Un Cristo politico dal deserto del Cile

In una zona desertica del Cile settentrionale e con interpreti del posto è girato El Cristo ciego, opera prima di Christopher Murray, accolta in concorso. Un film ambizioso e più politico che mistico


VENEZIA – In una zona desertica del Cile settentrionale e con interpreti del posto è girato El Cristo ciego, opera prima di Christopher Murray, accolta in concorso. Un film ambizioso e più politico che mistico, che ci mostra la miseria drammatica degli abitanti di questi luoghi attraverso la parabola di uno di loro. Michael era ancora bambino quando ha sperimentato una sorta di rivelazione divina: ha chiesto a un compagno di inchiodargli le mani a un albero come quelle di Gesù alla croce. Ora è cresciuto, tutti si fanno beffe di lui e la sua fede ingenua è invisa anche alla Chiesa perché sostiene che tutti possono predicare e magari fare miracoli e che Dio è dentro di noi. Quando viene a sapere che l’amico d’infanzia è stato storpiato da un incidente sul lavoro decide di partire per il remoto villaggio minerario dove quello vive per poterlo aiutare. Durante il pellegrinaggio a piedi scalzi, farà molti incontri con la povera gente in cerca di qualcosa in cui credere e comincerà ad avere dei seguaci. ”E’ chiaro – dice Christopher Murray, laureato all’università cattolica cilena – che il contenuto esplicito del mio film non sono certo le parabole prese dal Vangelo, ma quelle che raccontano la realtà cilena di oggi”. E ancora: “El Cristo ciego può essere considerato politico, perché il sistema liberale del mio Paese e il capitalismo hanno sviluppato una forte ingiustizia sociale che ho rappresentato in forma di parabola”. Murray non si dichiara religioso anche se riconosce l’importanza della fede: “Il fatto è che la religione si combina sempre con il potere perché comunque vuole imporre la propria idea agli altri. Invece oggi siamo di fronte a una crisi di rappresentatività e bisognerebbe costruire dei ponti per comunicare e rendere così il mondo meno ingiusto”.

02 Settembre 2016

Venezia 73

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Microcinema distribuirà ‘The Woman who Left’

Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo

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Future Film Festival Digital Award 2016 a Arrival

Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti

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Barbera: “Liberami? E’ come l’Esorcista, ma senza effetti speciali”

Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"

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Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"


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