Tintin in viaggio a Roma, come Indy


Con Le avventure di Tintin – il segreto dell’unicorno, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Alice nella Città – Selezione Ufficiale, in contemporanea con l’uscita nelle sale, Steven Spielberg firma, di fatto, un nuovo film di Indiana Jones. Del resto, i due personaggi hanno da sempre molto in comune. Come l’archeologo col cappello, Tintin, nato dalla penna del fumettista belga Hergé, ha un mestiere d’intelletto – fa il giornalista – che usa come “scusa” per intraprendere emozionanti avventure in giro per il mondo. Ma naturalmente, Tintin lo fa con spirito molto europeo. “Col mio fisico, decisamente poco palestrato – scherza Spielberg – io assomiglio meno a Indy e molto di più a Tintin”, che punta sul coraggio e l’intelligenza più che che sui muscoli.

Di realizzare un film sul personaggio se ne parla da anni, ma solo con l’intervento dell’amico Peter Jackson, che ha proposto a Spielberg l’uso della motion capture (la stessa utilizzata per realizzare il Gollum de Il signore degli anelli e King Kong), il progetto ha potuto finalmente prendere il via. Jackson, qui nel ruolo di produttore esecutivo, con la sua casa di postproduzione digitale Weta può considerarsi il guru di questo tipo di tecnica, di cui il maggior esponente è l’attore Andy Serkis, che presta i suoi movimenti al burbero capitano Haddock, spalla dell’eroe dalla bottiglia facile. A presentare il film a Roma, però, c’è solo l’interprete di Tintin, Jamie Bell, conosciuto ai più per il suo ruolo in Billy Elliot, con cui ha esordito.

 

“Non è facile spiegare come funziona la motion capture, bisogna vederlo per capire il meccanismo – dice l’attore – Per me è solo un modo diverso di realizzare un film. Hai sempre a che fare con il regista e i membri del cast, ma non c’è il set, non ci sono le luci, non c’è l’ambiente. Per un attore però è molto bello, perché apre la possibilità di interpretare ruoli che altrimenti non avremmo potuto coprire, e poi è divertente: c’è molto spazio e molto respiro, si possono riempire con la creatività i buchi che necessariamente vengono lasciati da un ambiente fittizio. Tintin comunque non è totalmente realizzato con questa tecnica. Diciamo solo l’85%. Ci sono alcune cose che così non si possono fare, e a quel punto intervengono gli animatori. E’ un continuo stimolo. Ad esempio, per simulare l’immersione dei nostri corpi nell’acqua, abbiamo dovuto usare degli pneumatici. E’ stata una sfida anche la scena dell’aereo che precipita. Tutta la turbolenza l’abbiamo dovuta rendere con i movimenti del corpo”.

Per Spielberg, che ha conosciuto Tintin a 35 anni, incuriosito dalle recensioni dei critici francesi che paragonavano al personaggio il suo I predatori dell’arca perduta, si tratta della prima esperienza con un film animato, se si escludono le produzioni di Fievel sbarca in America e Chi ha incastrato Roger Rabbit?


“Sono un fan di Spielberg da quando avevo otto anni – dice Bell – Il mio primo film al cinema è stato Jurassic Park, che mi ha terrorizzato. Quando ho letto il nome del regista nei titoli di coda pensavo che nemmeno esistesse, che fosse una specie di mago che viveva in un altro mondo. Lo paragonavo a Michael Jackson. Nessuno come lui capisce gli attori e sa tirare fuori il senso di meraviglia e il bambino che è in loro. L’animazione per lui è una novità, ma del resto è sempre stato un innovatore. Ai tempi di Jurassic Park la sigla CGI nemmeno sapevamo di preciso cosa volesse dire. Poi lavora benissimo sui personaggi: la capigliatura di Tintin nel film diventa l’equivalente del cappello di Indiana Jones”.

 

I paragoni continuano. E si parla già di farne una trilogia, proprio come per Indy (prima che si aggiungesse tardivamente il quarto capitolo Il regno del teschio di cristallo, del 2008). Il secondo dovrebbe dirigerlo Peter Jackson. “Ovviamente – aggiunge Bell – decide il pubblico. Io personalmente sarei felicissimo di riprendere il ruolo. Sono un fan di Tintin da lungo tempo e non lo dico solo perché ho fatto il film. Sono cresciuto in una piccola cittadina d’Inghilterra e, proprio come Billy Elliot, amavo la danza, ma nessuno mi capiva. Gli albi di Tintin li ho letti tutti e 23. L’ultimo no, perché era incompiuto mi permettevano di evadere. Tra le mie avventure preferite ci sono Tintin in Tibet, che mi permetterebbe di fare un po’ di alpinismo virtuale, e Tintin sulla Luna. E’ un personaggio misterioso e straordinario, e il bello è che non sappiamo niente di lui. Fa il giornalista, ma i suoi articoli non li vediamo mai pubblicati. Perché il suo migliore amico è un cane? Perché non ha una ragazza? Chi sono i suoi genitori? Non lo sappiamo. Siamo noi a riempire questi vuoti con la fantasia. E poi Tintin non è un supereroe, non ha poteri straordinari, armi tecnologiche o arnesi magici. E’ grande perché è solo sé stesso. Senza contare che nelle storie ci sono più livelli di lettura: Tintin è un moralista e idealista, che spesso si trova a fronteggiare la corruzione politica. Chi non vorrebbe essere coraggioso come lui? Ci sono grandi valori nei fumetti di Hergé. L’amicizia per esempio. E tutti i bambini, dall’Italia al Texas, possono comprenderli e fuggire per qualche ora dalla loro realtà”.

autore
28 Ottobre 2011

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