Verdone e Ferilli: “Il nostro caos nel set rigoroso di Paolo”


CANNES – Si sente tutta l’emozione della prima volta nelle voci di Carlo Verdone e Sabrina Ferilli, che calcano la Croisette grazie a La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Le due icone della romanità e la folta compagnia che compone il cast del sesto film del regista partenopeo (oltre a Toni Servillo ci sono Anita Kravos, Galatea Ranzi, Pamela Villoresi, Iaia Forte, Roberto Herlitzka) non nascondono la consapevolezza della solennità del momento, e tornano volentieri ai ricordi del set. “Rigoroso e disciplinato”, come l’ha definito Verdone. “Era l’opposto dei miei – racconta divertito – io quando giro faccio casino, faccio le imitazioni, esagero. Sul set di Paolo invece si respirava rigore e silenzio, incuteva paura. Io non ho resistito e qualche volta ho fatto le vocette, insomma facevo lo scemo. Le prime volte Paolo mi ha fulminato con lo sguardo, poi dopo un po’ ha sorriso”.

 

L’attore-regista della romanità ha raccontato i primi momenti sotto la guida del regista di Le conseguenze dell’amore: “Paolo mi ha messo in crisi: il primo giorno dovevo fare il monologo teatrale, me l’ero preparato, ma Paolo non era soddisfatto… voleva un tocco di leggera ironia”. Poi ci ha tenuto a precisare che “questa non è La dolce vita, ma un mosaico ristretto a un ambiente, che individua umori, solitudini, voglia di misticismo, follia. Qualcuno mi ha chiesto se esistono davvero queste feste: certo che sì, rispondo, anzi se volete vi faccio vedere le foto e vi dimostro che c’eravate anche voi”.

Grato per l’occasione di girare il suo primo film drammatico, Verdone è riconoscente anche per la rappresentazione della sua Roma, “che risplende di una storia passata e vede passare masse erranti senza una mèta, sbandate e sole, che parlano, parlano, parlano ma non dicono niente”. Qualcuno gli ricorda che in sala, stasera, ci sarà anche Steven Spielberg. Lui non fa in tempo a rispondere che subito la sua collega Ferilli commenta: “Ecco, mò gli avete messo st’ansia…”.

 

Lei, che ha convinto e sorpreso con la sua interpretazione della lap dancer non più nel fiore degli anni, spiega che Sorrentino le ha descritto il suo personaggio come “una maggiorata degli anni ’60. Una donna che ha un impatto solare ma si porta dentro un dolore e un segreto”. Ammira il regista che l’ha portata a Cannes ed è orgogliosa de La grande bellezza. “Chi ama il cinema non può non amare questo film, che lo rappresenta per grandezza e anarchia. Non credo parli solo di Roma ma anche della bellezza della vita, che quando è così bella rischia di essere anche vuota”. Lei rivendica di non essere mai stata a questo genere di feste, ma, dice, “questa fauna mascherata, colorata, folkloristica, ma non offensiva e volgare c’è sempre stata, solo che oggi si vede di più”.

 

A Galatea Ranzi, invece, Sorrentino ha affidato una delle scene riconosciute da molti come la più bella del film, ovvero quella in cui Servillo/Gambardella smonta il castello di carte con cui si è costruita l’immagine di intellettuale di sinistra, impegnata e femminista. “Paolo mi ha scelta con un provino su parte, e credo si sia convinto quando gli ho detto che ero romana. Poi per spiegarmi il ruolo mi ha dato due riferimenti: uno è il personaggio di un film, una è una persona reale”. Ma nel vorticoso susseguirsi di “chi è chi” che la stampa italiana intorno sta lanciando intorno a La grande bellezza, non c’è verso di strappare la conferma di un nome, anche se le ipotesi sono molte.

 

Infine, la parola definitiva su Jep Gambardella la dice proprio Toni Servillo: “Come disse Flaiano di Soldati, è l’unico in grado di vivere la sua autobiografia. Cioè agisce secondo un’idea del mondo piuttosto che cercare le parole, infatti ha un’impasse come scrittore”. 

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21 Maggio 2013

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