Le finestre del palazzo dell’Auditorium della Conciliazione a Roma come grandi occhi che guardano la via che conduce a Piazza San Pietro, ciascuna scenografata con una gigantografia del ritratto dei protagonisti che “guardano” il pubblico lì sotto assembrato: l’edificio è vestito di nero, così il fumogeno rosso che all’improvviso diffonde fumo “sanguigno” davanti alla folla in attesa dell’evento colora con suggestione l’esterno, strizzando l’occhio a ulteriori dettagli che poi lo spettatore dell’anteprima scopre appena oltre il foyer – anch’esso allestito a tema, nell’atmosfera di una notturna Bangkok, tra fascino della notte e dell’Oriente, cromie super pop conferite a pistole appese alle pareti, lanterne dalla luce soffusa e una curiosa Ape car, lì in mezzo a decine di palloncini colorati a terra. È un festa, ma non (solo) quella che accoglie il pubblico della première italiana di The Gray Man (martedì 12 luglio): è soprattutto un gioco d’immersione lì dove – appena dopo i tendaggi scuri che permettono di accedere alla sala – finisce la vita di noi comuni mortali e comincia quella del film Netflix diretto dai fratelli Russo, protagonisti Ryan Gosling e Chris Evans.
Dal libro omonimo di Mark Greane (2009), è la storia di Court Gentry (Ryan Gosling), “nome d’arte” Sierra Six, entrato nella CIA dopo essere stato prelevato da un penitenziario federale, e il cui nome, “Six” appunto, racconta che sia il sesto – e ultimo – di un gruppo di persone così reclutate per essere destinate a compiti da mercenari: in particolare, lui era stato voluto da Donald Fitzroy (Billy Bob Thornton) – ex vertice dell’agenzia, adesso di dimora a Baku, cui ora è succeduto Denny Carlmichael (Regé-Jean Page); il “vecchio” Fitzroy è anche, forse soprattutto, “padre” di Claire (Julia Butters), orfana del fratello di lui e della cognata, nonché bambina con un problema cardiaco, profilo biografico cucito addosso alla trama per conferire anche un tratto profondamente umano della vicenda e per creare una necessaria connessione intima con Six, non un assassino nato, ma in fondo un essere umano votato alla causa della protezione altrui.
Sierra Six, nel film, ha un profilo altamente qualificato ed è un globetrotter, così almeno gli impone la trama, che prende il via in California e “fa il giro del mondo”, passando quasi in una decina di località, dalla Thailandia a Praga, dall’Azerbaigian a Londra: un viaggio non solo geografico – nella realtà: Château de Chantilly, Long Beach, la Repubblica Ceca -, ma anche temporale, che spazia dal 2003 a “18 anni dopo”, con un ritorno indietro di un paio di anni e poi un’accelerata di nuovo verso il presente; un andamento fisico e temporale che naturalmente concorre a sommare e stimolare dinamismo e adrenalina in un film architettato con il predominio di molta azione, ma con un “format visivo” che si ripete, ovvero la scelta ricorrente di alternare 5/6 stacchi ad azione lenta, cui poi segue una carrellata ipercinetica: i fratelli Russo scelgono, dunque, uno schema di montaggio specifico, certamente spettacolare, seppur, una volta colta l’architettura visiva, non più così stupefacente, perché prevedibile. Nella suggestione dello sguardo rientra a pieno titolo anche la recitazione fisica, in particolare quella delle scene di combattimento, d’inseguimento, di fuga, dove la capacità performativa dei corpi è imprescindibile, e qui sembra molto evocare le dinamiche proprie del Krav Maga, quel sistema di combattimento pragmatico di origine israeliana, basato sulla filosofia dell’essenziale e dell’aggressività, affinché poche mosse senza regole siano efficaci ad annientare l’avversario.
La vicenda di Six, di Fitzroy, di Claire – e anche di Dani Miranda (Ana de Armas), collega di Gentry – s’innesca davvero quando entra in scena l’ex agente CIA Lloyd Hansen (Chris Evans) – è stato nell’agenzia solo cinque mesi e mezzo, a testimonianza, questa frase esplicita del film, di una personale instabilità del soggetto: gli mette una taglia sulla testa, parte una caccia all’uomo, il cui bersaglio è il personaggio di Gosling, che fugge per le vie del mondo inseguito da molteplici assassini senza scrupoli, tra cui Avik San, l’attore indiano Dhanush, l’unico che riesce a impossessarsi davvero di quel criptico… ciondolo d’oro che Six possiede, tutt’altro che un gioiello d’imbellettamento, evidentemente…
Il film sembra seguire una sorta di filone che Netflix pare aver intrapreso (es. con 6 Underground, 2019), quello dell’”agente parallelo” che fa il vendicatore per rincorrere qualcosa di personale, in una trama che sceglie di inserire anche un protagonista palesemente mutuato da Marvel (come qui Chris Evans, già Capitan American).
The Gray Man esce al cinema, in una serie di sale selezionate, dal 13 luglio: mentre dal 22 è disponibile su Netflix.
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