‘Videodrome’, l’Arancia meccanica degli anni ’80

Anni '80. Che decennio! Madre di tutte le nostalgie, icona del vintage e del desiderio di felice ritorno al passato. Una delle parole più comunemente associate alla cultura pop degli anni '80 è "plastica", e per molto tempo questa definizione si è estesa anche al cinema


Anni Ottanta.  Che decennio!

Madre di tutte le nostalgie, icona del vintage e del desiderio di felice ritorno al passato.

Una delle parole più comunemente associate alla cultura pop degli anni ’80 è “plastica”, e per molto tempo questa definizione si è estesa anche al cinema. E non in senso positivo. Plastica intesa come fake, falsa, di scarsa qualità.

LA ZONA MORTA DELL’EVOLUZIONE FILMICA

Per molto tempo gli ‘80 sono stati considerati, infatti, una sorta di zona morta nella linea cronologica dell’evoluzione di quest’arte: incastrata tra gli anni ’70 della New Hollywood capace di introdurre un nuovo livello di realismo e di autenticità nel mainstream hollywoodiano e gli anni ’90 della rivoluzione indipendente.

Il decennio “plasticoso” era visto come un’apnea, uno schiarirsi la gola tra una parola significativa e un’altra. Un tipo di cinema affollato di adolescenti con gli ormoni a palla, robot assassini, extraterrestri che per caso o per scelta si ritrovavano sul nostro pianeta, tori scatenati e guerrieri della strada, squadre di poliziotti e poliziotte e palate di visioni distopiche del futuro.

80 VOGLIA DI CINEMA

Oggi, però, il punto di vista sui fab eighties è radicalmente cambiato e si è arrivati alla considerazione generale che non è stato affatto il decennio perduto come si è sostenuto a lungo.

Generi come la fantascienza e l’horror hanno raggiunto allora nuove vette, per esempio. I documentari sono diventati formalmente innovativi, socialmente perspicaci e più popolari che mai. Diversi registi importanti del decennio precedente hanno portato il loro stile e le loro idee fresche negli anni ’80: una trasfusione di sangue giovane nelle vene del cinema che ha condotto a opere rivoluzionarie accanto a debutti audaci.

Tra questi cineasti che hanno sperimentato nei ’70 e sono esplosi creativamente negli anni seguenti, c’è sicuramente il canadese David Cronenberg.

Ed è con lui e il suo film più cult che inauguriamo una nuova rubrica dal titolo 80VOGLIADICINEMA, ovvero una carrellata attraverso i film non necessariamente più importanti e conosciuti, quando una esplorazione e delle opere più significative e di culto dell’epoca.

VIDEODROME: L’ARANCIA MECCANICA DEGLI ‘80

L’esordio di Cronenberg negli ‘80 coincide col successo dirompente di Scanners (1981): ultraviolenza fantascientifica che conquista pubblico e critica.

Il film che gli succede è Videodrome che uscì in sordina nel 1983: poco spinto dai distributori innervositi dalle sue immagini trasgressive e dal suo approccio di genere troppo ibrido. Come etichettare una storia che si andava a inserire nello spazio tra l’apocalisse distopica e il body horror con riferimenti alla pornografia e al thriller allucinatorio?

Alla sua uscita, e ancora oggi onestamente: un film molto complicato da classificare.

Ci pensò Andy Warhol a definirlo. Per lui fu “L’arancia meccanica degli anni ’80”.

Videodrome è il primo di una trilogia non ufficiale che prosegue con eXistenZ (1999) e termina con l’ultimo Crimini del futuro (2022), storia che condensa un concetto chiave essenziale: decenni di progressi tecnologici sfrenati, sregolati e sconsiderati hanno iniziato a far evolvere, a mutare, gli esseri umani a livello biologico.

Cronenberg aveva capito tutto agli albori dell’home video: come la programmazione à la carte si sarebbe rivolta a comunità di nicchia e le avrebbe incoraggiate; come i prodotti video di largo consumo avrebbero alterato in modo permanente i contenuti; come la pornografia fosse una dipendenza progressiva.

UNA TRAMA D’INCUBO

Ambientato a Toronto nei primi anni ’80, il film è incentrato su Max Renn (uno straordinario James Woods), – l’amministratore delegato viscido e amorale di una piccola emittente di contenuti pornografici che trasmette nella TV via cavo. Quando intercetta uno show chiamato “Videodrome”, caratterizzato da violenza estrema e torture, prima individua la fonte del segnale e poi s’imbarca in un’estenuante ricerca per ottenere i diritti per trasmetterlo. Finisce per perdere il contatto con la realtà facendosi assorbire in una serie di allucinazioni sempre più bizzarre e violente che disegnano i confini di un incubo da cui sembra impossibile uscire.

Non si tratta di un’opera che lavora di fino (un personaggio chiave si chiama Professor O’Blivion) ma ha un’efficacia devastante. Richiama tutto il sudato nichilismo e gli scenari più nefasti dell’epoca e li spalma sullo schermo per un’ora e mezza di implacabile cupezza.

“Viviamo in tempi con troppi stimoli”, spiega Nicki Brand (Debbie Harry) all’inizio del film cult. “Vogliamo sempre di più”. E un amico di Renn dice a un certo punto: “Stiamo entrando in tempi nuovi e selvaggi”.

Due slogan perfetti anche per questo nostro presente turbolento e in chiara crisi d’identità. Cronenberg mostra con Videodrome non solo una sintonia perfetta con la realtà che viveva negli anni ’80, bensì anche sorprendenti doti profetiche.

7  CURIOSITÀ LAMPO

  • Sono stati girati tre finali diversi. Il finale utilizzato nel film è un’idea di James Woods.
  • La maggior parte del trailer è stata creata con un computer Commodore 64.
  • Il personaggio di Brian O’Blivion è basato sul grande massmediologo Marshall McLuhan che fu docente di David Cronenberg all’università.
  • Il film fu un enorme fallimento al botteghino quando uscì nelle sale.
  • È stato incluso tra i 1.001 film da vedere prima di morire.
  • Il film ha ispirato il numero 15 di Dylan Dog: Canale 666

 

 

Manlio Castagna
28 Gennaio 2024

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