TONI SERVILLO


Luna rossa, ultimo italiano in gara e penultimo film del concorso, è arrivato ancora caldo di moviola coi suoi sedici millimetri gonfiati. E non ha deluso. L’Orestea camorrista di Antonio Capuano (leggi la nostra intervista) è un dramma plumbeo, violento e graffiante, sbilanciato e molto fisico, riscaldato da pochissime musiche (Luna rossa, gli Almamegretta) e dai corpi degli attori. “Non vincerà, perché le giurie non amano il politicamente scorretto”, riflette il cineasta napoletano. Che si è mosso tra la tragedia greca e Le mani sulla città per mostrare la dissoluzione di una famiglia di camorra. Capuano, già al Lido con Vito e gli altri e Pianese Nunzio, è un anarchico del cinema italiano.
I suoi attori, tutti bravissimi, sono il meglio della scena napoletana: da Licia Maglietta a Carlo Cecchi, da Antonino Iuorio a Antonio Pennarella passando per i giovanissimi che incarnano Oreste e Antigone (Domenico Balsamo, Antonia Truppo). E poi c’è Toni Servillo, scaltrito interprete di teatro, appassionato regista di lirica (ora del Boris Godunov a Lisbona), presenza centellinata al cinema, dove è stato sindaco vesuviano ricalcato su Bassolino per Martone. E qui al festival numero 58 l’avevamo già incrociato nella selezione del presente per L’uomo in più di Sorrentino.
Servillo è Amerigo, o meglio Agamennone, l’età di mezzo del crimine organizzato, quello che cerca di riciclarsi in attività “pulite”. “Un capo malinconico che vuole eliminare l’aspetto tragediatore e sanguinario e lanciarsi negli affari”.

C’è più Eschilo o Mario Merola nella tragedia di Capuano?
Eschilo di certo, anche se Capuano nei suoi film mescola da sempre l’alto e il basso. Sceglie argomenti di attualità e denuncia ma li svolge con uno stile visionario. Viviamo in una terra dove ci sono eventi che ci travolgono, una camorra così spietata da prendersela con bambini di 8 anni.

Il film mostra però la decadenza di una di queste famiglie criminali, i Cutolo, i Riina, i Buscetta, i Giuliano…
Mostra tre generazioni: l’anziano capofamiglia con la sua vocazione sanguinaria, quello di mezzo che pensano a cambiare le cose cone spietatezza da consiglio d’amministrazione e i giovani, che rinnegano il passato e usano i metodi sanguinari per fare piazza pulita.

C’è qualcosa o qualcuno che salveresti in questa famiglia?
Nessuno. Non c’è assoluzione possibile. Quella è gente di merda e anche se il mio personaggio si pone qualche interrogativo, mi disgusta lo stesso.

Quanto è lontana l’Orestea?
Lontanissima. A Capuano, certo, interessano temi tragici come il rapporto tra genitori e figli, il destino e la colpa, ma sull’0restea si fonda la civiltà contemporanea, l’istituzione del tribunale, qui siamo invece in un territorio tragicamente contemporaneo.

autore
07 Settembre 2001

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