Walter Salles & Jia Zhangke, cinema globale

Il regista brasiliano, che ha ricevuto il Marc'Aurelio alla carriera, ha portato al Festival di Roma un work in progress dedicato al cineasta cinese Leone d'oro con Still Life


Walter Salles & Jia Zhangke, un’accoppiata davvero singolare che il Festival di Roma ha portato sotto i riflettori. Al cineasta brasiliano Orso d’oro a Berlino con Central do Brasil nel 1998, è andato infatti il Premio alla carriera come “personalità più completa e complessa del movimento del cinema globale”. E lui, per ringraziare, ha portato a Roma un work in progress Jia Zhangke, un gars de Fenyang che proprio allo straordinario talento cinese, autore di film come Platform e Still Life (Leone d’oro a Venezia nel 2006), è dedicato. Un documentario che è anche un omaggio a un cinema che sa muoversi da una provincia sperduta (in questo caso la regione di Fenyang nel Nord della Cina) per diventare universale. “Jia Zhangke ci ricorda che il cinema è ancora il luogo che può aiutarci a comprendere meglio il mondo che ci circonda”, dice Salles. Che nel ricevere il Premio alla carriera dalle mani del collega cinese ha parlato dell’Italia come fonte di ispirazione del suo lavoro. “Antonioni ha dato la scintilla alla mia passione per il cinema che poi ho alimentato con tanti altri capolavori di autori italiani, come I pugni in tasca, Ladri di biciclette, il documentario di Pasolini Sopralluoghi in Palestina, i film di Rossellini’, C’eravamo tanto amati, Caro diario“.

L’autore de I diari della motocicletta, attualmente al lavoro come produttore esecutivo di due progetti (La patota di Santiago Mitre e Celestina di José Rivera, che sarà interpretato da Bill Pullman), ha ringraziato Marco Mueller per aver accolto qui a Roma la prima versione di un lavoro che sarà poi, in forma definitiva alla prossima Mostra di San Paolo del Brasile. “Proprio lì ho incontrato per la prima volta Jia Zhangke di persona nel 2007, dopo averlo incrociato nel ’98 – ha spiegato Salles – e Jia mi ha detto che Antonioni gli ha insegnato il senso dello spazio, Bresson il senso del tempo e Hou Hsiao Hsien l’importanza di includere nel cinema la vita di tutti i giorni e ritrarre i ‘non detentori del potere’. Per me Jia è tra i più importanti cineasti contemporanei”. Proprio la vita di tutti i giorni e l’osservazione delle persone comuni sono la materia prima della ricerca dell’artista cinese che usa la macchina da presa anche per conservare la memoria del territorio e dei luoghi, in sempre più rapida trasformazione nella Cina contemporanea, dove si sa cosa si demolisce ma non si sa ancora cos’è il nuovo, come si vede in opere come Still Life o in 24 City. “Nell’ultima scena di Still Life – dice ancora Salles – un uomo cammina su una corda tra due edifici in demolizione. L’uomo in equilibrio instabile, in continua relazione con qualcosa di più grande di lui, è forse il punto comune dei personaggi dei suoi film. E’ in momenti come questo che ci rendiamo conto che i suoi film sono fatti di una materia che trascende una specifica geografia fisica o umana. I suoi personaggi provengono dalla regione dello Shanxi, ma le problematiche esistenziali dei suoi film non hanno frontiere e riguardano tutti noi”. 

Con una forte impronta documentaristica. Il regista brasiliano, che nel 2012 ha portato sullo schermo il romanzo generazionale per eccellenza, On the road di Kerouac, si considera un documentarista che fa film di finzione. E questo è un altro punto in comune con Jia Zhangke. “Il cinema – ha spiegato il brasiliano – è quello che nel passato ci ha permesso di capire che il mondo era più articolato di quanto ritenessimo. Oggi non è più così, per informarsi ci sono internet, i social network, ma i film di Jia Zhangke hanno il merito di aver riportato il cinema al centro del dibattito e questo ne fa il più importante cineasta contemporaneo”. A lungo nel mirino della censura, che ha proibito i suoi primi film, nel documentario Jia Zhangke racconta di come questo aspetto sia stato azzerato dalla tecnologia: “Quelle pellicole bandite dalle sale cinematografiche venivano viste da moltissimi spettatori in internet o in copie pirata e anche i critici potevano scriverne. A quel punto la censura non aveva più senso”. 

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20 Ottobre 2014

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