VENEZIA – 1983, Nord Ovest statunitense, pinete, montagne rocciose, ruscelli, la Natura impera e abbraccia “l’orgoglio della razza”, questa l’essenza di The Order di Justin Kurzel, protagonista Jude Law, alias l’agente FBI Terry Husk, che – malinconico quanto determinato – approda a Coeur d’Alene e lì prende coscienza che sale cinematografiche per adulti fatte saltare in aria, attentati a sinagoghe, e rapine a portavalori, non siano fatti di cronaca partoriti dalla mano di comuni criminali, ma il cuore pulsante di un pericoloso gruppo d’ispirazione neonazista, scisso dalla primigenia appartenenza alla Aryan Nation, ispirato a I diari di Turner, letteratura per bambini che, in 6 passi – dal “reclutamento” alla “rivoluzione armata” – si sta strutturando contro il governo degli Stati Uniti.
Il sapore della vicenda ha una sfumatura marcata d’attualità realistica, non scollegata dall’assalto al Campidoglio di Washington del 2021, infatti il film è ispirato a fatti veri, e adattato dal libro The Silent Brotherhood di Kevin Flynn e Gary Gerhardt. Il film, per Law, anche co-produttore, “è molto pertinente al mondo di oggi, seppur non fosse una storia che prima conoscessi: la famiglia e la comunità possono far sentire sicuri, al di là di dove si vada politicamente e emotivamente. È interessante guardare qualcosa del passato pertinente anche al giorno d’oggi”.
Il “White Power” inneggiato a gran voce, le bandiere con le svastiche, l’orgoglio di mettere “per gioco” armi in mano a bambini nel pieno dell’infanzia, è la scenografia plausibile in cui si muove Bob, Nicholas Hoult, carismatico motore umano del braccio armato, a cui Husk dà la caccia – fianco a fianco con l’agente locale Bowen (Tye Sheridan), lente d’ingrandimento sulle meccaniche che nascono lì, in quei luoghi un po’ idilliaci e un po’ dimenticati da Dio e dagli uomini, che sono il nido oscuro da cui tutto scaturisce, con un senso del potere, e una fame personale dello stesso, che – nella prospettiva di uno sterminio di esseri umani – radica la certezza per cui “l’unica cosa che non può morire è la fama”, come afferma il personaggio di Hoult, confermando con queste parole un patologico bisogno di affermazione dell’ego, al di sopra degli ideali.
Per Hoult “la cosa interessante di Bob è che fa, di persone solitarie, le sue prede: può sembrare un ottimo leader, al di là del male, ma sono le persone che lui perseguita che gli permettono di creare il gruppo”. Il ribollire del neonazismo “è purtroppo una situazione ormai globale” e per preparare il personaggio “ho guardato tante cose oscure, Justin mi ha aiutato molto nella ricerca: non ho visto affatto cose belle, ma faceva parte del lavoro. Il libro è stato molto interessante e Justin ci ha dato dei manifesti per i nostri personaggi, un modo molto interessante di lavorare: per esempio, Jude mi ha seguito… per un intero giorno, come uno stalker, era un’istruzione che aveva ricevuto: hanno però saputo tenerci lontani, finché non è arrivato il momento in cui interagiamo, e questo metodo ha donato energia. Il comportamento di Bob credo sia basato molto sulla paura: se conoscessimo qualcuno come lui, potremmo dire che abbia ‘dato una famiglia’ a qualcuno che cercava una famiglia; molti di noi sarebbero catturati dal suo fascino”.
Tye Sheridan concorda che “uno dei successi del film è l’unita famigliare, perché si esplora come una piccola comunità possa essere manipolata. Ci sono molte sottoculture negli Stati Uniti e ci sono ideologie tramandate tra generazioni, qualcosa che nelle piccole comunità succede parecchio”.
Justin Kurzel racconta che da molto tempo volesse fare un film americano, ma “sta diventando sempre più complesso fare thriller drammatici, però qui potevo appoggiarmi alla classicità di quel genere di film, motivo per cui la location era importante, come il fatto che gli attori se ne sentissero parte”.
Con riferimento a questo, Law commenta delle sequenze in cui è sullo schermo con un cervo e spiega che “l’evoluzione della scena deriva da un’interazione precedente, in cui Husk cerca di fuggire: vuole andare in pensione, stare nella natura. Justin ha visto il potenziale del simbolo della caccia, quindi il ruolo della preda, quindi un fuggitivo in una battuta che sembra non finire mai, in cui arriva quasi a sentire empatia per la preda, e questo parla molto della relazione con la persona che sta seguendo”. Per Kurzel “lì è come se Jude Law si stesse guardando dall’esterno: volevamo traducesse i sentimenti del personaggio. Il paesaggio era importante perché sembra che la Natura ci osservi: il cervo guarda tutti… i personaggi”.
Ancora, il regista spiega: “ho sempre scelto gli attori con cui volevo disperatamente lavorare: Nicholas è un talento straordinario e Jude l’ho sempre ammirato e mi ha emozionato come sia entrato nel personaggio, sempre molto centrato, è un attore che riesce a rappresentare personaggi spezzati, con dei difetti”. Sull’attualità del tema, commenta sia “un film molto particolare perché si basa su un evento degli Anni ’80, ma con molte cose del presente, c’è il germe delle sfide di oggi: è straordinario guardare il passato che si mette in relazione con l’oggi. Penso viviamo in un tempo pieno di divisione, dibattito sul futuro, ideologie e il film tratta un’ideologia molto pericolosa e come possa germogliare. Credo sia un argomento senza tempo e con solo in statunitense”.
La storia di Luigi Celeste e della sua famiglia per il secondo lungometraggio di finzione di Francesco Costabile
Il film racconta dell’ultimo anno della Seconda guerra mondiale in una grande famiglia, e di come essa perda la pace,nel momento stesso in cui il mondo ritrova la propria
Una selezione di film presentati alla Mostra del cinema arriva nelle sale di Roma e del Lazio dal 19 settembre al 1° ottobre. Tra questi The Brutalist e Ainda Estou Aqui
L'attore è tra i protagonisti del film Vermiglio che ha conquistato il Leone D'Argento-Gran Premio della Giuria all'81esima Mostra del cinema di Venezia