Terry Gilliam: il genio è all’Opera


Si fa sempre in tempo ad esordire. Chiedetelo a Terry Gilliam, l’indiscusso maestro del cinema fantastico, ex Monty Python e autore di capolavori come Brazil o Le avventure del barone di Munchausen che, non pago dei suoi successi cinematografici, a cui si accostano però anche importanti fallimenti, come il produttivamente catastrofico Don Chisciotte, che non è mai riuscito a realizzare, si dà ora alla regia lirica.

 

L’opera in questione, presentata a Roma alla stampa e agli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia in un incontro informale, è la ‘Damnation de Faust’ di Hector Berlioz, frutto di una coproduzione tra il Teatro Massimo di Palermo, la English National Opera di Londra e la Vlamsee Opera di Anversa e Gent, che va in scena sul palcoscenico del capoluogo siciliano dal 22 al 29 gennaio prossimi.

 

La pièce, raramente trasposta in teatro per via della sua complessità musicale, è già stata portata con successo a Londra. ”Al primo ascolto sono impazzito – dice Gilliam – il racconto di Faust è continuamente interrotto da momenti musicali. Allora ho pensato che fosse fondamentale metter su una storia parallela per accompagnare lo spettatore. Sono un grande ammiratore di Goethe e della cultura tedesca, così ho cercato di creare un percorso visivo di 50 anni di storia germanica, dal tardo romanticismo al nazismo, sulla partitura di Berlioz. Il mio Mefistofele non è cattivo, è solo uno che, per lavoro, gioca con i destini umani, come fosse un burattinaio. Così l’ho usato. Da ‘la dannazione di Faust’ l’ho trasformato ne ‘le cattiverie di Mefistofele'”.

Divertito, Gilliam risponde volentieri alle molte domande che gli studenti gli pongono. “Le idee me le mettono gli elfi nelle scarpe”, racconta, “ma i miei progetti incontrano spesso problemi a livello di produzione, perché a Hollywood gli studios fanno volentieri solo film che costano più di cento milioni di dollari, o meno di dieci, e io sono nel mezzo. Poi, quando porto nuove idee tutti i produttori mi dicono: ‘Mio dio, Terry, abbiamo adorato tutti i tuoi precedenti film, ma questo progetto è così…strano!’. E io rispondo: ‘Beh, me lo hanno detto anche per tutti i film che dite di aver adorato!’. Ecco perché mi sono dato all’opera. Per i film non trovavo i soldi. Veramente me lo avevano già proposto in passato, ma ho rifiutato, perché la cosa mi intimoriva. Ora però mi sono appassionato e potrebbe nascere un nuovo mestiere. Comunque, prima voglio fare un altro film”.

Di quale si tratti, però, non vuole parlare, forse per scaramanzia. “Dico solo che il mio film che amo di più è quello che devo ancora realizzare”. Che si tratti del suo famoso Don Chischiotte, del cui totale naufragio parla il bellissimo documentario Lost in La Mancha? Più probabile, nell’immediato futuro, l’adattamento di Mr.Vertigo tratto dal romanzo di Paul Auster. “Fosse per me, con Don Chisciotte ci riproverei subito, ma ogni volta che sembro andarci vicino l’occasione mi sfugge”, dice. “Faccio molti errori – aggiunge -ma i miei sono comunque più interessanti di quelli degli studios. Una volta Burt Reynolds mi raccontò di come accettò di tagliare il suo primo film da regista. Fu un flop e la sua carriera ne uscì rovinata. Io invece per la distribuzione di Brazil ho lottato all’ultimo sangue, rischiando di impazzire, ma sapevo che ne sarebbe uscito vivo solo uno, io o gli studios”.

C’è spazio anche per qualche considerazione sugli Oscar (“tifo per The Artist“, dice), per il ricordo di amici e collaboratori (“Robin Williams è un grande improvvisatore, Heath Ledger aveva qualcosa di incredibile. Dovevi conoscerlo per crederci”), e per un pensiero sull’Italia, con cui Gilliam ha un rapporto costante concretizzatosi, oltre che con Munchausen, realizzato a Cinecittà , anche con la regia del corto napoletano The Wholly Family dello scorso anno: “Con il vostro paese non siamo sposati ma ci frequentiamo da anni. E’ seduttivo e pericoloso, un autentico ‘casino’, ma quando ti fa arrabbiare basta che ti giri e c’è subito qualcosa che ti fa di nuovo innamorare”. Il regista ha anche accennato al cambio di governo: “Serviva Monti, un burocrate, per liberarsi di Berlusconi, ha superato tutte le problematiche della destra e della sinistra, stiamo a vedere come andrà”.

autore
17 Gennaio 2012

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