VENEZIA – “Da tempo ho deciso di raccontare le grandi istituzioni culturali del nostro tempo. Questa volta, ho scelto la biblioteca pubblica di New York, importantissima per la Grande Mela grazie alla varietà dei suoi archivi, libri, film, opere d’arte e collezioni uniche conservati tra le sue mura”. Così Frederick Wiseman parla del nuovo documentario Ex Libris – The New York Public Library, in concorso alla Mostra. E’ il secondo doc in gara, dopo Human Flow di Ai Weiwei, e decisamente conferma il tocco di questo straordinario cineasta 87enne, autore di 41 film, tra cui Titicut Follies e Welfare, che compongono una sorta di atlante dell’America per immagini. ”Sono molto emozionato – dice il regista, che ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera nel 2014 ma non era mai stato in concorso – anche se alla mia età magari non riesco a dimostrarlo come vorrei”.
Con la sua durata di oltre tre ore Ex Libris – The New York Public Library è un viaggio dall’andamento lento e costante, ma mai noioso, all’interno di una delle più grandi biblioteche del mondo di cui mostra la modernità inattesa. Si tratta infatti di un’istituzione che si è completamente rinnovata dandosi come obiettivo non più (o non tanto) la conservazione di libri o archivi polverosi, quanto la diffusione della conoscenza in modo gratuito presso tutte le classi sociali e in particolare l’alfabetizzazione informatica. ”La NYPL ha novantadue divisioni sparse per Manhattan, il Bronx e Staten Island – spiega Wiseman – ed è diventata un punto di riferimento per la comunità. Organizza diversi corsi: economia, programmazione per computer, lingue, programmi educativi doposcuola e insegnamento per adulti”. Tra i fiori all’occhiello, oltre alle tante conferenze con scrittori, musicisti, personaggi come Elvis Costello, c’è proprio la capacità di garantire a tutti l’accesso a internet: diversamente da quanto si potrebbe pensare circa un terzo degli abitanti della Grande Mela è sprovvisto di connessione e computer in casa. “La biblioteca – prosegue Wiseman – è la più democratica delle istituzioni. Tutti sono i benvenuti, tutte le razze, etnie e classi sociali partecipano con entusiasmo alle iniziative”. E in questo senso non si può non pensare al nuovo presidente Usa: “La biblioteca è un antidoto a ciò che rappresenta Trump. L’approccio di Trump è cinico e distruttivo. È vero che potrebbe essere un pericolo per la cultura in generale ma nel caso della biblioteca ci sono anche dei privati che finanziano ogni anno la struttura.” E poi scherza: “Se Trump avesse una biblioteca la riempirebbe di copie non vendute di The Art Of The Deal“.
Notevole anche il suo metodo di lavoro, e non potrebbe essere altrimenti. “Ci sono state 12 settimane di riprese e un anno di montaggio. Per il montaggio io mi chiudo in sala per 7 giorni a settimana e da lì inizio a ricevere il cibo in endovena… Innanzitutto guardo tutto i giornalieri e ci vogliono più o meno 6 settimane. Poi metto da parte il 40% per cento del materiale e da lì scelgo le sequenze per il film. Ci metto più o meno dai 6 agli 8 mesi e poi inizio a pensare alla struttura. Non riesco a pensare in astratto, ho bisogno delle immagini per farmi l’idea della struttura e del ritmo. Poi lavoro sul ritmo interno alla sequenza e sul ritmo esterno di tutte le sequenze insieme. E a lavoro finito mi viene la depressione post partum e inizio a pensare ad un altro film”.
Quale? ”Non mi piace parlare di film che non sono ancora finiti. Posso solo dirvi che ho molte idee, che si devono ancora concretizzare. Adesso mi godo questa grande opportunità qui al Festival di Venezia”. E alla domanda su quale consiglio darebbe a un giovane che volesse girare un’opera titanica come Ex Libris, dà una risposta decisamente spiritosa: “Solo uno: sposare una donna ricca.”.
Ex Libris uscirà nelle nostre sale nel 2018 con I Wonder Pictures.
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