Valeria Allievi: nel cuore della miniera

La regista presenta a Orizzonti il corto 'Quello che resta', ambientato nelle Miniere di Cogne


VENEZIA – Valeria Allievi, regista milanese ma valdostana d’adozione, presenta a Venezia,nella sezione “Orizzonti” il cortometraggio Quello che resta, ambientato nelle Miniere di Cogne: un ritratto silenzioso ed evocativo di una realtà produttiva ormai abbandonata, ma che ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo industriale del paese fino agli anni ’70.

Come è nato questo progetto e perché ha deciso di realizzare questo cortometraggio?

Sono rimasta affascinata da questa miniera di magnetite che si sviluppa in altezza all’interno di una montagna. La chiamano ‘la colonna’: è un luogo che ospitava i minatori a inizio 1.900. Non si limitavano a lavorarci, ci abitavano. Ci vivevano dentro circa 400 operai, ma nel 1979 la miniera è stata dismessa. Oggi ci lavorano soltanto due manutentori. Ha un look molto evocativo, sembra una prigione. Trovo affascinante il suo aspetto di archeologia industriale. Ho seguito i due manutentori per raccontare quel che resta del loro mestiere…

E cosa resta?
L’abbandono, il rischio della perdita di lavoro, gli impianti di ingegneria straordinaria costruiti a inizio ‘900 che verranno chiusi. Viene a mancare l’identità mineraria di questo luogo ormai riconvertito al turismo. Ma si tratta pur sempre di una realtà che ha dato da vivere a migliaia di famiglie.

Produttivamente parlando, con che fondi è stato realizzato il corto?
L’ho autoprodotto, in seguito, in fase di finalizzazione, mi ha dato una mano la Postoffice, una casa di produzione milanese. Il territorio poi ha sostenuto la fase iniziale del progetto, che era legato a un lavoro più ampio di natura istituzionale.

Ci sono molti documentari nella selezione di questa edizione della Mostra…
Spero che sia un buon segnale, il documentario narrativo sta prendendo piede, purtroppo ci sono anche molti documentaristi straordinari che non trovano la loro fetta di mercato. A livello di interlocuzione commerciale la realtà è piatta, non troviamo la giusta visibilità, ed è un peccato ora che documentario e film stanno convergendo l’uno nell’altro. Non saprei dire perché in Italia non riusciamo ancora a modificare questa situazione, ma ha a che fare probabilmente con la stessa tendenza che ci impedisce di sfruttare a dovere le meravigliose risorse del nostro territorio, dove spesso non sappiamo mettere le mani. Dobbiamo ripartire convincendoci noi per primi che il cambiamento sia possibile.

C’è anche un costante aumento della presenza femminile dietro la macchina da presa…
Ho trovato straordinario il film di Emma Dante, il suo linguaggio. Spesso in altre situazioni mi hanno detto: ‘se l’unica documentarista donna’. Mi chiedo se non sia ancora considerato un handicap. Eppure, mi sono infilata in una miniera. Non mi fraintenda, sono felice di essere qui insieme alle mie colleghe, ma mi piacerebbe che il fatto di essere donna e regista non debba essere considerato una cosa straordinaria, dovrebbe essere normale.

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05 Settembre 2013

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