Vendetta o giustizia sui cartelli della droga? Il dilemma in ‘Sicario’

Arriva in sala il 24 settembre con 01 il film di Denis Villeneuve con Benicio Del Toro, Emily Blunt e Josh Brolin


CANNES – Un po’ come Traffic, si ambienta tra Stati Uniti e Messico Sicario, il thriller poliziesco di Denis Villeneuve presentato in concorso che – proprio come la storica pellicola di Soderbergh – vede Benicio Del Toro tra i protagonisti, a fianco di una incisiva Emily Blunt. Lei è una agente dell’FBI che viene ingaggiata da una task force con a capo Del Toro e Josh Brolin per sgominare un pericoloso magnate della droga. Ma suo malgrado dovrà fare i conti con le mille sfumature di una battaglia che si svolge tanto sul piano strategico quanto su quello etico e morale. Il termine ‘sicario’ – spiega un cartello all’inizio del film – deriva dal latino sica, che indica un pugnale appuntito e curvo. Sicarii era anche il nome attribuito dagli antichi romani a una fazione estremista del partito ebraico degli Zeloti che ricorrevano sistematicamente all’omicidio terroristico come principale strategia politica, a cui coincide il termine omografo (nelle lingue mediorientali) di “Iscariota” utilizzato nei Vangeli. Il tradimento è uno dei temi del film così come la vendetta. Nonostante un notevole incipit – con scene di violenza di rara crudezza, tanta suspance e un ritmo serrato – la pellicola ha diviso la critica suscitando soltanto tiepidi applausi in proiezione stampa, forse per l’orientamento ambiguo di alcuni personaggi. Il fine giustifica i mezzi?

“Il film cerca domande più che risposte – spiega poi Villeneuve in conferenza – viviamo in un’epoca dove le ‘zone grigie’ la fanno da padrone. Proprio questo mi ha affascinato e letteralmente dello script. Quando il mio agente me lo ha proposto ho capito che era esattamente quello che stavo cercando. Desideravo proprio concentrarmi sulla zona tra USA e Messico”.

“Penso che ci siano molte donne forti lì fuori – dice Emily Blunt del suo personaggio –  e non è solo una questione di tirar fuori la pistola. Il mio personaggio è in realtà debole e vulnerabile, si trova con gente sconosciuta in un ruolo sconosciuto e non penso di averla resa come un personaggio mascolino. Cerca fondamentalmente di sopravvivere. Ho parlato con diverse agenti dell’FBI e sono donne normalissime. Tornano a casa e guardano Gosford Park e Downton Abbey come tutte. Mi ha interessato entrare in parte e capire come essere una donna poliziotto possa influenzare la tua vita, il tuo matrimonio eccetera…”

“Mi sento fortunato per aver lavorato con Denis – dice Josh Brolin – inizialmente avevo rifiutato perché ero carico di lavoro, stupidamente. Ma poi sono tornato sui miei passi e ne sono contento. Il film già funzionava quando lo vedevamo negli schermi dei giornalieri e questo è buono perché di solito se non sei convinto di un film finisce veramente male. E’ lui a tirare fuori il meglio di te come attore e quindi alla fine mi prenderò un sacco di complimenti per cose che non ho nemmeno la minima idea di aver fatto”. “Si tratta di una ricerca della verità – dice Del Toro – e Denis è stato principalmente un grande motivatore. Sa ascoltare le ragioni degli attori e metterle tutte insieme. Personalmente ho girato molti film in quell’area e penso che quello che accade da quelle parti sia un problema di difficile soluzione. Per tornare alla domanda iniziale non penso che il film dica che il fine giustifica i mezzi. Forse lo fanno alcuni dei personaggi, tra cui il mio, ma non il film. Io personalmente la penso diversamente, credo che la giustizia debba stare dalle parti della legge e dell’ordine, ma ad esempio il personaggio di Emily ragiona come me. E infatti i due si confrontano in maniera molto violenta, con una scena impegnativa su cui abbiamo lavorato molto. Io mi sono fatto da parte per lasciare a Emily tutta l’emotività ed è stato fantastico stare lì a guardarla di persona mentre la tirava fuori”.

“Personalmente – chiude Villeneuve – penso sia il miglior film che ho fatto, non tanto per la qualità della pellicola in sé, ma perché è un esempio di tutto ciò che come regista voglio fare: mettere insieme le persone e tirar fuori il loro meglio. Se questo è avvenuto è il frutto delle discussioni che ho avuto con gli attori”.

Il film arriverà in Italia il 24 settembre distribuito da 01.

autore
19 Maggio 2015

Cannes 2015

Cannes 2015

Le Figaro riflette sulla delusione italiana a Cannes

Il quotidiano francese dedica un articolo al disappunto degli italiani per il mancato premio al festival: "Forse è mancata una lobby organizzata"

Cannes 2015

Italian Pavilion, dove il nostro cinema parlava (anche) straniero

"Dà l'idea di un Paese che funziona". "L'ulteriore dimostrazione che l'unione delle forze può veramente andare incontro alle esigenze di ogni categoria del cinema italiano".Sono solo alcuni dei commenti sul nuovo spazio del cinema italiano a Cannes, per la prima volta allestito nell'Hotel Majestic, con una terrazza che affacciava sulla Montée des Marches, due sale per le attività professionali e l'ormai famoso ingresso con il tunnel caleidoscopico. E' stato visitato da circa 3mila persone, di cui oltre il 50% stranieri. Sul finale, presente anche il ministro Franceschini."Tutto ciò è stato realizzato con una spesa leggermente superiore a quella che sostenevamo gli anni scorsi per avere il solo spazio sulla spiaggia nel Village International", spiega Giancarlo Di Gregorio

Cannes 2015

L’era Pierre Lescure al Festival di Cannes

Roberto Cicutto, amministratore delegato di Istituto Luce Cinecittà, commenta il contestato palmarès di questa edizione del festival. "Sulle decisioni delle giurie è inutile soffermarci. Si può condividerle o meno ma pretendere di sapere come dovrebbero comportarsi e' da ingenui. Dobbiamo essere soddisfatti che nell’edizione appena finita il cinema italiano e in generale l’industria audiovisiva si è presentata più compatta, con nuovi strumenti per la promozione e l’attrazione di investimenti e soprattutto con un’offerta di film pieni di talento e molto diversi tra loro. Vorrei però segnalare alcuni cambiamenti significativi nel DNA del Festival più importante del mondo"

Cannes 2015

I film italiani mai presi in considerazione per i premi

Rossy De Palma si lascia andare a qualche confidenza sul lavoro dei giurati: "Abbiamo pianto tutti con il film di Moretti, ma volevamo premiare la novità di linguaggio"


Ultimi aggiornamenti