The Hoax, Richard Gere fa l’imbroglione


Howard Hughes continua ad affascinare il cinema. Anzi l’America. L’eccentrico miliardario ha ispirato anche The Hoax, il film con Richard Gere che stasera la Festa lancia in anteprima mondiale. In Italia uscirà la prossima settimana con Eagle Pictures, negli Usa addirittura in aprile, perché il protagonista era troppo impegnato (due set, uno a Sarajevo) per accompagnarlo nella campagna di lancio. Così per una volta Lasse Hallström salta il turno dell’Oscar, dove ha portato quasi tutti i suoi film, da Le regole della casa del sidro a Chocolat. Ma la cosa si capisce meglio vedendo The Hoax, che è una commedia politica sul tema dell’inganno piuttosto robusta e scevra da certi vezzi un po’ melensi di questo svedese ormai naturalizzato americano.

 

Si parte da un personaggio reale, lo scrittore Clifford Irving (appariva anche in F for fake di Welles): invece di sfornare best seller, come vorrebbe, si trova con le rate da pagare e il divano pignorato. Finché, in una serata un po’ alcolica con l’amico Alfred Molina, non scopre l’uovo di Colombo. Perché non fingersi biografo ufficiale dell’uomo più famoso e irraggiungibile d’America, il miliardario, aviatore, produttore, noto eccentrico e pazzoide Howard Hughes? Il colosso dell’editoria McGraw-Hill abbocca e Irving, che conta sull’allergia ai media di Hughes, ma anche sui suoi numerosi panni sporchi in circolazione, si mette tasca un assegno da un milione di dollari e parte con la fantasia.

Hughes è uno dei personaggi più raccontati in assoluto, da The Aviator di Scorsese alle varie biografie sui tanti aspetti controversi della sua vita. “E’ una creatura mitica, che vive nella nostra immaginazione – spiega Gere, 57 anni da eterno sex symbol – proprio perché non si faceva mai vedere né sentire”. E poi la sua storia s’intreccia a cento altre, compreso il Watergate e i retroscena della presidenza Nixon. Così il paradosso del film è mostrare come Clifford Irving, con il suo castello di bugie, arrivasse molto vicino alla verità. “In fondo non fece del male a nessuno: mise a repentaglio la Casa Bianca, che se lo meritava, e fece vacillare l’ego di qualche grosso papavero dell’editoria, ma anche loro se l’erano cercata”, dice l’attore. Per lui, buddista e militante della causa tibetana, la menzogna è una malattia comune a tutti gli esseri umani che possiamo debellare solo in noi stessi, mai nell’altro, attraverso una costante osservazione della nostra mente. “Ogni giorno prego di avere il coraggio di guardare dentro di me, ma non è facile, perché siamo pieni di robaccia”. E quando gli chiedono se sia difficile interpretare un personaggio realmente esistito, butta là un involontario paragone: “Fare Hitler è impossibile perché tutti lo conoscono troppo bene. Berlusconi sarebbe difficilissimo, verrebbe fuori una caricatura. Ops, scusate, l’accostamento tra Hitler e Berlusconi non è assolutamente voluto”.

Ma è evidente che la politica è al centro dei suoi interessi. Ha da poco finito di girare un film sui criminali di guerra in Bosnia. Massacratori che continuano ad andare in giro impuniti. “Mladic è colpevole del massacro di Srebrenica e dei bombardamenti di Sarajevo, una persona terribile che ogni giorno visita la tomba di sua figlia senza che nessuno lo arresti. Karadzic scrive poesie e appare spesso in pubblico. Dicono che viva in un monastero in Montenegro sotto la protezione di preti serbi… Forse c’è sotto un accordo: la loro immunità in cambio di una rapida conclusione della guerra”. Infine una battuta sulla giuria popolare della Festa di Roma: “Il cinema è una cosa di massa, quindi mi sembra giustissimo che il pubblico possa esprimere la propria opinione”.

autore
15 Ottobre 2006

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