BERLINO – L’animazione giapponese torna in concorso alla Berlinale dopo oltre vent’anni dal capolavoro di Hayao Miyazaki La città incantata, che era stato in selezione ufficiale nel 2002. Lo fa con il nuovo film di Makoto Shinkai, Suzume, in cui, sebbene le atmosfere siano molto più cupe, è inevitabile il richiamo estetico allo Studio Ghibli. Tra i più apprezzati autori dell’animazione nipponica contemporanea, Shinkai vanta grandi successi al botteghino, a partire da Your Name (2006) film anime con l’incasso più alto di tutti i tempi. Lo stesso Suzume, già uscito in Giappone nel novembre scorso, ha ottenuto sensazionali risultati: oltre cento milioni di dollari incassati, e più i 10 milioni di spettatori in sala.
Il film è ambientato in un Giappone sull’orlo del disastro e perennemente scosso dai terremoti, che nel film sono generati da enormi vermi di fuoco che fanno di tutto per liberarsi dal sottosuolo, dove vengono tenuti sotto controllo da due Dei-guardiani di pietra, che quando si incarnano assumono la forma di gatti. Palese il riferimento al mito giapponese di Namazu, l’enorme pesce gatto che vive nel fango al di sotto della terra, in grado di dare origine a terremoti. Controllato dal dio Kashima che lo sorveglia e ne limita i movimenti con una pietra. “Ci sono molte storie che mi hanno ispirato – spiega il regista, come anche il mito di Ama-no-Uzume, la dea che danza quando le porte del giorno si schiudono. La mitologia giapponese, proprio come quella greca, è portatrice di valori universali”. Sempre per aggiungere elementi di universalità al film, Shinkai, pur partendo dalla storia del Giappone, ha scelto di focalizzarsi sulla vita quotidiana dei giapponesi di oggi. “Nei miei film voglio presentare il Giappone odierno. Suzume è un tipico film giapponese, ma l’approccio familiare gli offe un elemento di universalità”.
Il film è, difatti, strettamente legato al grande terremoto del 2011, il più potente mai registrato in Giappone, che ha registrato circa 30mila tra vittime e dispersi. Un enorme disastro che è ben presente agli occhi del mondo, in particolare a quelli dei giapponesi. Proprio in quell’occasione, nel film, perde la vita la madre della protagonista, l’adolescente Suzume, che dopo anni è ancora alle prese con l’inevitabile dolore della sua perdita. La ragazza è in grado di vedere le forze soprannaturali che gli altri non riescono a scorgere, e quando incontra un giovane di nome Souta, in città alla ricerca di luoghi in rovina, lo segue e scopre la sua missione: chiudere misteriosi portali che si stanno aprendo in varie aree abbandonate del Paese, diffondendo caos e devastazione. Ma quando il dio gatto imprigiona lo spirito di Souta all’interno di una sedia a tre gambe, toccherà a Suzume intraprendere un viaggio per proteggere gli altri portali e cercare di ridare al ragazzo la sua forma umana.
“La pandemia ha influenzato la lavorazione del film perché quando ho immaginato il personaggio di Souta che si trasforma in una sedia ho pensato fosse una metafora efficace considerando che la sedia è molto piccola e lui non riesce a muoversi liberamente – ha sottolineato Makoto Shinkai -. Questo è esattamente quello che abbiamo vissuto tutti durante la pandemia, con le restrizioni del lockdown che ci impedivano di muoverci a piacimento”. Suzume avrà una distribuzione internazionale a partire dal prossimo marzo, anche se ancora nulla si sa di preciso riguardo la possibile uscita in Italia. “Mi interessa capire cosa ha senso e cosa no per il pubblico di tutto il mondo, e quali punti in comune abbiano le diverse culture. L’imminente uscita internazionale del film mi darà, si spera, la risposta a queste domande”, ha aggiunto il regista che si è detto ansioso di vedere come questo film verrà accolto dal pubblico internazionale.
Arriva sempre dall’Oriente il secondo lungometraggio d’animazione del Concorso: Art College 1994 del regista e pittore Liu Jian che, dopo il cult d’animazione Have A Nice Day (2017), torna nella selezione ufficile con un ritratto nostalgico della giovinezza. Un racconto caratterizzato da un umorismo cupo e anticonformista, ambientato nel campus della Chinese Southern Academy of Arts nei primi Anni ’90, per la Cina un periodo di grandi cambiamenti sociali e di apertura verso l’Occidente: “Era un’epoca in cui si discuteva di filosofia, letteratura, arte. Un’epoca piena di speranza e di ideali – ricorda il regista – . All’inizio degli Anni ‘90 ero iscritto a un istituto d’arte e mi dedicavo con passione alla creazione artistica. Sentivo che tutto ciò che mi circondava nel campus era vivace, speranzoso, nuovo”. Sullo sfondo delle riforme che aprono la Cina al mondo occidentale, un gruppo di studenti universitari vive in piena attività i primi passi verso l’età adulta. L’amore e le amicizie si intrecciano con le ricerche artistiche, gli ideali e le ambizioni. Tra tradizione e modernità, devono decidere chi vogliono diventare.
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