – ricorda Pelé – si disputò il Campionato del 1950 in Brasile e ricordo mio padre che era giocatore e tifoso, in lacrime per una sconfitta inattesa. Un po’ per scherzo e un po’ per incoscienza, io gli promisi allora che appena diventato grande gli avrei riportato la Coppa a casa. Accadde in Svezia: si vede che Dio voleva così. Mio padre diceva sempre: hai avuto da Dio un grande dono; non è merito tuo, a te tocca solo allenarti e lavorare sodo per essere all’altezza del regalo che hai avuto. E questo è stata la mia vita. Una volta di più spero che la lezione da me appresa arrivi a tanti ragazzi d’oggi tramite questa storia”.
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