Venezia “inaugura” Roma nel segno del Drago


Il volto imbronciato di Pu Yi, l’imperatore bambino, il giovane drago dei 10.000 anni, è diventato il simbolo della pace tra Roma e Venezia. O della non guerra. Per Goffredo Bettini, presidente della Festa, l’atteggiamento di amicizia e solidarietà con Venezia non è mai venuto meno. “Più si produce cultura, più aumenta la richiesta di cultura”, afferma. Per Davide Croff, presidente della Biennale, il segno tangibile della collaborazione è proprio il “regalo” di questa mostra, che attraverso i costumi di James Acheson fa rivivere un pezzo di storia della mitica lavorazione dell’ Ultimo imperatore: novemila sarti, diciannovemila comparse, la prima troupe occidentale ammessa nella Città Proibita di Pechino. Il capolavoro di Bertolucci, premiato con nove Oscar, ha appena compiuto vent’anni. Maurizio Scaparro, con la Biennale Teatro che dirige, ne ha voluto fare un punto di forza del Carnevale veneziano dedicato quest’anno alla Cina chiedendo alla celebre costumista Giulia Mafai di curare questa esposizione che ha trovato spazio prima nelle corderie dell’Arsenale ed ora nel parcheggio interno all’Auditorium di Renzo Piano che altri architetti hanno saputo trasformare in elegante luogo espositivo. Così dal nero profondo emergono abiti che sono davvero “costume”. Rappresentazione e simbolo, come tutto nella cultura cinese: perché i draghi, le montagne, le perle, le onde, le peonie, le nuvole rimandano ai valori millenari e alle qualità morali di un mondo che sembrava inamovibile.

Bettini, che si muove tra un allestimento e l’altro in questa vigilia di Festa, si sente un po’ al primo giorno di scuola. Croff ne approfitta per lanciargli una battuta: “Voi siete in prima elementare, noi a Venezia frequentiamo ormai le superiori, con 63 edizioni alle spalle, ma l’emozione del primo giorno resta. Perciò vi facciamo gli auguri”. Ai discorsi di rito si unisce il romano di Trastevere Maurizio Scaparro per lodare Roma e Venezia, “due città inimitabili” dove ama vivere e lavorare. Croff, anche fuori dall’ufficialità, ribadisce la possibilità di coesistenza, magari con date un po’ meno ravvicinate. Il mercato, ammette, potrebbe essere un punto delicato. “Un mercato ha senso se legato a un festival e noi continueremo a lavorare perché Venezia possa sviluppare il suo. Ma occorrono, come abbiamo detto tante volte, le infrastrutture necessarie. Senza un luogo fisico, dal Foro Boario in avanti, un mercato non si fa”. I veneziani giurano che, almeno per ora, non si sentono in affanno. Roma non ci ha sottratto titoli, dicono. Il senatore Bettini ribadisce: “Qui alla Festa non si vedono solo film; ci saranno mostre, eventi, dibattiti, incontri”. “Il programma è bellissimo, con spiccate caratteristiche popolari, ma anche di qualità – ha detto in un’intervista apparsa sul Giornale – anche sul versante delle strutture mi sento tranquillo. Le sale sono state sistemate sul piano acustico, il Villaggio davanti all’Auditorium è lineare con servizi efficaci e cibo fino alle 2 di notte”. Né lo preoccupa il fatto che 10 dei 16 titoli in concorso siano già passati in altri festival, ”Ci sono alcune prime mondiali trovate con lavoro certosino, prime nazionali importanti, la rassegna Extra con inediti. Se alcuni film sono passati a Toronto la cosa sta dentro i nostri regolamenti, il problema riguarda il cinque per cento dei critici. Forse meno”.

Intanto il primo evento della Festa si è già consumato. Ma quando tutti se ne sono andati, verso l’inaugurazione della Mostra dedicata a Luchino Visconti, arriva inatteso Bernardo Bertolucci. Sulla sedia a rotelle, accompagnato dalla sua assistente, il regista ha voluto congratularsi con Giulia Mafai senza essere visto. “Brava! Sei riuscita a mantenere l’atmosfera della vecchia Cina”, le ha detto.

La mostra “L’Ultimo Imperatore” resterà aperta fino al 22 ottobre nello Spazio espositivo 2 dell’Auditorium, dalle 9 alle 21.

autore
12 Ottobre 2006

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