Se non mi domando chi eravamo, io non mi ricordo chi siamo. Parola di Mina e Blanco. L’ultimo brano che incrocia uno dei volti giovani della musica italiana all’ormai intramontabile classicità della cantante appare citazione obbligata per introdurre la mostra in programma al Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 22 aprile al 27 agosto 2023. A proporre l’accostamento è infatti il suo curatore, Francesco Vezzoli, tra gli artisti italiani più affermati a livello internazionale, che non ha di certo paura di intrecciare cultura classica e pop, eternità e presente, futuro e passato.
VITA DULCIS, questo il titolo della mostra presentata oggi alla stampa, si pone nel mezzo di estremi temporali ed estetici. Da una parte l’arte statuaria romana, simbolo di una città eretta sul marmo bianco di una civiltà d’inesauribile incanto, dall’altra il cinema di ogni tempo. Nel mezzo, il tentativo, ardito e mirabolante, di trovare fili che intreccino espressioni artistiche ed epoche distanti. Il titolo scelto è infatti una latinizzazione de La dolce vita, riassunto efficace e immediato dell’agilità con cui VITA DULCIS cerca di attraversare arte e tempo.
Il risultato è solo in un primo momento dissonante; sensazione di sorpresa che lascia presto il passo a una mescolanza di idee e associazioni non solo percorribile, ma d’improvviso obbligata e decisamente sensata. Le immagini di Alberto Sordi nei panni dell’imperatore romano dal film Mio figlio Nerone (1956) di Steno scorrono libere d’innanzi a una scultura di Costanzo II datata IV secolo d.C. Il groviglio di richiami viaggia in due direzioni. Sordi appare un busto di marmo lunense animato, come per magia, ma non è da meno il busto romano, d’improvviso calco di un attore di un’altra epoca. Passato e futuro si attraversano a vicenda e formulano un presente nuovo, vivificato dal lavoro di Francesco Vezzoli e Stéphane Verger (presidente del museo Nazionale Romano).
Il lavoro di Vezzoli abita da tempo queste riflessioni. La sua pratica mira a riavvolgere le icone antiche con linguaggi diversificati, in un gioco di mescolanze che riaccende la solennità del passato. VITA DULCIS è così l’intersezione di diversi livelli: arte contemporanea, storia romana, con opere provenienti dalle sedi del Museo Nazionale Romano, e ciò che il cinema ha immaginato negli anni di quell’epoca persa eppure ancora viva.
La nuova narrativa proposta da VITA DULCIS si sviluppa in 7 sale tematiche, abitate da proiezioni e reperti archeologici mai esposti al pubblico prima d’ora. Ogni spazio si sofferma su un aspetto peculiare della storia dell’Impero Romano, anteponendo suggestione e fantasia alla ricostruzione scientifica, in un gioco dentro e fuori l’Accademia che interroga il visitatore. Tra i film proiettati, Cabiria, capolavoro kolossal del 1924, ma anche Staryricon di Fellini, Il gladiatore di Scott, Sebastiene di Derek Jarman e molti altri titoli senza tempo.
Immagini e sculture, suoni e luci. A illuminare l’intreccio di arti ed epoche è stato infatti chiamato un nome di spicco del cinema italiano, Luca Bigazzi, celebre direttore della fotografia dietro a classici contemporanei della settima arte, come La grande bellezza o The Young Pope di Paolo Sorrentino. L’allestimento, che aggiunge un approccio teatrale a quest’orchestra calpestabile di arti e fantasie, è opera di Filippo Bisagni, che ha lavorato a stretto contatto con Bigazzi per illuminare e mostrare senza rinunciare mai al rigore dell’esposizione.
L’ampio mosaico di icone, scene e ricostruzioni è introdotta dalla “rotonda” che ne articola le sale, un’opera posta al centro dello spazio principale ed ereditata dal progetto “24hours Museum”, sempre curato e prodotto da Vezzoli nel 2012 in collaborazione con Prada nello storico Palais d’Iéna a Parigi. Sei grandi opere luminose che reinterpretano dive contemporanee e divinità antiche, brillando di una nuova luca e guidando il visitatore all’interno di VITA DULCIS.
La mostra è promossa dal Ministero della Cultura, Roma Culture, Azienda Speciale Palaexpo e Museo Nazionale Romano.
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