Farà discutere, piangere, riaprirà ferite non ancora rimarginate, e forse, scatenerà anche qualche querela, la messa in onda, stasera e domani su Canale 5 alle 21, della Uno Bianca. Il film-tv, egregiamente e cinematograficamente diretto da Michele Soavi e ancora meglio interpretato da Kim Rossi Stuart, riporta sul piccolo schermo una bruttissima storia di cronaca nera del nostro paese: le sanguinolente vicende della banda di criminali, formata da poliziotti, che sconvolse con rapine (105) e omicidi (23) l’intera Emilia Romagna dal 1987 al 1994. Il film, che sta in bilico tra “fiction verità e film-indagine”, come lo definisce il regista, e lo “sceneggiato romanzato”, come lo chiama Roberto Pace di Mediatrade, è liberamente ispirato dal libro Baglioni e Costanza di Marco Melega (Editrice Mandragola). Baglioni e Costanza sono i due “poliziotti buoni” del Commissariato di Rimini che, indagando con ossessione, hanno fatto luce sulla vicenda e sgominato la banda. Il film si snoda dunque proprio raccontando i fatti dal punto di vista dei due investigatori-eroi.
“Fanno spettacolo utilizzando il nostro dolore, speculano sulle nostre lacrime”, manda a dire da Bologna Rosa Alessandri, che ha perso il marito Adolfino Alessandri nel giugno ’89 trucidato dalla banda. “Guarderò attentamente la fiction ma solo per far partire un marea di querele contro Mediaset”, minaccia la vedova. Si è presentata invece da “infiltrata” alla conferenza stampa di presentazione della miniserie, Annamaria Stefanini, mamma che ancora non si rassegna all’idea di aver perso nel 1991 il figlio Otello, carabiniere, proprio per mano della banda della Uno Bianca, a soli 22 anni. La signora contesta con le lacrime agli occhi che “la fiction è un po’ troppo addolcita, che i nomi veri dei criminali, i fratelli Savi, sono stati sostituiti con nomi di fantasia, per tutelare i figli dei criminali stessi”. “E ai figli nostri chi ci pensa? A noi chi ci aiuta? In questa prima parte del film ho visto solo due buoni poliziotti, ma mancano i riferimenti alle coperture della banda”.
“Ci siamo preoccupati, naturalmente, di non ledere e mettere in difficoltà le persone ancora coinvolte nella storia e siamo stati attenti a non citare nessuno”, spiega Pietro Valsecchi della Tao Film, che ha prodotto il film che costa 7 miliardi di lire ed è stato girato in dodici settimane e mezzo. Valsecchi si è dovuto barcamenare tra cause e pressioni: Eva Mikula (allora compagna di Fabio Savi) e gli avvocati dei Savi hanno tentato di bloccare la pellicola. “Quello che mi interessava raccontare è una vera storia di detection, di due che non sono nessuno. Nelle scene d’azione non mi piace raccontare solo l’azione fisica, ma l’azione emotiva che viene suscitata nel pubblico nel vedere quella o quell’altra scena. Ad esempio, raccontando una rapina, che già di per sé implica un’azione, ho cercato di rappresentarla in modo emotivo, vista soprattutto da chi la subisce senza togliere la spettacolarità”, spiega il regista Michele Soavi.
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