AVP Summit, Stefano Salvati: “L’IA, come il rap”

All'AVP Summit si parla delle nuove frontiere della tecnologia e dell’impatto dell’IA sulla produzione di audiovisivo dal punto di vista della creatività e del business. Tra gli interventi quello di Stefano Salvati. Cinecittà News lo ha intervistato

Stefano Salvati

SCILLA (RC) – L’AVP Summit, in corso a Scilla (RC), ha ospitato un panel sulle nuove frontiere della tecnologia e l’impatto dell’IA sulla produzione di audiovisivo dal punto di vista della creatività e del business. Moderato da Andrea Appella, consigliere EMEA OpenAI, con interventi dello sceneggiatore John August, in rappresentanza della WGA che ha condotto a Hollywood uno degli scioperi più lunghi della storia proprio per chiedere regole certe in merito, di Damien Viel (Chief Digital & Marketing Officer di Banijay Group), ha visto la presenza di Stefano Salvati, CEO di Daimon Film e di Francesco Siro Brigiano, regista del cortometraggio Treta, premiato in molti festival internazionali e insignito dell’Oscar dell’IA.

Salvati e Brigiano collaborano stabilmente alla realizzazione di opere con l’IA. Anche a teatro, con uno spettacolo dedicato agli 883 con Max Pezzali e Mauro Repetto. Per Brigiano, “IA è magia alchemica, vuole dire creare una visione direttamente dalla propria mente ed è una svolta per chi ama raccontare storie e ha problemi di budget, di tempo o di addetti ai lavori. Crea grandi opportunità e dà possibilità per la comunicazione tra regista, costumista, scenografo, produttore, etc. È utile anche per creare storyboard di ottimo livello in tempi brevi che aiutano a dare un’idea immediata del progetto durante la fase di preproduzione”.

Tra i materiali visti all’AVP Summit, oltre a Treta, una fiaba dark dai toni onirici e visionari, anche Dante’s Comedia, omaggio al capolavoro della poesia italiana con la voce inconfondibile di Vittorio Gassman e uno spot dello spettacolo teatrale, realizzato con Maurizio Colombi, che ha unito per la prima volta teatro e IA, creando immagini proiettate sugli schermi durante la performance. A Scilla abbiamo intervistato Stefano Salvati.

Lei nasce come regista di videoclip e pubblicità, ma anche di lungometraggi come Albakiara Il film. Com’è arrivato all’IA?

Al contrario di molti miei colleghi, che nascono col cinema, sono sempre stato per carattere attratto dalle innovazioni, passo ore davanti al computer per capire cosa succede, almeno nel mio settore.

E quindi si è appassionato?

Sì, circa un anno fa, vedendo quello che faceva Francesco Siro Brigiano, sono rimasto a bocca aperta. Treta, il cortometraggio che ha vinto l’Oscar dell’IA, mi ha colpito.

Che cos’è l’Oscar dell’IA?

È un concorso nato quest’anno a Dubai dove sono stati proposti i migliori lavori in IA di tutto il mondo, americani, cinesi, coreani, e un italiano ha vinto.

Quando è nata la vostra collaborazione?

L’avevo conosciuto otto mesi prima del premio, insieme abbiamo curato i nuovi progetti, dalla regia alla produzione.

Quanto è diverso lavorare con l’IA rispetto alle tecniche classiche?

Non c’è differenza, cambia solamente il mezzo. È come il passaggio dal cinema in pellicola al digitale, agli effetti speciali o al green screen. L’IA deve essere quanto prima sposata dai produttori italiani perché non manderà a casa nessuno. La paura è assolutamente sbagliata perché per lavorare a livelli professionali ci sarà sempre bisogno di un regista, di un direttore della fotografia, di un operatore che cambi le focali. L’IA ha bisogno di sapere come deve essere fatta un’inquadratura, come devono essere vestiti i personaggi.

Quindi si parte sempre da uno script.  

Sempre. Dopo aver impostato lo script, fai muovere le immagini come pensi che debbano venir fuori.

Prima parlava di una situazione di libertà per l’IA. In realtà presto arriveranno delle leggi ad hoc.

Le leggi ci sono già, non ci sono software che permettono di capire da dove arrivano tutte quelle immagini che noi utilizziamo. È chiaro che se fai un cortometraggio con la voce di Gassman la legge c’è già, se lo vuoi commercializzare devi chiedere il permesso agli eredi. Infatti Francesco lo ha fatto come omaggio sul web. Se la famiglia vuole, lo leva dal web. Quindi le leggi ci sono, non ci sono software che permettono di capire come funziona l’IA. Da dove va a prendere le immagini che ti permettono di fare quello che poi vediamo? Esistono software dove paghi un abbonamento e ti permettono di fare quello che abbiamo visto, mischiandole in modo abile arrivi a livelli molto alti. Questi software attingono a tutto quello che c’è sul web, addirittura c’è chi dice che attingano a tutto quello che abbiamo donato, se ti iscrivi a Facebook le tue immagini sono disponibili. È tutto legale. Per fare in modo che l’industria dell’audiovisivo mondiale continui a funzionare, perché altrimenti ci sarebbe uno stravolgimento, salteranno fuori delle leggi che regoleranno.

C’è una questione cruciale che riguarda il diritto d’autore.

È quello che è successo nel mondo della musica negli anni ’80, i rapper come facevano a fare gli album, rubando dei sample da album molto famosi, la chitarra da Madonna, la batteria da Michael Jakcson, e costruivano delle basi sulle quali rappavano. Potevano farlo perché non c’erano mezzi per capire da dove arrivavano queste cose. Poi negli anni ’90 l’industria ha capito che questi rapper stavano conquistando il mondo, si sono messi d’accordo e hanno regolamentato tutto, hanno trovato strumenti per capire da dove arrivavano questi sample. Succederà la stessa cosa con l’IA.

Il progetto con gli 883 come nasce?

Ho fatto tutti i video degli 883 e il film Jolly blu. Lavoro con Mauro Repetto e c’è un’amicizia incredibile con Max Pezzali. Tutto è partito con Repetto, il biondino che aveva abbandonato, e lui si è buttato subito. E anche Pezzali. Nei video ci sono loro stessi da giovani e le voci sono le loro stesse voci. Già adesso con l’IA non si può fare un film perché abbiamo dei limiti, ma siamo a un livello tale che, tra tre o quattro anni al massimo, sarà possibile.

Quali sono i costi di produzione?

Questo è il grosso problema che hanno le major americane: i costi sono irrisori. I costi sono le persone che ci lavorano, la creatività, perché i software hanno costi bassissimi. La creatività, l’esperienza, la tecnica rimane, cambierà il mondo dell’industria. Come il grande cambiamento degli anni ’30, col passaggio dal muto al sonoro, o quando dal bianco e nero si è passati al colore.

Cambiamento inevitabile e stimolante?

Penso di sì. Sono molto tradizionale e rispettoso della nostra storia. Ho avuto la fortuna di lavorare in società con Roman Polanski, abbiamo girato insieme un video di Vasco Rossi. Ho lavorato con Fellini. Mi nutro del passato per andare avanti. L’IA è inevitabile, il cambiamento sta già succedendo. Fortunatamente in Italia i politici lo hanno capito subito. Prima con Franceschini: tre anni fa, quando era ministro, ho avuto un colloquio con lui e l’ho convinto che i videoclip sono opere d’arte, così ora hanno i finanziamenti. Stessa cosa con il ministro Sangiuliano e il sottosegretario Borgonzoni. La politica è più aperta dell’industria.

Ha citato Fellini. Ci ricorda il vostro incontro?

A meno di trent’anni fui scelto per fare un videoclip di Miserere di Zucchero con Pavarotti. La Polygram sceglie me e decidono di coinvolgere un grande regista, Fellini doveva scrivere l’idea e io dovevo girarlo. Stefanino, Stefanino. Un po’ se ne approfittava. Faceva il preside e io l’alunno. La scorsa settimana mi ha chiamato una signorina, Madonna… poi disse la sua idea. Lo giriamo tutto in un bel circo, vestiamo Zucchero da clown e intorno Pavarotti vestito da clown che corre e poi magari cade. Non si è mai fatto, era una provocazione.

 

11 Giugno 2024

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