“L’X Factor del Pd? Sono stato molto tentato di andarci, c’è pure l’applausometro, poi ho deciso di no”. Occasione ghiotta, il confronto tv tra i candidati delle primarie del Partito Democratico per Diego Bianchi, alias Zoro, mattatore televisivo di Gazebo (RaiTre) diventato ormai da anni la voce della coscienza del centrosinistra. Anzi, come dice lui stesso, “uno che rappresenta la sofferenza dell’essere di sinistra in Italia. Se poi sei romanista raddoppi, e ottieni tanta sofferenza e piccole e sporadiche gioie. Ma tutto questo lo racconto con orgoglio e un senso di appartenenza”. Lo stesso modo in cui, probabilmente, lo fa nel suo film d’esordio da regista cinematografico Arance e martello, di cui ha lanciato qualche anticipazione al 31° TFF nella sezione E intanto in Italia con una chiacchierata informale col direttore Virzì e col collega – più esperto, alla sua opera quinta – Gianni Zanasi.
Prodotto da Fandango e girato quest’estate a Roma, Arance e martello – di cui Zoro ha mostrato le clip di alcuni provini – è nato dall’umore respirato a San Giovanni dal regista: “Sotto casa mia c’è un mercato rionale che è da sempre a rischio chiusura. Un giorno ho sentito dire: ‘Se chiude il mercato scoppia la rivoluzione!’ e questa frase mi ha colpito, perché in Italia la rivolzione non scoppia mai… stai a vedere che scoppia proprio sotto casa mia per il mercato rionale!”. Zoro racconta quindi di aver scritto una sceneggiatura monstre, di centinaia di pagine, mentre la figlia faceva nuoto, ricreando il microcosmo sotto casa, simbolico di un momento politico: “In cima alla via c’è la sezione in cui ho fatto politica da quando ero piccolo, poi c’è il mercato: sono due ambienti separati dalla grande muraglia gialla dei lavori infiniti della metro C: una muraglia che esprime bene la separazione tra il paese reale e la politica. È come se fosse un plastico di Vespa”.
Con la complicità dell’amico Virzì – con cui anni fa condivise una delle prime (e più fortunate) puntate di Tolleranza Zoro su Youtube, cantando Bandiera rossa sulle note dell’Inno di Mameli a un comizio del Pd – il neoregista non sa definire il genere del suo film – “Sarà un film rouge”, scherza – e parla divertito dei suoi modelli: “Non sono un cinefilo da festival, ma sono sempre stato fulminato da Spike Lee, è il regista di cui ho visto più film e mi sono raccontato da solo che Arance e martello fosse una citazione continua di Fa’ la cosa giusta, tutto in una giornata e in una via. Nel film interpreto me stesso che faccio un documentario sul mercato a rischio chiusura”. Poi spiega che ora sta tentando di portare il primo montato di due ore e sei minuti a una lunghezza più accettabile dalla produzione. E poi “rassicura”: È il primo film, ma smetto subito non vi preoccupate. Ne farò altri solo se avrò qualcosa da dire”.
Accanto a lui, decisamente più taciturno, Gianni Zanasi accenna qualcosa del suo nuovo film dal titolo La felicità è un sistema complesso, che sarà girato in Umbria a marzo e avrà tra i protagonisti Valerio Mastandrea. “La sceneggiatura – scherza – è soprannominata metro C perché si evolve continuamente e non finisce mai. Comunque ho iniziato i provini”. Il regista che esordì con Nella mischia, in cui ha pedinato dei ragazzini del Tuscolano, racconta di vivere sempre il set con un “panico euforico” e poi ricorda il suo arrivo nella Capitale: “C’è stato subito un innamoramento: venivo da una cittadina di 20mila abitanti e per me Roma era come l’India. Abitavo a Re di Roma, dove c’era un formicolio che mi ricordava il posto da cui venivo, ma con una temperatura da sud”. Il suo nuovo film, dunque, dovrebbe essere pronto in tempo per andare a Venezia, come nota subito Virzì, che però non perde l’occasione per tentare comunque un invito: “L’anno prossimo mi piacerebbe avervi entrambi al TFF”.
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