“Ci manca profondamente lo sguardo di uomini come Franco Basaglia, legato alla capacità di ascoltare, di entrare in relazione con l’altro da sé. E’ l’esempio di quello che non c’è più stato negli ultimi decenni, dominati da politiche basate sulla paura”. Lo dice Fabrizio Gifuni ricordando l’esperienza di C’era una volta la città dei matti di Marco Turco, la miniserie in due puntate sul grande riformatore della disciplina psichiatrica in Italia, che dopo l’enorme successo su Raiuno quasi due anni fa arriva in dvd.
Per Gifuni, volto anche di altri grandi personaggi della storia italiana (e non solo), da De Gasperi a Paolo VI, girare C’era una volta la città dei matti – che in homevideo esce accompagnato da un libro sulla lavorazione, edito da Alphabeta Verlag nella nuova collana “180”, archivio critico della salute mentale diretta da Peppe Dell’Acqua, Nico Pitrelli e Pier Aldo Rovatti – è stata un’esperienza che è andata ben oltre le riprese. “Per tanti mesi dopo la messa in onda, mi hanno continuato ad invitare a inaugurare convegni di psichiatria o visitare strutture sanitarie. Io avevo solo interpretato un personaggio, ma è stato così profondo il legame che ha unito me e questo film, che i vasi comunicanti tra realtà e immaginazione si sono un po’ persi”.
Gifuni fa un accenno anche al suo ruolo in uno dei film più attesi della stagione, Romanzo di una strage di Giordana: “Con Marco Tullio c’era la voglia di ritrovarci a quattro anni dopo La meglio gioventù. Poi di Moro abbiamo sempre in mente le immagini dei suoi ultimi mesi. Poterlo raccontare com’era quasi dieci anni prima, vivo e presente nella vita politica del Paese, è stato entusiasmante”.
Sempre tra inverno e primavera dovrebbe uscire La leggenda di Kaspar Hauser di Davide Manuli, con Vincent Gallo e Claudia Gerini, in cui il regista rielabora la vera storia di Kaspar Hauser, misterioso ragazzo trovato nel 1829 nella piazza centrale di Norimberga, che sapeva dire solo il suo nome. Sul giovane uomo (ucciso da uno sconosciuto nel 1833), considerato da alcuni un impostore, da altri un erede al trono asburgico, sono stati tanti i romanzi, le pièce e i film, tra cui il più famoso è quello di Werner Herzog, del 1974: “Non c’è da temere il paragone – dice Gifuni – Manuli, che considero uno dei nostri giovani filmaker più talentuosi, era più interessato alla sostanza simbolica e folle della storia, a personaggi tutti confinati su una piccola isola. Un piccolo microcosmo con uno sceriffo, un pusher, una regina, un prete eremita (il ruolo di Gifuni) e una prostituta”.
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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