TAORMINA – Due luoghi distanti, diversissimi, eppure con tanto in comune: sono l’Islanda e il Giappone, isole di vulcani e pescatori, di lingue incomprensibili e di tanta, delicata, poesia. Touch, il nuovo film del regista islandese Baltasar Kormákur è un ponte tra queste due culture, agli antipodi del mondo. Presentato al 70° Toarmina Film Festival, è tratto dall’omonimo romanzo di Ólafur Jóhann Ólafsson, che racconta il viaggio di un anziano vedovo che parte dall’Islanda fino al Giappone alla ricerca di un perduto amore giovanile.
“Il romanzo raccontava una storia d’amore in modo insolito, – dichiara il regista nella conferenza di presentazione del film – ho voluto metterci il mio punto di vista sull’amore: non si racconta solo di uomo che cerca l’amore, ma che cerca una chiusura di qualcosa di cui era stato privato, qualcosa rimasta in sospeso. Quando si è verso la fine della vita si cerca un bisogno di qualcosa che chiuda il cerchio”.
Protagonista è Kristófer, interpretato da Egill Ólafsson da anziano e dal figlio del regista Palmi Kormakur nella sua versione giovanile. Rimasto vedovo, nella desolazione dell’Islanda, dove gestisce un ristorante, l’uomo sta per ricevere una probabile diagnosi di demenza. Con la paura di dimenticare tutto ciò che ha amato, incurante della pandemia da Covid che sta per abbattersi sul mondo, parte improvvisamente per Londra, dove 50 anni prima aveva iniziato una appassionante storia d’amore con la figlia del proprietario del ristorante giapponese per cui lavorava.
Touch procede in parallelo, mostrandoci il viaggio dell’anziano Kristófer, che nel 2020, prova a ritrovare l’amata Miko (interpretata dall’attrice giapponese Kōki), e la nascita della storia d’amore tra i due nella Londra degli anni ’70. Cosa li ha separati? Per scoprirlo bisognerà attendere la fine del film, dove si scopriranno le conseguenze del segreto che la famiglia di Miko ha sempre cercato di tenere nascosto: lei e suo padre, sono degli “hibakusha”, ovvero dei sopravvissuti alla bomba nucleare, in particolare quella di Hiroshima. Una condizione che in quegli anni portava tanta discriminazione e diffidenza.
“Touch mostra la prospettiva di un uomo islandese, – continua Kormákur – questo mi ha dato la libertà di parlare liberamente di questa disgrazia. Questo libro ci ha preso per mano e ci ha condotto con gentilezza in una tragedia che ha avuto un impatto su tante generazioni di persone. Un embrione che era nel corpo di una vittima ne subisce le conseguenze per tutta la vita. Si tratta di colpevolizzazione della vittima, esattamente come è accaduto durante il Covid, in cui i primi malati sono stati additati come untori, quando poi alla fine lo abbiamo preso tutti”.
Il film è un delicato e poetico viaggio nella vita e nella memoria di un “animo gentile”, un uomo che per amore e per spirito di intraprendenza ha accolto dentro di sé i principi di una cultura distante, imparandone la lingua, la cucina e i costumi. È facile entrare in empatia con il buon Kristófer, sia nella sua versione fragile e dolcemente decadente, sia in quella giovanile, energica e curiosa, ben rappresentata dal corpo dinoccolato e dagli occhi dolci del giovane Palmi, che con i suoi occhiali tondi ricorda tanto le sembianze di John Lennon, anch’egli innamorato tra l’altro di una donna giapponese.
“La memoria è qualcosa di fragile. C’è qualcosa di molto interessante se guardiamo indietro ai nostri rapporti amorosi, tendiamo solo a ricordare le cose positive, non quelle brutte, a meno che non ci sia stato un momento davvero traumatico. I litigi minori spariscono dalla memoria. Seppure gli sia stata diagnosticata la demenza, non ha ancora sintomi, ma ha paura che arrivino presto: è stata come una scintilla per andare alla ricerca di una risposta dell’evento traumatico che lo ha condizionato per tutta la vita. Da giovane era avventuroso, poi quando è tornato in Islanda è stato come se questo evento lo avesse cambiato, facendolo andare contro la sua stessa natura. Con questa ricerca è tornato a essere se stesso”.
In arrivo nelle sale dal 19 agosto con Universal Pictures, Touch ci fa provare un costante e struggente senso di nostalgia. Una malinconia per il tempo passato e per le occasioni sprecate a cui è difficile resistere. La paura che affronta Kristófer, infatti, è quella che tutti prima o poi accarezziamo con reticenza: morire in completa solitudine. Una tragica occorrenza che i giapponesi conoscono bene, tanto da avergli dedicato una parola apposita: “Kodokushi”.
Intervista a Pilar Fogliati, Filippo Scicchitano e Riccardo Antonaroli
Dopo aver ritirato il Nastro D'Argento Speciale 2024, il regista siciliano ha presentato a Taormina il documentario del 1982 dedicato al celebre pittore, suo concittadino
Intervista al regista Arnaud Desplechin
I due attori interpretano una coppia di sposini alle prese con una movimentata prima notte di nozze. Presentato a Taormina, Finché notte non ci separi di Riccardo Antonaroli uscirà nelle sale il 29 agosto