Il più ambito è il monopattino elettrico offerto (ma solo in prestito quotidiano) allo stand delle reti tematiche di Cinecinemas, piattaforma D+. Sono 20 i gadget blu-rosso e c’è la fila per salirci. Pare che i figli dei critici vadano pazzi per “surfare” sull’asfalto della Mostra, e magari mettere sotto qualche divo. O almeno uno dei 325 press-agent sciamanti e spesso parlanti a più cellulari.
Ma anche i vigili urbani del Lido – impiegati zelanti – inseguono questo mono-gadget-pattino perché l’indiziato “seria fori lege”, anzi fuori codice della strada. La vertenza con tanto di agguati, petizioni e di grottesco, resta in moto. Intanto, le bici a motore, sempre targate Cinecinemas, sono consentite ma riservate a pochi vip. E per pochissimi (ormai) è aperta la caccia al prezioso plasticato trasparente (erotico ? Erotico) collare portacellulare antiscippo con tanto di gancio per porvi varie tessere accrediti, gadget che, non per dire, ma è Italia Cinema a offrire. Insomma, gadget, “what’s that”? Un regalo, un simbolo dell’oggettistica gratuita, una pubblicità cineglobalizzante, un modo per distrarsi un attimo dalla febbre del circo in Mostra e sentirsi meno stressati (e più bambini). Da un decennio in qua la borsa-gadget s’è impennata e poi è scesa, ora è stazionaria, ma distribuzioni ed enti s’inventano di tutto per mettere in evidenza il nome, un titolo, un logo.
E non piovono più solo magliette cappellini zainetti (a proposito, quello in omaggio nelle caselle stampa quest’anno è carino, leggero, resistente, lo offre il primo partner della Biennale Tele+, ma segnaliamo alle autorità competenti un difetto di fabbrica, cioè il bordo di cucitura che s’impiglia sempre nella lampo… ecco s’è rotto), ma anche, con questo clima pazzo, gli ombrellini della Scuola Nazionale di Cinema e quelli andati a ruba dell’inesauribile bazar di Cinecinemas.
E ieri l’altro assalto ai giubbotti con felpina incorporata sempre dallo stesso stand, ove ogni pomeriggio si offrono magliette. Un tempo erano le majors Usa a regalare molto, ora centellinano persino le interviste. Oh Columbia, oh Warner Bros, oh Fox, gadgettate “again”! Ma segnialiamo la Key Films che regala una graziosa borsetta blu da matrimonio, in stile Panjah indiano, con la scritta “Moonson wedding”, nonché l’indispensabile maglietta Stream (cappellino too, of course) con fotogrammi stampati a latere, e l’essenziale t-shirt di Studio Universal quanto le ambite penna e felpa della 01Distribution (neonata di casa Raicinema).
E capitolo nuovo, i cordoncini per appendere accrediti e pass vari, i ragazzini scorazzano alla ricerca di quelli di Stream, Cinecinemas (e basta!), 01Distribution. Ma a me piace assai (forse perché non ce l’ho?) la maglietta nera con scritta “L’uomo in più”, quello che tutti sogniamo di essere, almeno fuori dalla Mostra. E dal cinema. Post scriptum. Chissà perché quando c’è un cocktail o una degustazione delle varie Film Commission regionali agguerritissime (e vai con mozzarella, parmigiano e Barbera, il vino non il direttore Alberto Barbera) molti accreditati e portoghesi smettono di essere impegnati e diventano impregnati di olio e pomodoro, in rissosa fila.
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