Stefano, quarantenne precario e irrisolto, di lavoro fa l’osservatore di arcobaleni. Lui, che di suo padre non ha mai voluto sapere neanche il nome, deve lasciare il paesino del Piemonte in cui vive per correre a Roma. Improvvisamente si è ritrovato orfano e con un fratellastro tredicenne di cui non conosceva l’esistenza, Giovanni, rimasto solo al mondo. Accettandone la tutela, Stefano potrà beneficiare di un lascito a suo favore. Lui è dubbioso ma sua moglie ha un piano: prendere i soldi e lasciare il ragazzino in un collegio. Inizia così un viaggio attraverso un’Italia dimenticata dalle autostrade che, grazie all’incontro con la cantante Simona in tour con sua figlia, farà capire a entrambi che essere fratelli può essere una scoperta sorprendente, come un meraviglioso arcobaleno a due volte sovrapposte.
Esce in 250 copie con Vision Distribution, il 7 marzo, C’è tempo, primo film di fiction di Walter Veltroni, con Stefano Fresi, un’inedita Simona Molinari in veste di attrice – oltre che di cantante, ruolo che svolge come sempre in maniera egregia – accompagnati dai piccoli Giovanni Fuoco e Francesca Zezza e apparizioni speciali di Max Tortora, Anna Billò, Laura Ephrikian, Giovanni Benincasa e Jean-Pierre Léaud. Da segnalare anche la colonna sonora, comprendente oltre a un brano della stessa Molinari, un inedito di Lucio Dalla e uno de Lo Stato Sociale.
Proprio il giorno del compleanno di Dalla, oltre che a pochi giorni dalla ricorrenza della sua scomparsa, oltre che a ridosso delle Primarie del PD, si tiene la conferenza stampa del film, dove Veltroni preferisce però, comprensibilmente, parlare di cinema: “Sono coincidenze casuali. Sulle primarie penso che la democrazia diventi più forte quando le persone votano e partecipano, questo al di là della gioia di chi ha fondato quello specifico partito. La politica, o l’impegno civile se vogliamo, si svolge anche così e non solo ricoprendo ruoli istituzionali. Io non devo tornare, come Ringo e Ulisse, alla politica. Perché non me ne sono mai andato. Oggi ho paura dell’oscurità e della paura stessa, per questo ho fatto un film luminoso e aperto, dove anche la macchina è uno spazio aperto dove possa entrare più luce possibile. E’ un film di incontro con l’altro, ed è poi questo il senso della visione di un arcobaleno”.
“Stefano stesso – dice Fresi – è un arcobaleno. Solitario ma con la paura di restare da solo. Burbero ma affettuoso. Scientifico ma romantico. Ha mille colori che abbiamo voluto costruire con Walter. Si dice che alla fine dell’arcobaleno ci sia un tesoro e lui alla fine riesce a trovarlo”.
Dal film traspare naturalmente tutto l’amore di Veltroni per la settima arte e in particolare per il cinema italiano, soprattutto a partire dalle citazioni: Ce ne sono più di cinquanta sparse e indovinarle tutte può diventare un bel gioco – dice – da una padella vista ne La grande guerra all’elmo di Brancaleone alle crociate, passando per i nomi di alcuni personaggio che traggono ispirazione da Zavattini o altri grandi autori. Ho citato anche Ferreri, che trovo sia stato fin troppo dimenticato. Sono atti di gratitudine i miei, per persone il cui lavoro è stato importante sulla mia formazione. E non mancano le citazioni letterarie, dalla palla che resta in sospeso dopo un lancio, tratta da una poesia di Dylan Thomas, a scrittori per me importantissimi come Daniele Del Giudice e Clara Sereni. Credo che se c’è un pericolo in questo momento non è certo nell’eccesso di buoni sentimenti, casomai il contrario. Non ho paura che mi si accusi di questo, né, con il lavoro che ho fatto in passato, temevo di non saper dirigere una squadra. Certo non avevo la presunzione di conoscere alla perfezione il linguaggio del cinema, quindi mi sono affidato a una troupe fantastica e alle capacità di Stefano, ma anche di Giovanni. Alcune scene le hanno improvvisate e sono fantastiche. I bambini sono molto più forti e consapevoli di quanto gli adulti tendano a pensare”.
La sceneggiatura del film è stata scritta in collaborazione con Doriana Leondeff, mentre lo score è a cura di Danilo Rea. Alla pellicola è legato un simpatico aneddoto. Il protagonista, nostalgico degli anni ’80, chiede in gelateria un ‘Arcobaleno’, un tipo di sorbetto ormai fuori produzione. Fino a poco fa. Dopo essere stata contattata dal regista, infatti, la Algida – come viene annunciato proprio oggi in conferenza – lo ha rimesso in produzione, andando a ritrovare in un magazzino in macchinari originari per poterlo realizzare nuovamente.
Chiusura con il cameo di Jean-Pierre Léaud, l’attore preferito dal piccolo Giovanni: “Mi dicevano che era un carattere difficile – dice Veltroni – ma invece è stato una persona splendida. Eravamo noi a essere imbambolati al suo cospetto”.
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