“…le ossa rotte e una confusione che mi ha destabilizzato”, così Carlo Verdone descrive – in voce fuori campo – l’idea della discesa in politica, per fare il sindaco di Roma; ma adesso ritorna il suo bisogno personale, quello di fare quel sospirato, film tanto personale, “autoriale”, al di là del popolare, del commerciale, e così – racconta – “ho ripreso in mano un libro di racconti che avevo iniziato a scrivere e l’ho terminato in tre mesi. Ho sentito quasi un’euforia che mi ha spinto a sceneggiare quello che dei racconti ritenevo più significativo; è quello il film che voglio fare e questa volta – lo giuro! – non accetterò troppe ingerenze da parte di nessuno. Di nessuno…”.
Vita da Carlo – Seconda Stagione, su Paramount+ dal 15 settembre, in 10 puntate, comincia proprio da qui, con questo desiderio, questa intenzione, questa determinazione ma… “far meglio della Prima Stagione era impresa pericolosa – afferma Carlo Verdone presentando la serie -, però ci eravamo messi in testa di strutturare in maniera più solida, con colpi di scena in grado di spiazzare il pubblico; c’è un tono autobiografico più forte: qui sono io che voglio fare il mio… film d’autore, tratto da un mio… racconto. Contemporaneamente c’è una serie di personaggi con una storia loro privata…”
… e c’è anche dell’amarcord in questa Seconda Stagione, “nostalgia e affetto” le definisce lo stesso Verdone in scena, a partire dalla presenza del Fabris (Fabio Traversa) di Compagni di Scuola; ma c’è anche il futuro prossimo, incarnato da Sofia (Stefania Rocca), scrittrice di libri per bambini: il primo incontro proprio durante un firmacopie del suddetto libro… – che poi, riferendosi alla realtà, è La carezza della memoria – che a furia di firmare, guarda caso, poteva non farlo sorprendere da un crampo alla mano?
E, sempre parlando di novità, ecco anche Sangiovanni, nella parte di se stesso ma chiamato per fare la parte di Carlo (“…un cantante, di 19 anni, e non è manco de’ Roma, è di Vicenza…”) , che il produttore Cantalupo (Stefano Ambrogi) gli propone per il prossimo film, con protagonista femminile Ludovica Martino.
Sangiovanni racconta: “nella serie sono me stesso con tanti lati di me portati all’esagerazione. Mi sono adattato a un altro pianeta e mi sono sentito accolto. Spero questo sia l’inizio di un qualcosa: certo, iniziare con una leggenda… Trovo sia una serie molto moderna, divertente e capace di far riflettere, e universale”. E anche Ludovica Martino dice: “io interpreto me stessa, ma il personaggio non mi assomiglia: è perfida, cattivella, per divertirmi dovevo entrare in quella stronzaggine; mettendo anche i piedi in testa a Carlo. Una mina vagante che distrugge”. Mentre Stefania Rocca confida: “Carlo mi ha questo effetto: lo incontro e mi crea entusiasmo, così sono felice di aver interpretato Sofia perché questa emozione l’ho buttata in un personaggio”.
Verdone, poi, parla del suo personale personaggio come “in bilico tra entusiasmo e sconfitta, con una vita in affanno, come è la mia, che è una vita con tante gioie ma anche tante tante fatiche, ma se non le avessi avute significherebbe non aver lasciato il segno”, poi continua commentando alcuni degli altri compagni di scena: “Sangiovanni è stata una sorpresa: inizialmente ero dubbioso, avevo paura, ‘sarà in grado?’, dico anche nella serie. Sangiovanni ha preso le misure la prima settimana di set e poi s’è adeguato, mettendo in campo se stesso con malinconie e stranezze, ma era vero. Per Fabio Traversa ho voluto scrivere un bel ruolo, quasi per risarcirlo da quello del film: lui l’ha svolto nel migliore dei modi. Dalla 5/6 puntata, la serie ha una sferzata anche grazie alla dinamica tra me e lui: inizia la sua vendetta”. Pensiero a cui Traversa ribatte dicendosi “profondamente grato a Carlo anche per questo rilancio artistico. Un suggerimento: lui potrebbe essere un ottimo allenatore della Roma, per la capacità di motivare e ottenere il meglio, sempre”.
Poi, sul politicamente (s)corretto presente nella serie e il tanto evocato film d’autore, Verdone continua dicendo: “si arriva a estremismi ridicoli come la Cancel Culture o che la Divina Commedia e il David sono pornografici. È proprio una moda americana, che viene dal Paese per eccellenza dell’industria del porno. Stiamo veramente esagerando, ci stiamo coprendo di ridicolo: sono assolutamente antirazzista ma su molte altre cose non sono d’accordo. Un giorno sì e un giorno no, in scrittura della serie, ci fermavamo smadonnando perché ‘questo sì’ e ‘questo no’; mentre credo che Un sacco bello, Al lupo al lupo, Compagni di scuola siano d’autore, ma mi manca il film in cui faccio il regista senza una storia comica: mi manca il cinema, moltissimo! Però, prima o poi lo farò… e vorrei fosse tratto da un piccolo romanzo che scriverò, ci proverò”, riflessione che dà il là ad un commento sullo stato di salute del cinema italiano: “riflettiamo: vogliono altri attori? Vogliono che si azzardi? E’ un grande punto interrogativo. Mi impensieriscono i risultati, vedo sempre Barbie e Oppenheimer in testa, ma il resto fatica molto. Bisogna cambiare la scrittura, avere un’ottica differente: sono certamente dispiaciuto, mi manca tantissimo il cinema, ma il cinema italiano adesso non riesce a invogliare il pubblico”.
Questione, quest’ultima, a cui aggiunge il suo punto di vista Aurelio De Laurentiis, con il figlio Luigi produttori della serie: “i film italiani sono molto brutti, molto mal scritti, c’è tanta poca umiltà. Durante la premiazione dei David ho sentito affermazioni stantie, come ‘il cinema non deve tener conto delle esigenze del pubblico’. Nei miei oltre 400 film prodotti il pubblico è stato il mio driver; per cosa fai il film, per il tuo piacere? Poi abbiamo avuto la ‘deformazione’ dei critici, così al signor Hitchcock non veniva perdonato di fare i suoi film. Kurosawa, Fellini e Kubrick sono stati tre Autori: anche Federico aveva bisogno di sopravvivere e accettava film che non sentiva suoi ma restando un Autore; il signor Vittorio De Sica, anche attore di film minori, ha però vinto quattro Oscar come regista. Ma quando ancora oggi guardi Matrimonio/Divorzio all’italiana dici: ‘cazzo che film!’. Non abbiamo il culto del cinema e non difendiamo il nostro cinema”. E poi, tornando alla serie, rispetto al passaggio da Prime (dove è stata messa in streaming la prima serie) a Paramount+, De Laurentiis spiega di aver fatto questa scelta “perché è uno Studio: Amazon voleva fare la seconda serie ma non era all’altezza della mise messa sul tavolo; un vero produttore fa contratti senza legarsi le mani col primo che arriva e s’aggiudica il progetto. Con Carlo c’è una collaborazione da 22 anni. Per colpa del Covid c’è stato un arresto totale del cinema che ci ha obbligati a mettere l’ultimo suo film su piattaforma. È ovvia la competizione con il mercato americano, per cui possono investire anche 30mln a puntata per una serie (Ted Lasso). È chiaro che la nostra Commedia abbia avuto un solco importante, tra dramma, sberleffo e risata e Carlo stesso è capace di giocare tra faceto e tristezza; questa serie è stato un rimettersi in gioco, anche se all’inizio era molto perplesso per 10 episodi, ma poi ha trovato una vis comica”.
Antonella Dominici (Paramount+) specifica che questa “è la nostra prima produzione Comedy. È stata una scelta internazionale avere Carlo Verdone come rappresentare della Commedia italiana”.
Mentre – tornando a Vita da Carlo – “a casa” ritroviamo Chicco (Antonio Bannò), la figlia Maddalena (Caterina De Angelis), la governante Annamaria (Maria Paiato) e un vicino di terrazzo appena approdato lì, l’ammiraglio in pensione (Augusto Zucchi), e ancora Sandra (Monica Guerritore), la ex moglie di Carlo e il loro figlio Giovanni (Filippo Contri); ma anche il grande amico Max Tortora nei panni di se stesso, e il suo ufficio stampa personale Rosa (Giada Benedetti). Insomma, “la famiglia” s’è riunita anche per questa Seconda Stagione, a cui s’aggiunge Christian De Sica, (anche nella vita) compagno al Liceo Nazareno e poi cognato. E con lui altre guest come Maria De Filippi, Claudia Gerini, Gabriele Muccino o Slatan Ibrahimovic.
È proprio Carlo Verdone – a cui viene fatta notare una ritrovata felicità creativa – a non nascondere che la terza stagione “l’abbiamo cominciata a scrivere a maggio/giugno; è pronta la sceneggiatura, a novembre cominciamo a girare”, ammettendo che “girare una serie è molto più faticoso che girare un film, preghi Dio di arrivare alla fine perché devi correre, ma hai il vantaggio che quando scrivi hai un campo enorme, non hai le costrizioni di un film. La serie ti consente di dilatare tutto: è difficile portare avanti la catena di montaggio delle puntate, ma la serie ti consente di renderti più facile il tutto. La serie è stremante ma sono molto contento” e “penso al ritorno al cinema dopo le serie, ce l’abbiamo anche per contratto! Speriamo in quel momento il cinema abbia ridato un po’ di fiducia agli spettatori”.
Un impegno faticoso quello della serie, per cui Verdone – alla regia – s’è fatto affiancare da Valerio Vestoso, che racconta: “maneggiare un talento come Carlo, oltre alla troupe pazzesca, è stata la possibilità di conoscere Carlo umanamente. Quando impatti con un universo così conosciuto cosa fai? Imiti o tenti qualcosa di nuovo? ‘Buttiamoci’, mi sono detto, e ho trovato un’apertura che mi ha permesso di coccolare l’universo di Carlo portando qualcosa di mio, suscitato dalla sceneggiatura, senza cui non si riuscirebbe a tenere il ritmo e coinvolgere gli spettatori”.
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