Un guest director come Gabriele Salvatores – “molto affine allo spirito del festival” – ha scelto personalmente i suoi “Cinque pezzi facili”, cinque film “grazie ai quali non sono diventato avvocato”, cinque film, come dice il direttore Emanuela Martini, pienamente in linea con la storia di questa rassegna, già Cinema Giovani: Jules et Jim, Blow-up, If…, Alice’s Restaurant, Fragole e sangue. Cinque miti generazionali su cui molti di noi potrebbero dirsi d’accordo. Ma un altro (ex) direttore, Nanni Moretti, sarà a Torino per il restauro del suo Palombella rossa del 1989.
Sono due buoni motivi per andare a Torino, dal 18 al 26 novembre per la 34ma edizione del Festival. Il piatto è ricco e variegato con tanti eventi collaterali, tra cui il charity per il Premio Cabiria (ancora da annunciare il vincitore) e il gala per la prima edizione del Premio Langhe-Roero e Monferrato, che consiste in 100 bottiglie di ottimo vino che andranno al regista Paolo Sorrentino. E nelle Langhe, ad Alba, si svolgerà l’incontro con Salvatores su “Il cinema e la poetica del territorio” domenica 20 novembre. Il Gran Premio Torino va quest’anno a Christopher Doyle, direttore della fotografia dalla vita avventurosa, nato nel 1952 a Sydney, scappato a 18 anni su una nave mercantile norvegese, rinato come Du Ke Feng (significa Come il Vento) con un’identità cinese. Poliglotta e collaboratore di tanti grandi registi, in primis Wong Kar-wai.
Tante le presenze e gli ospiti ad accompagnare i 158 tra lungometraggi, medio e cortometraggi, tra cui 43 anteprime mondiali. Tra i tanti anche Costa-Gavras che riceverà dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema AMNC) il Premio Maria Adriana Prolo alla carriera: la cerimonia si terrà sabato 26 novembre e la laudatio sarà affidata a Riccardo Scamarcio che con Costa-Gavras ha girato Verso l’Eden nel 2009.
In concorso – presiede la giuria un altro dop, l’americano Ed Lachman – ci sono 15 film, con una forte presenza dell’America Latina e un solo italiano, l’opera prima I figli della notte di Andrea De Sica, nipote del grande Vittorio, che viene definito un esordio insolito che spazia tra le fiabe dei Grimm e il cinema di Bellocchio e Lynch. Incuriosiscono, tra gli altri, Lady Macbeth di William Oldroyd (UK) e Porto di Gabe Klinger (Usa, Francia, Portogallo, Polonia) prodotto da Jim Jarmusch e con voce off della scomparsa Chantal Akerman. Mentre Alba Rohrwacher è tra gli interpreti del belga La Mécanique de l’ombre di Thomas Kruithof.
Davvero impressionante il programma di Festa mobile, la sezione contenitore che propone il meglio dei festival stranieri ma anche le scoperte del TFF. Si apre con Between Us, la commedia drammatica americana su una coppia il cui rapporto va in crisi subito dopo le nozze, diretta da Rafael Palacio Illingworth, con echi alla Cassavetes, e interpretata da Olivia Thirlby e Ben Feldman. E si chiude con Free Fire, adrenalinico scontro a colpi di arma da fuoco e di battute tra dodici uomini e una donna, in una fabbrica dismessa a Boston negli anni ‘70, diretto da Ben Wheatley e interpretato da Cillian Murphy e Brie Larson. Tra i titoli più attesi, almeno sulla carta: Sully, la storia dell’ammaraggio sull’Hudson nel 2009 dell’aereo pilotato da Chelsey “Sully” Sullenberg, diretto da Clint Eastwood e interpretato da Tom Hanks e Aaron Eckhart; Roberto Bolle: l’arte della danza, il documentario diretto da Francesca Pedroni che segue il tour estivo della Bolle&Friends tra Pompei, le Terme di Caracalla e l’Arena di Verona; Free State of Jones di Gary Ross, con Matthew McConaughey, storia del disertore dell’esercito confederato che alla fine della Guerra di Secessione creò uno stato autonomo antisegregazionista; Bleed for This, ritorno alla regia di Ben Younger con il biopic sul pugile Vinny Pazienza, con Miles Teller e Aaron Eckhart; Kate Plays Christine di Robert Greene, docu-fiction in cui Kate Lyn Sheil si prepara per interpretare il ruolo di Christine Chubbuck, la giornalista il cui suicidio in diretta tv nel 1974 ispirò Quinto potere di Lumet (viene raccontata anche in un film del concorso, Christine di Antonio Campos); La loi de la jungle, scatenata commedia demenziale di Antonin Peretjatko, con Vincent Macaigne, Vimala Pons e Mathieu Amalric, grande successo in Francia; Romeo and Juliet, ripresa del recente allestimento londinese di Kenneth Branagh, con Lily James e John Madden ambientato negli anni ‘50; Le fils de Jean, viaggio attraverso due continenti e alcuni segreti familiari firmato da Philippe Lioret; Fixeur, serrato dramma morale del romeno Adrian Sitaru, su un tirocinante dell’agenzia France-Presse di Bucarest che scova un caso scottante sul quale fare carriera; il paradossale resoconto della vita da “separati in casa” della coppia composta da Bérénice Bejo e Cédric Khan in Dopo l’amore di Joachim Lafosse; la fluviale epopea Lav Diaz in A Lullaby for a Sorrowful Mystery, applaudito alla Berlinale; il nuovo Terence Davies sulle vita di Emily Dickinson, A Quiet Passion.
Si chiama Festa Vintage la sottosezione dedicata agli omaggi. Tra questi David Bowie (protagonista anche della locandina del festival) con Furyo di Nagisa Oshima e Michael Cimino, con la versione restaurata di The Deer Hunter. A 100 anni dalla prima uscita negli Stati Uniti torna la versione restaurata dal MoMA di Intolerance di D. W. Griffith; a 10 anni dalla morte di Gillo Pontecorvo, Giovanna (episodio italiano del progetto internazionale sulle donne La Rosa dei Venti); a 50 da quella di Raffaello Matarazzo, la copia restaurata di Giuseppe Verdi, La nave delle donne maledette e alcuni frammenti dell’autore che saranno presentati nel corso della tavola rotonda sul suo cinema.
Non mancano gli After Hours con una Notte Horror e una Notte Punk. Da tenere d’occhio, naturalmente, le due competizioni riservate ai documentari, Internazionale.doc e Italiana.doc, curate da Davide Oberto. Undici i titoli di Internazionale, tra cui 6 opere prime. Da segnalare fuori concorso l’esordio alla regia di Jonathan Littell, lo scrittore de “Le benevole”, regista di Wrong Elements; il ritorno al festival di uno dei registi fondamentali del cinema contemporaneo Wang Bing con Ta’ang, e il film-caso-letterario dell’anno: Author: The JT Leroy Story di Jeff Feierzeig, ossia la falsavera storia dell’autore di “Ingannevole è il cuore”. Infine Onde, curata da Massimo Causo, con opere di Carlo Michele Schirinzi, Eugène Green, Eran Kolirin, Bertrand Bonello e una personale di Harun Farocki, filmaker berlinese scomparso nel 2014. Giunge alla seconda parte la retrospettiva “Cose che verranno. La Terra vista dal cinema”, anche detta Pecore elettriche.
Budget praticamente invariato sui due milioni e 300mila euro. Rapporti con la nuova giunta torinese? “Who knows? – rispodnde Emanuela Martini – noi facciamo il nostro lavoro, loro fanno il loro”.
Tremila spettatori in più per questa edizione, che si aggiungono ai 75mila della precedente edizione e indicano che il Torino Film Festival è una realtà consolidata per tutti gli amanti del cinema
Il premio al miglior film del concorso va all'opera prima cinese The Donor di Qiwu Zang, miglior attrice a Rebecca Hall per Christine di Antonio Campos, miglior attore a Nicolas Duran per Jesus di Fernando Guzzoni. Miglior film per Italiana.doc è Saro di Enrico Maria Artale, Premio Speciale della giuria a Moo Yadi Filippo Ticozzi
"Si chiude un'edizione del Tff di grande qualità e successo di pubblico, con un aumento di copertura dei media anche internazionali che testimonia come il festival, ancora oggi particolare e coerente con le sue origini, sia amato e seguito da chi si occupa di cinema nel mondo". Lo ha detto il direttore del Museo del Cinema di Torino, Alberto Barbera
Il regista di Z L'orgia del potere e di Missing ha ricevuto a Torino il Premio Maria Adriana Prolo alla carriera salutato da un videomessaggio di Riccardo Scamarcio. In questa intervista parla di cinema e di impegno civile, di Fidel Castro e di Donald Trump, dell'Europa e dei rischi che corre ancora oggi la democrazia. E denuncia: "Netflix quando produce pretende il final cut e fa quello che vuole del film"