Momento forte del festival, la conferenza stampa di United 93, il film di Paul Greengrass sull’11 settembre che ha già sconvolto il pubblico americano e che Cannes propone fuori concorso. Il regista britannico, celebre per Bloody Sunday, ha emozionato con la sua ricostruzione del giorno più lungo dell’America, mentre Khalid Abdalla, che interpreta il difficile ruolo del capo dei dirottatori, ha spiegato, quasi in lacrime: “All’inizio ero restìo ad accettare questa parte, perché temevo gli stereotipi, poi ho capito che i 19 terroristi, in quel giorno di settembre, avevano dirottato milioni di musulmani come me e che bisognava ristabilire la giusta rotta”.
Il volo United Airlines 93 Newark-San Francisco fu dirottato, com’è noto, insieme ad altri tre (due si sarebbero infranti sul World Trade Center mietendo migliaia di vittime) e si schiantò in Pennsylvania per l’ammutinamento dei passeggeri contro i quattro terroristi che avevano conquistato la cabina di pilotaggio, ucciso i due piloti, sgozzato un passeggero, e che facevano rotta sulla Casa Bianca.
In controtendenza rispetto al cinema hollywoodiano, Greengrass sceglie una prospettiva obliqua (non l’episodio centrale ma quello meno eclatante) per restituire minuto per minuto la giornata che cambiò le sorti del pianeta e, di sicuro, la percezione che l’America ha di se stessa. Ma il suo film vuole anche essere un requiem per le ignare vittime che spesso – dettaglio agghiacciante – riuscirono a telefonare a casa, a parlare per l’ultima volta con le persone più care.
Il cineasta dunque ha raccolto tutti i documenti disponibili per far luce su una dinamica dei fatti rimasta in parte oscura dal momento che nessuno è sopravvissuto allo schianto. Ha chiesto alle famiglie dei 40 tra passeggeri e membri dell’equipaggio di raccontare nei dettagli i loro congiunti, arrivando persino a sottoporre all’approvazione i volti degli attori scelti per interpretarli. Inoltre ha utilizzato la scatola nera del Boeing 757, documenti degli archivi di Stato, testimonianze dei membri della commissione d’inchiesta, dei controllori di volo, militari e civili (molti dei quali sono stati chiamati a interpretare se stessi nella pellicola). “Uno degli aspetti affascinanti di questa storia è che non sappiamo esattamente cosa sia accaduto. Come hanno reagito i passeggeri? Come avremmo reagito noi?”, dice il cineasta. Ma a chi gli chiede se non sia troppo presto per un film di questo tipo, Greengrass replica così: “I media ci hanno parlato di quegli eventi per cinque anni, la televisione ce ne ha mostrato le immagini, i giornalisti ne hanno dato una prima lettura che gli storici hanno approfondito inserendola in un contesto più ampio, ora anche i cineasti devono fare la loro parte”. Del resto tra le cose più impressionanti del film, ci sono le scene all’interno delle torri di controllo che mostrano la totale incapacità di rendersi conto di quello che stava accandendo (da vent’anni non si verificava più un dirottamento) e, in seguito, di reagire adeguatamente. Per l’America un attacco sul territorio era qualcosa di inimmaginabile. Prima d’allora.
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