Il 2005, per Aurelio De Laurentiis, è sicuramente un anno di svolta: mentre Manuale d’amore ha sfondato il muro della critica e dei premi (dodici candidature e due David, agli interpreti Verdone e Buy), stiamo assistendo al divorzio della coppia, apparentemente indissolubile, formata da Massimo Boldi e Christian De Sica: il Natale, dal 2006, non sarà più come prima senza scartare il loro panettone.
Insomma, arriva al momento giusto la scelta di Assisi di dedicargli gli allori dell’annuale Primo piano, eleggendolo autore, forse persino a dispetto di se stesso. Ultimo tycoon del cinema italiano, come l’hanno giustamente definito, già segnalato lo scorso anno con un Nastro d’argento strappato al Tozzi di Non ti muovere, lui gioca con la consueta disinvoltura sulla scacchiera della politica cinematografica. L’eloquio non gli manca, la demagogia neppure, e dunque gli riesce facile conquistare un lungo applauso dalla non facile platea del 14 ottobre 2005, giornata di un inedito sciopero dello spettacolo per protestare contro i tagli al Fus. Stavolta non critica chi attinge al fondo di garanzia, ma invoca ad effetto un intervento del premier Berlusconi dandogli del tu, «Silvio, tu che ti sei arricchito con il cinema, fai qualcosa!».
Quasi contemporaneamente mette a segno un altro colpo di teatro, ritirando Manuale d’amore dalla tenzone dell’Oscar al miglior film straniero, dopo che Private era stato rifiutato dall’Academy, e spianando così la strada a La bestia nel cuore di Cristina Comencini. Cristina, tra l’altro, è l’unica donna, se non sbaglio, a comparire nell’interminabile filmografia del nostro, con Matrimoni del ’98. A dissipare (ma certo non completamente: una rondine non fa primavera) il sospetto di un certo “maschilismo” goliardico del cinema fabbricato in casa Filmauro.
Del resto non mancherebbero le evidenze tra gli oltre 60 film prodotti e spesso distribuiti, inseriti in robusti filoni i cui ingredienti sono spesso e volentieri corpi femminili sexy e battute ben poco british. È lui appunto l’inventore della commedia natalizia, quella che ha fatto la sua fortuna al box office e che ripropone un po’ sempre lo stesso cliché: maschi allupati e infantili, donne belle o bellissime e più o meno disponibili. Ma anche qui, a ben guardare, il format nato negli anni ’80 e apparentemente inossidabile, ha subito negli ultimi tempi qualche significativa variazione (segno che anche il costume italiano sta finalmente cambiando): si veda Christmas in Love con la presenza di una comica strepitosa come Annamaria Barbera (Sconsolata) in cui si assiste a un ribaltamento dei ruoli a trecentosessanta gradi. È la donna infatti a vagheggiare un uomo oggetto televisivo (Ron Moss, il Ridge di “Beautiful”) e le situazioni grottesche, ma in fondo tenere, sono scatenate dalla sproporzione fisica tra i due che segnala però nel personaggio femminile grinta e arguzia da vendere.
Accade del resto anche in un episodio di Manuale d’amore, quello con Luciana Littizzetto, una vigilessa inflessibile perché cornificata dal marito e dunque in ansia di vendetta che ottiene una sorta di risarcimento in una notte d’amore imprevista col vicino di casa, ben più piacente di lei, anche se decisamente un po’ fesso, non a caso anchor man (siamo sempre dalle parti della tv) di un qualche tg delle venti. Si dirà: siamo alle solite, per far ridere, per esser protagonista, una donna deve rinunciare alla prerogativa femminile, maschilizzarsi. Eppure Manuale d’amore non è privo di personaggi femminili spiritosi eppure attraenti, degni di certa commedia americana classica, primo fra tutti la moglie in crisi Margherita Buy.
Non bisogna dimenticare, quando si etichetta Aurelio De Laurentiis come produttore di cinema di puro consumo, che nel DNA del nipote del grande Dino, c’è anche tanto cinema di qualità: proprio a partire dal suo primo film. Era il ’77 quando Un borghese piccolo piccolo uscì dalla fantasia di Monicelli e dall’estro attoriale dell’Albertone nazionale stralunato in chiave drammatica e patetica. Infatti Aurelio, che ha sempre guardato, senza negarlo dietro falsi pudori, ai piani alti del box office, non disdegna certo né i grandi attori (Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Mariangela Melato, Gian Maria Volonté, Monica Vitti) né gli autori e sbirciando nella sua filmografia spuntano qua e là un Citto Maselli (Codice privato), un Pappi Corsicato (I buchi neri) e molti Pupi Avati (Il testimone dello sposo, Festival, L’arcano incantatore, Dichiarazioni d’amore, L’amico d’infanzia oltre a Dove comincia la notte scritto da Pupi e diretto da Maurizio Zaccaro).
Certo, sono una goccia nell’oceano dei tanti prét-à-porter sfornati dai complici di sempre Carlo Vanzina e Neri Parenti (tra cui anche qualche chicca come ad esempio Il cielo in una stanza del ’99). Sono sicura che qualche altro autore in questa sede s’impegnerà a rivalutarli tout court se non altro come perfetti rappresentanti di quel “cinema medio” di cui la zoppicante industria italiana dice di avere tanto bisogno. Ma anche senza fare i salti mortali ad Aurelio non si possono negare una serie di qualità che ne fanno davvero un tycoon all’italiana: fiuto commerciale, capacità di anticipare le mode o almeno cavalcarle, osservazione del costume specie attraverso il modello televisivo imperante, assenza di pregiudizi e peli sulla lingua. Memorabili le sue sparate contro la Mostra del Cinema al Lido (un tempo avrebbe voluto spostarla a Napoli, oggi è un aperto sostenitore del Festival di Roma anche in chiave concorrenziale a Venezia) oppure la scelta di non “anticipare” le proiezioni dei suoi film per la critica e di spedire i giornalisti al cinema il giorno dell’uscita, possibilmente al primo spettacolo in tempo utile per le recensioni di rito.
Gli vanno ascritte inoltre tutta una serie di scoperte: dalla ormai ex coppia Boldi-De Sica al recentissimo acquisto Silvio Muccino, che ne rivela una svolta giovanilistica (al cinema, si sa, ormai ci vanno soprattutto gli adolescenti). L’ha sperimentato nel corale Che ne sarà di noi (tra l’altro diretto da un altro suo complice fisso, Giovanni Veronesi), ha replicato nell’episodio più “fresco” di Manuale d’amore (quello in cui l’imbranato Silvio corteggia la riottosa e snob Jasmine Trinca, presenza femminile che va decisamente oltre il modello bambola tuttacurve) e ce lo riproporrà in coppia con Carlo Verdone con Il mio miglior nemico, che aprirà la stagione 2006.
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