Nel Regno Unito, in Cina e nei paesi dove ancora si può lo hanno visto in sala. Negli USA è uscito il giorno di Natale, 25 dicembre, in contemporanea in sala e su HBO Max dove la maggior parte degli spettatori hanno scelto di vederlo, data la situazione mondiale e la pandemia.
Sebbene sia già capitato che altri film fossero più o meno simultaneamente nei cinema e in streaming (legale), l’uscita ibrida di Wonder Woman 1984 è di certo peculiare e, secondo l’’Hollywood Reporter’, «senza precedenti» e i suoi risultati potranno dire molto su quello che saranno il cinema e lo streaming nei prossimi mesi, forse anni. Reazioni altalentanti dalla critica – non ha ottenuto il certificato ‘Fresh’ su Rotten Tomatoes e nemmeno Cinemascore lo ha del tutto promosso, ma le parole di alcune testate rilevanti sono invece confortanti – ma data la situazione, non male al botteghino, dato che ha superato la soglia significativa dei 100 milioni di dollari. In Italia è previsto da fine gennaio, ma non si sa ancora dove e come, essendo chiusi i cinema e assenta la piattaforma HBO.
Ma quali sono state le reazioni iniziali di chi ha avuto la possibilità di vedere la pellicola in anteprima? Ecco le review a stelle e strisce per il cinecomic:
Molly Freeman, ‘Screen Rant’: “Alla fine offre un’esperienza da supereroe straordinariamente cinematografica, con il cuore necessario e la trama emotiva per mantenerla radicata nella mente degli spettatori. È un’esperienza cinematografica a tutto tondo e senza dubbio trarrebbe vantaggio dall’essere visto sul grande schermo per ottenere il pieno effetto dell’occhio da regista di Patty Jenkins. È un must per i fan del primo film perché la storia riprende i fili di quel film e esplorandoli in modi nuovi e avvincenti, in particolare per quanto riguarda il rapporto di Diana con l’umanità. Questa pellicola ci mostra anche un ottimismo assolutamente necessario in un anno come il 2020, il che lo rende eccellente per chiunque abbia bisogno di speranza quest’inverno”.
Scott Mendelson, ‘Forbes’: “Questo sequel della Warner Bros. è tutto l’opposto di quando si dice che qualcuno sta riposando sugli allori per il successo del precedente; soprattutto considerando l’eccessiva pressione ancora esercitata sui film fantasy guidati da donne ad alto budget. È un melodramma visivamente abbagliante che deve nascondere il suo relativo disinteresse per lo showdown sui superpoteri dimostrando ancora una volta che la DC Films è un marchio all’interno del quale cui “tutto può succedere”.
Matt Purslow, ‘IGN’: “Wonder Woman 1984 è un film con un cuore pieno di speranza e amore; uno sguardo nostalgico a un tempo meraviglioso che fornisce evasione da un anno eccezionalmente difficile. L’adesione a un modello di supereroe più classico significa che manca di qualsiasi vera sorpresa o innovazione eccezionale, ma questo approccio è sempre filtrato attraverso l’obiettivo contemporaneo di Patty Jenkins, che gli conferisce un’umanità distinta all’interno di atmosfere anni ’80. Un notevole miglioramento rispetto al suo già grande predecessore, questo lungometraggio è esattamente il tipo di film brillante e pieno di speranza che l’eredità del personaggio merita”.
Sean Keane, ‘CNet’: “Funziona magnificamente come seguito alla sua avventura del 2017, espandendo il personaggio di Diana e avvicinandosi agli anni ’80 con stile. È senza dubbio il film DC Extended Universe più emozionalmente coinvolgente, con scene d’azione strabilianti, ambientazioni vivide e un messaggio positivo che è una boccata d’aria fresca.
Justin Chang, ‘Los Angeles Times’: “Questo sequel stravagante e genialmente imbottito di particolari potrebbe essere un prodotto del 2020, ma il suo spirito è gratificante in sincronia con il 1984, un anno che, nonostante tutte le sue associazioni orwelliane, precede il caos e il cinismo del nostro momento politicamente squilibrato e colpito dalla pandemia. E anche la nostra mania per i cinefumetti: Patty Jenkins (che ha scritto la sceneggiatura con Geoff Johns e Dave Callaham) incanala un momento (nella pellicola), in cui gli imperativi dei blockbuster, sebbene non del tutto assenti, non avevano ancora spinto l’industria dell’intrattenimento”.
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