Una generazione alla ricerca di padri e maestri

'Se chiudo gli occhi non sono più qui' del regista Vittorio Moroni racconta l’incontro tra un adolescente e un uomo anziano. Un’occasione decisiva per entrambi


Se chiudo gli occhi non sono più qui è un film sull’avventura della conoscenza, sulla potenza esplosiva che deflagra quando il sapere entra in contatto con la vita e il bisogno profondo di interrogarci intorno ad essa. Per questo è un film pieno di ottimismo, che crede nella trasformabilità della vita a partire dal sapere”. Così il regista Vittorio Moroni parla del suo nuovo film interpretato da Giorgio Colangeli, Giuseppe Fiorello, Mark Manaloto e distribuito in sala da Maremosso insieme a Lo scrittoio dal 18 settembre, dopo essere stato presentato in concorso ad Alice nella città 2013.

Se chiudo gli occhi non sono più qui racconta l’incontro tra un adolescente, Kiko, e un uomo anziano, Ettore. Un’occasione decisiva per entrambi che darà a Kiko il coraggio di lottare e la possibilità di trovare la sua adolescenza e a Ettore la speranza di una redenzione. Il 16enne Kiko (Mark Manaloto) ha perso il padre italiano in un incidente e vive con la madre filippina Marilou e il suo nuovo compagno Ennio (Giuseppe Fiorello), un caporale che sfrutta immigrati clandestini in cantieri edili. Ogni giorno dopo la scuola Kiko è costretto a lavorare per Ennio. Sente di vivere nel pianeta sbagliato. C’è un solo posto dove è possibile sognare: un vecchio autobus abbandonato che il ragazzo ha trasformato nel suo rifugio. L’incontro con Ettore (Giorgio Colangeli), un vecchio amico del padre che si offre di aiutarlo negli studi, cambierà il suo destino. Quell’uomo, però, nasconde un segreto.

Se chiudo gli occhi non sono più qui rappresenta per me, dopo 5 anni di gestazione, una scommessa rivoluzionaria: con Marco Piccarreda lo abbiamo scritto come un film di finzione, 19 stesure di sceneggiatura, e l’ho girato poi come un documentario – spiega il regista – Il protagonista, Kiko, è interpretato da un adolescente di origini filippine, Mark, scelto fra centinaia di coetanei. Con lui abbiamo lavorato 5 mesi prima delle riprese, addestrandolo a non fare nulla che non sentisse vero, investendolo del compito di modificare movimenti, battute, dinamiche, purché gli corrispondessero. Intorno a lui si è mossa una macchina a spalla sempre disponibile ad essere sorpresa, spiazzata, sfidata”.
Il film, che ha avuto un contributo del MIBACT di 200mila euro, è stato girato 3 settimane in Alto Adige, 4 in Friuli e qualche scena nel Lazio. Per prepararsi al meglio Moroni è stato ad osservare i ragazzi di una classe di liceo per un mese, li ha intervistati, ascoltati e seguiti e messo mano continuamente allo script.
La distribuzione del film coinvolgerà nei prossimi mesi numerose scuole perché il film parla di un adolescente orfano la cui condizione è metafora della sua generazione e di “una società dove i giovani vorrebbero chiudere gli occhi e andare altrove, ragazzi che non hanno più padri né maestri né qualcuno disposto a sognare un futuro per loro”.

Kiko si trova infatti non solo senza padre, ma anche senza maestri credibili in grado di aiutarlo a trovare la strada. Nessuna delle persone che si occupano di lui, compresa la madre, è capace di sognare con lui. Tra i riferimenti del film Moroni cita il cinema di John Cassavetes, e il protagonista di Film Rosso di Kieslowski per il personaggio dell’anziano, messo in scena da Giorgio Colangeli.

“Il mio è un ruolo problematico, quello del ‘maestro’ disponibile e informale privo dei difetti della scuola, ma che ha un grosso scheletro nell’armadio – spiega l’attore romano – Mi ha attratto la possibilità di far riflettere sui diritti degli adolescenti in una società evoluta. Troppo spesso gli adolescenti entrano nel mondo del lavoro appena 16enni, quando a quell’età si dovrebbe avere il diritto di essere difesi dal mondo del lavoro, preparati per affrontarlo. Invece pare ci sia un che di seduttivo nel mondo del lavoro per i ragazzi, ma non è così”.
Per Beppe Fiorello il suo personaggio, Ennio il caporale, è iperrealista, non è cattivo ma incattivito dalla vita. “Con Moroni ci siamo immaginati che sia un uomo con un’infanzia non facile, forse cresciuto dai nonni altrove e poi una volta in Italia ha dovuto inventarsi una vita: ha trovato un amore e un ragazzo che vorrebbe avvicinare ma non ci riesce”.

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09 Settembre 2014

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