Oltre 130 film, tra anteprime italiane ed eventi speciali, concorsi internazionali e sezioni tematiche, per indagare e incontrare la realtà oltre i confini, l’immaginario apolide di un mondo in fermento, in cerca di presente e futuro, per ricostruire il recente passato degli anni Novanta nei Paesi balcanici. Appuntamento con il 36° Trieste Film Festival dal 16 al 24 gennaio: diretto da Nicoletta Romeo, il primo e principale appuntamento italiano dedicato al cinema dell’Europa centro orientale, nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino, continua a essere un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori da scoprire, con i nomi più interessanti del cinema europeo.
Spiega la direttrice del festival: “Il tema della famiglia e dei legami familiari quest’anno sembra un Leitmotiv trasversale che unisce tanti dei film in programma in questa 36ma edizione del Trieste Film Festival: famiglie disfunzionali, queer, fluide, bigotte, famiglie-prigioni, famiglie come rifugio e famiglie allargate. La famiglia viene messa alla berlina come istituzione, con tutti i meccanismi inceppati di una struttura archetipica potente, che tuttavia non sembra rispondere sempre ai bisogni e ai desideri degli individui che ne fanno parte. Ma a volte è anche l’unico luogo di salvezza nelle società disgregate, ed è sempre davanti alla morte che i legami si rinsaldano, e i vecchi rancori passano in secondo piano”.
Il festival si terrà a Trieste nelle sedi del Politeama Rossetti, del Teatro Miela e del Cinema Ambasciatori. Tre le sezioni competitive con i concorsi internazionali per lungometraggi, cortometraggi e documentari.
Doppia inaugurazione: giovedì 16 gennaio proiezione dell’ultimo film di Peter Kerekes, Wishing on a star (che ha esordito alla Mostra di Venezia, distribuito ora da Lab 80), storia dall’Italia ai più lontani lidi del mondo lungo il lavoro dell’astrologa napoletana Luciana, a cui seguirà – nell’apertura del Politeama Rossetti (20 gennaio) – l’anteprima italiana de Lo Spartito della Vita (Sterben) di Matthias Glasner, comedy-drama tedesca presentata alla Berlinale (presto in sala in Italia con Satine Film), ironica e graffiante, sul rapporto tra affetti e morte in una famiglia disfunzionale eppure ancora viva. Quest’ultimo sarà introdotto in sala dalla proiezione del film muto, il corto del 1921 The Perl of the Ruins di Giovanni Vitrotti, accompagnato da una performance live con il pianoforte a cura di Andrej Goričar. Rapporti familiari e ricerca di nuove possibilità sono al centro anche dell’evento di chiusura, con la prima nazionale di Crossing di Levan Akin (prossimamente nei cinema italiani con Lucky Red), viaggio dalla Georgia alla Turchia, incontro inaspettato con il mondo queer.
La lente sul mondo passa, necessariamente, dallo sguardo sull’attualità alle guerre ancora in atto proprio alle porte dell’Europa: in anteprima italiana arriva The invasion di Sergei Loznitsa che documenta la lotta del suo Paese contro l’invasione russa, in una tela monumentale e compassionevole di una nazione determinata a difendere il proprio diritto di esistere. Dal documentario al racconto più intimo delle conseguenze della guerra in Ucraina, come in Under the volcano di Damian Kocur – regista che con il precedente Bread and Salt vinse il Premio speciale della Giuria Orizzonti a Venezia 2022, oggi candidato agli Oscar per la Polonia – che dipinge uno scavo profondo sul senso di colpa, verso se stessi e il proprio Paese, tra latenti rotture familiari, anche lontano dal luogo del conflitto. In anteprima italiana, al festival ci sarà anche My Late summer di Danis Tanović, regista premio Oscar al Miglior film straniero nel 2002 con No man’s land, che oggi ritorna con il candidato all’Oscar per la Bosnia, film dolce-amaro che indaga il passato nel Paese con una storia di eredità e perdono. In sala a Trieste poi il miglior film a Venezia Orizzonti 2024, The new year that never came di Bogdan Mureşanu, commedia corale e dolce-amara sull’orlo della rivoluzione nella Romania del 1989, dove sei vite si incrociano tra proteste e lotte personali, portando alla caduta di Ceaușescu e del regime comunista. Proprio da qui, dalla Romania post-socialista, attinge Eight Postcards from Utopia di Radu Jude – presente nella sezione Romanian experimental cinema programme: Expanded – tra le ultime trovate del regista rumeno, documentario di found-footage assemblato esclusivamente con pubblicità di quel periodo storico, era di transizione, rimbalzando tra poesie ritrovate e un’enciclopedia obsoleta, tra trash art e mitologia capitalista (in collaborazione con il filosofo Christian Ferencz-Flatz).
Tra le novità, nasce quest’anno la sezione Visioni Queer, curata da Giuseppe Gariazzo, per seguire lotte e diritti (ancora) negati alla comunità Lgbtq+ nei Paesi orientali e balcanici, con titoli come As I was looking above I could see myself, documentario del kosovaro Ilir Masanaj, il primo girato in Kosovo senza oscurare volti e nomi dei profili coinvolti, Housekeeping for Beginner, film del nord-macedone Goran Stolevski, dramedy su una comune queer dove la legge si oppone alla libertà dei corpi, e Avant-Drag! Radical Performers Re-Image Athens del greco Fil Ieropoulos, ritratto di dieci artisti e artiste drag che vivono ad Atene, delle loro performance artistiche, veri gesti politici.
Ancora, la sezione Wild Roses è dedicata quest’anno alle cineaste della Serbia contemporanea, curata dal regista Stefan Ivančić, produttore e membro del comitato di selezione del Festival di Locarno; la retrospettiva sul 1945 La guerra è finita? a cura di Francesco Pitassio riflette sul lascito e l’eredità del secondo conflitto mondiale a 80 anni dalla fine; come di consueto, torna anche il Premio Corso Salani, i film del TSFF dei Piccoli, e un programma ricco di eventi collaterali in tutta la città. (C.DA)
Wishing on a star di Peter Kerekes e Lo Spartito della Vita (Sterben) di Matthias Glasner aprono l'evento in programma dal 16 al 24 gennaio 2025
11 opere selezionate, tra film, documentari e cortometraggi. La fotografa e reporter polacca Monika Bulaj firma il manifesto della 36ma edizione