Trent’anni fa usciva nelle sale Le ali della libertà, diventato presto un classico del cinema hollywoodiano nonostante alcune difficoltà legate alla concorrenza in sala incredibile di film come Forrest Gump, Pulp Fiction e Il Re Leone. Protagonista del film di Frank Darabont come di quell’epoca storica irripetibile è Tim Robbins, che ha incontrato la stampa a Catanzaro, dove ha ritirato la Colonna d’oro e dove il 2 agosto si esibirà in concerto con la the Rogues Gallery Band in un evento speciale del Magna Graecia Film Festival.
“Ho cavalcato l’ultima ondata di un bellissimo periodo creativo di Hollywood, ho lavorato con geni del cinema come Robert Altman, Brian De Palma e Martin Scorsese. Erano tempi diversi. – commenta l’attore e regista in riferimento a quel periodo storico – Che cosa è successo nel frattempo? Vengono fatti ancora grandi film nel cinema europeo, ci sono grandi artisti, anche se è difficile trovare finanziamenti per film che non abbiano esplosioni, inseguimenti in machina e supereroi. Ho comunque ancora tanta voglia di raccontare, ma devo incontrare un miliardario che mi finanzi. Avendo continuato a lavorare per anni nel cinema, in tv, a teatro e con la musica, mi sento al mio apice artistico”.
“Nella mia carriera ho sempre privilegiato al 90% le scelte basate sulle qualità e al 10% quelle legate al fatto che dovevo pagare l’educazione dei miei figli e una casa dove vivere. – continua Robbins – I migliori film a cui ho lavorato, quelli di cui sono più orgoglioso, sono forse quelli meno conosciuti: penso a lavori come I protagonisti di Altman, La vita segreta delle parole di Isabel Coixet, Codice 46 di Michael Winterbottom e, infine, Catch a Fire di Phillip Noyce. Se mi viene chiesto perché rispondo come mi rispose una volta Altman: guardo ai miei film come guardo ai miei figli, do più amore a quelli più trascurati”.
Ma, al di là della musica, che lo vedrà protagonista a Catanzaro dopo una pausa di diversi anni provocata in parte dalla pandemia, quali sono i suoi progetti futuri? “Sto lavorando a una serie bellissima serie, Silo, per Apple TV+. Abbiamo realizzato due stagioni e, se va tutto bene, presto lavoreremo alla terza. La mia attenzione è stata di recente incentrata su questo musical che ho realizzato, Topsy Turvy, che ho scritto come una tragedia greca ma con degli elementi musicali. La stiamo portando in giro per il mondo”.
Stuzzicato ripetutamente sull’ambito politico, Robbins ha risposto con un chiaro “no comment”: “Ho ormai compiuto sessantacinque anni e una volta a questa età negli Usa si andava in pensione: io per adesso mi sono ritirato, ma solo dalle campagne elettorali”. Ci ha tenuto solo a specificare un fastidioso paragone tra il suo film d’esordio alla regia Bob Roberts, del 1992, e quanto accaduto recentemente a Donald Trump. “Ho visto che le persone hanno cercato di tracciare un parallelo tra quello che è successo negli Stati Uniti e il film in cui Bob Roberts mette in scena un tentativo di omicidio per vincere le elezioni. Mi sono sentito profondamente offeso da questo parallelo, è qualcosa di completamente diverso. Credo che le persone sono perse nell’odio, da entrambe le parti. Non c’è più la capacità di ragionare, la capacità di provare compassione ed empatia. Ci troviamo in una situazione pericolosa, che è stata banalizzata. Anelo a tornare a una condizione in cui pur dissentendo sulle questioni politiche, in ogni caso si possa continuare ad avere una forma di comprensione reciproca e di scambio, perché il risultato finale verso cui stiamo andando non è bello. Non voglio vivere in un mondo come questo”.
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