VENEZIA – In concorso al Lido The Laundromat di Steven Soderbergh, che porta sullo schermo lo scandalo dei Panama Papers, risalente al 2015, quando un anonimo giustiziere telematico portò alla luce un giro di evasione fiscale mondiale che vide coinvolti politici, capi di governo e personaggi pubblici. Un sistema in piedi addirittura dagli anni ’70, secondo la raccolta di documenti dello studio legale di Panama Mossack Fonseca. L’argomento è serio e la trattazione complessa, ma a farci da guida nella comprensione di difficili analisi finanziarie ci sono dei personaggi costruiti da Soderbergh come ‘ponti’ tra lo spettatore e il film. I primi due sono proprio Mossack e Fonseca, interpretati rispettivamente da Gary Oldman e Antonio Banderas. Rompono la quarta parete, dialogano direttamente col pubblico e irrompono in scena illustrando lo sviluppo della vicenda con siparietti ed esempi efficaci, come quando si mettono a parlare di vacche e banane. Uno stratagemma simile a quello adottato da La grande scommessa di Adam Short (2015) con Christian Bale.
E poi c’è un personaggio interno alla storia e appositamente costruito per essa, Ellen Martin (Meryl Streep), che scopre la maxi frode quando, dopo aver perso il marito in un incidente, si ritrova a fare ricerche su una polizza assicurativa falsa. Il film si basa su ‘Secrecy World‘, il libro scritto dal premio Pulitzer Jake Bernstein. Sarà distribuito su Netflix il 18 ottobre.
Fanno parte del cast anche Robert Patrick, Sharon Stone, David Schwimmer e Jeffrey Wright. “Intrattenere il pubblico parlando di qualcosa di così serio – dice Meryl Streep – è una cosa che poteva riuscire solo a Soderbergh o a Bertolt Brecht. E’ un vero cinefilo, mentre io mi ricordo a malapena la trama dei miei film. Qui si parla di motivazione, di gente che non si ferma alla ricerca della verità, e il lutto può essere un grande motivatore. In effetti, dipendiamo tutti da persone come queste. Di questo scherzo oscuro siamo stati tutti vittime, compresi alcuni vostri colleghi giornalisti. Una giornalista maltese è morta indagando sulla verità. E’ un film che diverte e fa ridere ma parla di qualcosa di veramente molto importante”. “Qualsiasi regista della mia generazione – dichiara Soderbergh – è influenzato dal decennio che va dal ’66 al ’79, è stato un momento di grande ispirazione, audacia e libertà, c’era una sincronicità tra gli artisti e il pubblico e abbiamo avuto grandissimi film e grandissimi registi. Per me è meraviglioso stare sulle spalle dei grandi che hanno fatto questo lavoro prima di me. Quando ci siamo resi conto che il film avrebbe avuto un approccio ‘antologico’ è venuto subito spontaneo inserire i cartelli e le scene di apertura e chiusura, con Oldman e Banderas che si rivolgono al pubblico”.
“Ho imparato la sceneggiatura a memoria – dice Oldman – ma poi sul set abbiamo cambiato in continuazione, e così via fino al montaggio. Di solito si arriva sul set alle 7.30 di mattina, ci si prepara, si fa un blocco e poi devi aspettare anche tre o quattro ore che aggiustino le luci. Un attore rischia di perdere energia. Ma con Soderbergh non succede, ha impostato un ritmo di lavorazione speciale e sono sempre stato occupato e in ottima compagnia. Poi non si fatica molto quando hai battute su mucche e banane. Funziona tutto alla perfezione. Non interpreto il vero Mossack ma una sua versione, avevo tutti gli elementi pronti per fare bene”.
“Il progresso tecnologico – conclude Soderbergh – mi permette di lavorare in maniera veloce. Mi piace quand’è così, perché significa che ho fatto bene i compiti a casa. Amo la spontaneità. Magari avessi avuto questa tecnologia a disposizione da giovane. Sarei riuscito a fare molto di più”.
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Venezia 76 si è distinta anche per una ricca attività sul web sui social network. Sulla pagina Facebook ufficiale sono stati pubblicati 175 post che hanno ottenuto complessivamente 4.528.849 visualizzazioni (2018: 1.407.902). Le interazioni totali sono state 208.929 (2018: 64.536). I fan totali della pagina, al 6 settembre 2019, sono 360.950, +4.738 dal 24 agosto 2019
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