Todd Haynes: “Un amore messo all’indice”

Dal concorso di Cannes alla Festa di Roma "Carol", storia di uno scandaloso amore lesbico nella Manhattan dei primi anni '50 con Cate Blanchett e Rooney Mara


Dal concorso di Cannes – dove Rooney Mara ha vinto il premio per l’interpretazione – alla Festa di Roma, dove il regista, Todd Haynes, terrà una master class. Ecco Carol (in sala dal 5 gennaio con Lucky Red), che sulla scorta di un romanzo di Patricia Highsmith (The Price of Salt) pubblicato dall’autrice sotto pseudonimo, messo all’indice e recuperato solo negli anni ’80, ci mostra con stile impeccabile una passione amorosa tra due donne nella Manhattan dei primi anni ’50. A dar vita alla coppia “scandalosa” oltre alla bravissima Rooney Mara, c’è Cate Blanchett che qui al festival abbiamo visto anche in Truth.

Con l’avvolgente, fascinosa fotografia di Ed Lachman (tra le fonti di ispirazione anche il lavoro del fotografo Saul Leiter attivo a New York a metà del secolo scorso), il film del 54enne regista americano mette in scena l’attrazione irresistibile tra Carol, una signora della buona società, amorevole madre di una bimba e moglie insoddisfatta, e Therese (Rooney Mara), commessa in un grande magazzino che nutre una grande passione per la fotografia. Le due donne incrociano i loro sguardi durante lo shopping natalizio e nasce subito la voglia di rivedersi. Ma se Carol ha già vissuto un affair omosessuale, tanto che si sta separando dal marito, per Therese, che il fidanzato vorrebbe al più presto sposare e portare in Europa, il coup de foudre è la rivelazione dei suoi più autentici desideri che sbocceranno durante un viaggio in macchina verso Chicago.

Il periodo storico è quello di un altro bellissimo film di Haynes, Lontano dal paradiso, e anche lì si parlava di discriminazione verso gli omosessuali. Carol, infatti, rischia di perdere la custodia della bimba a causa della sua condotta considerata “immorale” e accetta anche di vedere uno psichiatra nella speranza di rimettere a posto le cose. Prodotto da Elizabeth Karson e Christine Vachon, scritto da un’altra donna (Phyllis Nagy), impreziosito dai magnifici costumi del premio Oscar Sandy Powell (il guardaroba della protagonista sembra uscito da un numero di Vogue), Carol è un film molto al femminile fortemente voluto dal team produttivo che ha lavorato un decennio per realizzarlo e che l’ha condotto in porto proprio grazie alla convinta adesione della star, due volte premio Oscar, entrata nel team prima dello stesso Haynes.

Il film mostra il tabù e la discriminazione vissuti da due donne che si amano nell’America degli anni ’50. Molta strada è stata fatta dai tempi in cui a una madre veniva tolto il figlio per indegnità morale. Pensa che le conquiste raggiunte siano sufficienti?

E’ vero, quell’amore era tabù. Il libro era stato scritto alla fine degli anni ’40 da Patricia Highsmith sulla base di esperienze personali. Lei era nota come giallista per il precedente Strangers on a Train che aveva ispirato Alfred Hitchcock e nessun editore volle questo secondo romanzo tanto che lo pubblicò sotto pseudonimo. Rimase a lungo un romanzo lesbico undeground e venne ripubblicato solo negli anni ’80 cambiando il titolo da The Price of Salt a Carol. Restò l’unico libro non giallo della Highsmith. Dagli anni ’50 le cose sono cambiate molto, ci sono stati cambiamenti radicali negli Usa: oggi il matrimonio gay è legale grazie a una sentenza della Corte suprema. Tuttavia ci sono ancora paesi dove la situazione resta difficile. Ma Carol è una storia amore eterna che supera questi aspetti di genere.

Come descriverebbe il personaggio di Carol?
E’ una donna alto borghese che deve mantenere certe apparenze, ha un ruolo in famiglia e nella società, e nel film senti che ci prova fino in fondo a rispettare le regole imposte dal ruolo, ma che ora non ce la fa più, causando lo stupore e la rabbia del marito.

Dopo Lontano dal paradiso lei torna ad ambientare un film negli anni ’50.
E’ vero, ci sono numerose analogie, ma gli anni ’50 di Carol, che si svolge nel 1953, sono diversi da quelli di Lontano dal paradiso, che è ambientato nel 1957, in piena era Eisenhower, un’epoca stampata nella memoria grazie al cinema di autori come Douglas Sirk a cui infatti mi ero ispirato. I primi anni ’50 si collocano tra la fine della seconda guerra mondiale e Eisenhower, con l’inizio della guerra fredda e il maccartismo al culmine e una grande e diffusa paranoia sociale. Se si guardano le foto di New York in quel momento, per esempio le foto di Vivian Maier, si ha l’impressione di una città del vecchio continente, sporca, non ancora rimessa a nuovo, mentre alla vigilia dei ’60 c’è una classe media tirata a lucido e un glamour hollywoodiano. 

Tra le sue fonti di ispirazione cinematografiche c’è Viale del tramonto?

Piuttosto Breve incontro di David Lean, un altro capolavoro che ho tenuto ben presente, anche se Viale del tramonto è e uno dei miei film preferiti. In Breve incontro c’è una love story inaspettata tra due persone sposate e tutto è raccontato in un flashback. Questo descrive lo stato d’animo fragile degli amanti. Qui c’è anche un ribaltamento nei rapporti di forza perché alla fine Therese, che in partenza era la più debole, si rivela più forte.  

Nel film ci sono spesso vetri, specchi e finestre attraverso cui le protagoniste sono inquadrate.
E’ una storia in cui il punto di vista è molto importante. All’inizio quello di Therese, poi con uno spostamento quello di Carol e alla fine di nuovo Therese, con un movimento circolare. Alla fine entrambe le donne sono cambiate, portano entrambe delle ferite per le scelte difficili che hanno fatto. L’uso dei vetri è voluto: gli ostacoli alla visione servono a riflettere sul senso del vedere e sulla frustrazione del desiderio. E poi tutte le grandi storie d’amore hanno bisogno di un ostacolo, di qualcosa che impedisca agli amanti di stare insieme e faccia crescere il desiderio. 

Ci parli della scelta delle due interpreti e cosa pensa del premio di Cannes, che è andato a Rooney Mara e non a Cate Blanchett.
Non potrei immaginare nessun altro nel ruolo di Carol che Cate Blanchett, avevo già lavorato con lei in passato, per Io non sono qui, il film ispirato a Bob Dylan. Rooney Mara ha uno straordinario understatement che rende ogni suo movimento più potente proprio perché è molto poco appariscente. Anche Cate è stata subito d’accordo sul fatto che fosse perfetta per il ruolo. Queste due attrici hanno età e storie professionali diverse ma sono entrambe molto intelligenti, versatili e preparate. Abbiamo anche avuto la possibilità, nonostante il basso budget, di fare due settimane di prove prima delle riprese che si sono svolte a Cincinnati in 35 giorni appena, e quelle due settimane sono state preziose per conoscerci. Quanto al premio, è difficile fare una graduatoria e dire chi fosse più brava o avesse il ruolo più arduo, ma i premi – si sa – sono così. 

La sceneggiatrice Phyllis Nagy è intervenuta sul romanzo originale cambiando alcune cose.
Ad esempio ha deciso che Therese, che nel libro era una scenografa fidanzata con un pittore, fosse un’aspirante fotografa, un aspetto che la rende meno propensa a scoprire i propri sentimenti verso Carol, rispetto a chi fa parte dell’ambiente artistico e bohemien, mentre lei è una giornalista. E poi la fotografia la mette a contatto con gli aspetti metaforici del guardare e dell’imparare a vedere e inquadrare il mondo. All’inizio non si sente a suo agio a fotografare le persone e proprio Carol è il suo primo soggetto. Così diventerà una fotoreporter e capirà meglio anche se stessa. Un altro aspetto riguarda i personaggi maschili che nel libro sono visti con durezza mentre nella sceneggiatura sono guardati con comprensione. In più, nel caso del marito di Carol, devo dire che è molto difficile scritturare un uomo che deve recitare con Cate Blanchett e che dimostri di avere la statura e la capacità di stare alla pari con lei: in questo Kyle Chandler è stato bravissimo.

Considera Carol un road movie?

C’è il viaggio che è sicuramente molto importante perché è proprio durante il viaggio che riescono finalmente a stare insieme e c’è la suspence, perché non sai mai quando faranno sesso, non sai neppure se succederà.

Carol è l’unico libro non giallo di Patricia Highsmith.

Sì, ma in fondo la patologia della mente criminale e la patologia della mente amorosa sono simili. L’ansia nel commettere un crimine e l’ansia di chi si sta innamorando – specialmente se è un amore omosessuale – hanno qualcosa in comune.

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22 Ottobre 2015

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