Tim Roth: “Folle far soffrire i malati terminali”

L'attore britannico è protagonista di Chronic del messicano Michel Franco nel ruolo di un infermiere completamente dedito ai suoi pazienti, al punto da aiutarli nel suicidio assistito


CANNES – Non si può fare a meno di pensare a Miele di Valeria Golino, vedendo Chronic, prima produzione americana del messicano Michel Franco e penultimo titolo del concorso. Siamo a Los Angeles e David (Tim Roth) è un infermiere specializzato nella cura dei malati terminali che vive il suo lavoro in modo così assoluto e pervasivo – scopriremo poi che nasconde un trauma terribile – da arrivare a dare la morte a chi glielo chiede.

Il trentaseienne regista, che fu premiato a Cannes per il precedente Después de Lucia a UCR proprio quanto Roth era in giuria, rivela di essersi ispirato alla vicenda di sua nonna che, colpita da un ictus molto grave, era rimasta paralizzata e incapace di parlare. “Una badante si occupava di lei ed era riuscita a creare un rapporto così intimo e personale attraverso quei gesti che nessuno dei familiari osava compiere, come cambiare il catetere o lavarla, gesti penosi, difficili, a volte umilianti. Quando mia nonna poi è morta, l’infermiera è venuta a trovarci ed era realmente addolorata. Ho scoperto che soffriva di una forma di depressione cronica, ma nonostante questo non voleva cambiare lavoro”. 

Incontriamo David, che Tim Roth interpreta con una straordinaria precisione di gesti ma in modo estremamente asciutto, mentre si prende cura di una malata di Aids in fase terminale. Condivide con lei le sue giornate, tanto che all’inizio sembra quasi un marito devoto. E quando la donna muore, parlando con due sconosciuti in un bar, racconta di aver appena perso la moglie. Il paziente successivo è un architetto colpito da ictus. Non sopporta i suoi familiari, che non sanno da che parte cominciare per aiutarlo, ma si lega subito all’infermiere, insieme leggono libri di design e guardano qualche video porno. Tanto che i figli dell’uomo cacciano David minacciando una querela per molestie sessuali. Adesso trova lavoro con una malata di cancro, la accompagna a fare la chemio ma ben presto le cose peggiorano e la donna rifiuta le cure, vomita, se la fa addosso: accanto a lei c’è solo David, neanche l’ombra delle due figlie che vivono lontano e a malapena telefonano. 

“Cerco di mostrare queste famiglie in modo oggettivo – spiega Franco – vivono momenti difficili e hanno problemi a comunicare, non li giudico”. Ma di certo la società che ci mostra Chronic sembra incapace di andare incontro alla sofferenza e alla morte. Conferma l’attore e regista inglese, che si è preparato al ruolo lavorando insieme a diversi paramedici, “gli infermieri arrivano a stabilire con i pazienti rapporti più profondi dei familiari”. Quanto al suicidio assistito si dichiara pienamente favorevole: “E’ un tema complesso, ma è folle imporre alle persone di soffrire e so che in molti ospedali, anche se non è legale, si aiutano i malati terminali a morire”. 

E sul finale del film, da non rivelare ma che sembra davvero poco in sintonia con il tono sottotraccia della vicenda, è Michel Franco a rispondere: “Per me è l’unico finale possibile”.

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22 Maggio 2015

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